di Armando Polito
A causa del proliferare degli acronimi, che fra poco genererà una nuova Babele1, e per fare in modo che nel titolo il lettore non colga solo la parodia di un messaggio pubblicitario che ha imperversato per parecchio tempo, dico subito che PC e CUD non sono le sigle di due nuove formazioni politiche ma che il primo sta per Personal Computer e il secondo per Certificato Unico Dipendente.
Dopo questa prima scrematura ne urge una seconda, perché quella parte non indifferente della nostra popolazione costituita da pensionati, e in questa la fascia d’età più alta in modo particolare, anche se traducesse ad orecchio Personal Computer in Computer personale non vedrebbe le nebbie diradarsi, poiché in vita sua il solo calcolatore usato è stato quello della scuola elementare: il pallottoliere.
Troppo complicato spiegargli che, in fondo, deve ritenersi fortunato perché in quel primitivo calcolatore le uniche palle a scorrere nella loro guida o a ruotare su di essa erano, appunto, quelle del pallottoliere, mentre oggi con i nostri avveniristici pc sono le nostre a girare …
Peccato, però, che il pensionato non abbia visto la sua fortuna durare nel tempo e che egli abbia avuto l’unica colpa di campare troppo, tanto da non trovare, per lo più, lo stimolo per fare il gran (?) salto di qualità (?) da homo mechanicus ad homo technologicus, anche se, ad essere onesti, parecchi non pensionati da vil metallo ma pensionandi d’oro sono stati immortalati più volte in Parlamento mentre impegnavano tutte le loro energie cerebrali in un giochino elettronico (credo, però, che sapessero usare personalmente il pc solo per quello …).
Così il pensionato, quello normale, deve pagare il fio di una nuova forma di ignoranza della quale ha colpa solo minimamente ma alla quale impietosamente nessuno concede deroghe.
Mi spiego meglio: da quest’anno il CUD non sarà recapitato a domicilio tramite il servizio postale ma potrà essere ottenuto solo per via telematica, diretta (uno se lo scarica da solo) o indiretta (va in una sede INPS o in un’agenzia convenzionata, glielo scaricano, glielo stampano e glielo consegnano). Ci sono, però, altre due vie: un numero verde che ormai sarebbe più corretto chiamare rosso, non perché la voce dell’interlocutore o dell’interlocutrice nella sua metallica sintetizzazione evochi particolari appetiti ma perché, ammesso che lo si trovi libero, bisognerà superare una serie di ostacoli per arrivare all’agognata meta del recapito a domicilio del famigerato documento; l’altra via, credo la più geniale, è quella di recarsi all’ufficio postale, fare la fila ed ottenere il documento alla modica cifra di euro 3,27 (si sa, un impiegato dirottato a digitare pochi tasti per impostare la richiesta costa maledettamente; e poi, vuoi trascurare il costo delle cartucce o del toner?).
A chi è affetto dall’ignoranza di cui ho parlato nel periodo precedente la prima opzione è totalmente preclusa, anche perché ha sentito dire, fra l’altro, che gli basterà utilizzare il PIN, che per il poveretto non equivale a Personal Identification Number ma tutt’al più al nomignolo del nipotino Pino; e lui, abituato a rispettare la legge, non se la sente di incorrere nel reato di sfruttamento di minore. Per la seconda bisogna sobbarcarsi comunque ad uno spostamento personale o del delegato, cioè sprecando il proprio tempo (senza considerare le difficoltà di vario genere ed i rischi connessi con l’età) o costringendo gli altri a sprecare il proprio; sul numero verde ho già detto; rimane l’ufficio postale, via già definita geniale perché a suo tempo con l’alibi dell’eliminazione del contante di fatto si favorirono le banche obbligando l’utente all’apertura di un conto corrente; ora, grazie alla solita convenzione, il bilancio di Poste italiane avrà una boccata d’ossigeno sulla purezza del quale non guasterebbe, visti i tempi che corrono, l’interesse della Magistratura.
Anche chi ha una certa dimestichezza col pc dovrà perdere tempo perché la procedura da seguire è, similmente a quanto succede per quella relativa alla dichiarazione dei redditi, abbastanza farraginosa e più di un link non sempre è funzionante ed alcuni aggiornamenti di dettaglio (tra cui, per esempio, la validità del PIN ridotta da sei a tre mesi) sembrano ideati da una mente. che non so se definire più stupida che perversa, non per garantire la sicurezza e la benedetta privacy (che poi viene violentata in tanti altri modi …) ma per vessare il cittadino complicandogli inutilmente la vita.
Questo quadretto idillico è solo uno dei tanti dipinti da quei sublimi artisti che hanno partorito la recente manovra pomposamente (l’inglese aiuta questa pompa …) chiamata spending rewiew, galleria in cui esso ha il suo bravo posto (evito al lettore noiose citazioni di articoli e commi). Scommetto che parecchi di quei creativi non sanno nemmeno qual è il tasto di accensione di un pc! Una ragione in più perché sentissero il dovere di immaginare quale disagio il loro provvedimento avrebbe provocato. Che ingenuo che sono, però, ad immaginare siffatta sensibilità verso i più deboli in chi ha la presunzione di sentirsi degno di esercitare il massimo potere a tutela dei più forti!
Io non sono un pittore, tanto meno un poeta, neppure un indovino; però, ci sono serie probabilità che i fatti siano andati così e che il provvedimento sia stato adottato al ritmo di questa canzoncina:
Vuoi vedere, che, per quanto riguarda l’IMU, vista la frequenza con cui ricorre nella canzoncina, i principali responsabili siamo proprio noi neretini?
A chi dovesse obiettare che questo post ha poco a che fare con la salentinità o, peggio, è d’ispirazione politica, ribatto fin da ora che certi fenomeni, purtroppo, non hanno una territorialità esclusiva, anche se qualcuno con la faccia da Bassotto (Walt Disney aveva previsto tutto …) lo va farneticando , negando perfino la spazzatura (e sto usando un eufemismo …) trovata in casa sua; quanto all’ispirazione politica, mi faccia sapere di che colore, secondo lui, essa sarebbe e io gli risponderò a stretto giro di post, e non solo con giochi di parola …
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1 Vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2010/09/06/una-nuova-babele/