Soleto. Tra le meraviglie di Santo Stefano (I parte)

di Massimo Negro

Siete mai stati colti in qualche occasione da una sensazione di inadeguatezza?

A me capitava sistematicamente ogni volta che, aprendo il mio archivio fotografico, osservavo le foto degli affreschi della splendida Chiesa di Santo Stefano a Soleto. E questo per un po’ di anni. Le foto sono così rimaste silenti per lungo tempo a causa di questo mio timore.

A dire il vero non c’è una ragione precisa per cui oggi, a distanza di anni, decido di affrontare l’argomento. Forse un pizzico di incoscienza. Chissà! Fatto sta che l’ora è giunta e le mani hanno iniziato a muoversi sulla tastiera. Vedremo un po’ alla fine che ne uscirà.

Premessa strana la mia, per chi non conosce e, soprattutto, non ha avuto modo di visitare la Chiesa. Stato d’animo comprensibile per chi, invece, ha già avuto modo di osservare la ricchezza, la varietà e la complessità del ciclo pittorico all’interno. Per cui corre l’obbligo specificare in questa sede quanto già scritto in altre occasioni. I miei racconti sono frutto di osservazione e non di studio approfondito, per quanto ogni notizia riportata sia frutto di ricerca bibliografica.

Il mio racconto su questo sito sarà articolato in tre note. Questa è la prima.

Ma andiamo per gradi e, percorrendo le stradine del piccolo ma ben conservato centro storico di Soleto, giungiamo dinanzi alla facciata di questo inestimabile gioiello, incastonato tra le mura bianche della stretta via su cui si affaccia.

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La strada è stretta e si fa una certa fatica ad abbracciare con un unico sguardo la pur piccola facciata dell’edificio religioso. Il piccolo portale in stile romanico è sormontato da un piccolo rosone dello stesso stile e, in cima, un campanile a vela.

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Parte delle decorazioni in pietra leccese non si possono più ammirare. E’ probabile che questo sia semplicemente dovuto alla friabilità della pietra adoperata, ben visibile in particolare intorno all’architrave.

Per avere traccia dei committenti occorre volgere lo sguardo in alto. Al di sopra del rosone che sovrasta il portale d’ingresso con molte difficoltà si possono notare due piccoli scudi araldici. Quello più visibile lascia intravedere i lineamenti dell’arma dei Del Balzo. Infatti nei due inquartamenti superiori dello scudo, a fatica si può notare la stella a sedici punte e il corno da caccia dei principi d’Orange. Del secondo è giunto sino a noi ancor meno e gli studiosi hanno potuto lavorare solo su delle ipotesi. Seconda una di queste, si potrebbe scorgere un corno di luna calante, iconografia tipica delle armi delle famiglie che pretendevano di discendere dai Magi. Seguendo questa interpretazione giungiamo alla famiglia nobiliare provenzale dei De Baux, i signori di Baux che pretendevano di far risalire le proprie origini a uno dei tre Magi, Baldassare. De Baux che nel giungere in Italia a seguito di Carlo I  D’Angiò mutarono il loro nome in Del Balzo.

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Ancorché ormai poco visibili, questi due scudi araldici hanno il pregio di poter collocare temporalmente la costruzione del piccolo tempio ai tempi di Raimondello Del Balzo Orsini, che resse le conte di Soleto e di Lecce tra il 1384 e il 1391. Comunque non a data più remota come alcuni studiosi hanno tentato di fare.

Proprio riguardo la data di erezione dell’edificio vi è un piccolo mistero. All’esterno non vi è alcuna data incisa nella pietra. Mentre all’interno, sulla parete settentrionale, vi è quel