di Armando Polito
Oggi sottopongo alla gentile attenzione del lettore la poesia Sscèrcule1 del nevianese Salvatore Imperiale (1910-1995) perché essa rappresenta un esempio concretissimo e a tutti comprensibile, che mal si presta a complicazioni e compiacimenti interpretativi, di come, grazie all’artista, il passato riesca a trasmettere un corredo di sentimenti cui ancora oggi nessuno può, fortunatamente, sottrarsi, pena il suo totale abbrutimento, nonostante tutto …
Oggetti un tempo di uso comunissimo ammassati nell’ideale soffitta della memoria sono il pretesto per ripercorrere le tappe di una vita. La loro elencazione mai descrittiva, tantomeno fredda e distaccata, è ravvivata da un’intessitura sapiente di “presenze” umane, animali e vegetali (lu nanni ca ne cuntàa li cunti te le fate; na caggiola ca nc’era lu cardillu e la nnucenza prima sse nde ula; nu ursulu …li risi te l’amici; nu scannu cu ttre ppieti … cu ccunti te le zzirte cu ll’amici; nnu limbone … ca la mamma lu cofanu facia ) talora trasfigurate nel surreale (nu ruvagnu … cu ttaccu l’uciarneɖɖete lu state/cu ttaccu li bballuni te sapone/cu ttaccu le caruse nnamurate) o pudicamente nella similitudine quasi mimetizzate (fiuri te paparine rrussacchiate comu mili te facce te la zzita) o, al contrario, orgogliosamente dichiarate (nu cucumieɖɖu jancu ‘cciccu ‘cciccu/su lla chianetta, a ɖɖai ca ceɖɖi rria/a ll’àngulu cchiù scusu te lu core/chinu t’amore te la beɖɖa mia).
Così, perfino lo specchio rotto che chiude la serie si spoglia completamente della sua valenza negativa tanto viva nella coscienza popolare per assumere quella tutta positiva di riflesso dei ricordi che il tempo ha frantumato ma non cancellato.
Metro: tredici quartine di endecasillabi in ognuna delle quali sono in rima solo il secondo e terzo verso. Il verso finale è la ripetizione di quello iniziale e, sempre nella quartina finale, sono in rima i versi 1/3 e 2/4 e le rime di questi ultimi coincidono con quelle dei versi 2/4 della quartina iniziale, come se a questa regolarizzazione del verso attraverso una ciclicità perfezionata corrispondesse la raggiunta pacatezza del sentimento.
Qualsiasi ulteriore commento sarebbe un atto di violenza di cui non voglio rendermi colpevole. Il lettore, tuttavia, mi perdonerà le consuete note filologiche alle quali non ho saputo resistere, anche perché una poesia dialettale difficilmente presenta un repertorio lessicale così nutrito, quasi un dizionarietto di oggetti del tempo che fu, il cui valore sostanzialmente pratico non consente nemmeno per un attimo di evocare le buone cose di pessimo gusto di un modello letterario sulla carta, solo su quella forse, più alto.
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1 Da Scurendo: poesie 1990-1993, Edizioni del Grifo, Lecce, 1994. Per il Rohlfs la voce è frutto di “incrocio tra scèrpule (cfr. il lombardo schirpa o scherpa=masserizie e biancherie del corredo, da un germanico *skerpa=corredo) e scerculàre= frugare (dal latino circulàre)”. Scèrcule è una parola particolarmente cara all’autore perché era sta usata come titolo per una sua precedente raccolta pubblicata da Congedo a Galatina nel 1983.
2 Per l’etimo: https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/02/28/la-suppenna-e-la-mbracchiata-antenate-del-porticato-e-del-gazebo/
3 La voce, assente nel Rohlfs, è formata da s– estrattiva (dal latino ex=fuori, lontano da)+pìschiulu, registrato questa volta nella forma fìschiulu per Seclì col significato di corda di giunco e in altre zone del Salento con quello di gabbia per spremere l’uva o le olive. Ricordo che la variante di Nardò, che ha solo quest’ultimo significato, è fìsculu. Per il resto sull’argomento vedi al link https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/09/21/ncera-nna-fiata-la-fesca-osce-e-rrimastu-sulu-lu-fiscu-ma-pi-lli-fiscaliri-cera-una-volta-la-fiscella-oggi-e-rimasto-solo-il-fisco-ma-per-gli-stupidi/
4 Per l’etimo vedi https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/02/25/la-fietta-la-nserta-e-la-prendula/
5 Corrisponde all’italiano estratto. La strattalòra era lo strumento utilizzato per ottenerlo prima dell’avvento delle macchinette passapomodori all’inizio a funzionamento manuale, poi elettrico. Nella strattarola restavano le bucce e i semi del pomodoro, mentre la salsa veniva raccolta in un recipiente collocato sotto.
7 Il Rohlfs nel secondo volume non propone etimologia, anche se nel terzo al lemma scuɖɖo ricorda “in dialetti neogreci (Grecia, Corfù, Epiro) σκοῦλος codolo della scure”.
10 A Nardò sbittirràre; vedi: https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/04/26/piettu-ovvero-dal-sesso-alledilizia/
11 https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/01/16/lu-mieru-il-vino-12/
12 https://www.fondazioneterradotranto.it/2010/06/14/la-frisella-mistero-risolto/
https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/10/16/ma-chi-ha-inventato-la-frisella/
https://www.fondazioneterradotranto.it/2010/06/13/la-frisella-regina-delle-tavole-salentine/
13 Dal greco ὸργάνιον=piccolo strumento, diminutivo di ὄργανον.
14 Alla lettera piccole lucerne. Da notare che il significato letterale sarebbe rimasto se non fossero seguite le due immagini di sapore un po’ infantil-surreale.
15 Le mele, metafora di guance.
https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/12/29/la-paparina-il-papavero/
https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/12/30/la-paparina-il-papavero-iii-parte/
17 Nella traduzione dell’edizione di riferimento scursi viene reso con pezzo di tronco. Probabilmente lo si è fatto corrispondere all’italiano scorza con slittamento semantico per sineddoche (la parte per il tutto). La voce non è registrata dal Rohlfs. Sarei grato a qualche lettore di Neviano se mi desse qualche ragguaglio sull’uso passato o corrente, con questo significato, della voce in questione.
18 Corrispondente in parte all’italiano pianetto.
19 Dalla locuzione latina qui velles (chiunque tu voglia).
20 I recipienti di creta rotti venivano riparati dallo cconzalìmbure suturando i pezzi con fil di ferro fatto passare attraverso buchi appositamente praticati con un trapano a corda.
22 Alla lettera pezzi. Per stozzu (stuèzzu a Nardò) il Rohlfs non propone nessuna etimologia. Per me la voce potrebbe essere da s– intensiva+tozzo (che, fra l’altro, è di incerta etimologia ma che secondo me potrebbe essere imparentato con tocco, forma sostantivata di tocco (forma di participio passato da toccare nel senso di fare a pezzi).
23 Il Rholfs non propone alcuna etimologia; per me potrebbe essere deformazione del diminutivo dell’antico stroppa (fune, cordicella, vimine, specialmente quelli usati dai contadini per legare e condurre animali, dai boscaioli per legare le fascine, e simili). In italiano c’è anche stroppo o stroppolo (nell’attrezzatura navale, tipo di anello, formato con un pezzo di cavo, usato per avvolgere un oggetto mobile e unirlo a un punto fisso, senza intralciarne i movimenti, in particolare quello che lega il remo al suo scalmo). Tutte le voci sono dal latino stroppus o struppus=legame, a sua volta connesso col greco στρόφοϛ (leggi strofos)=fune, da στρέφω (leggi strefo)=volgere, avvolgere.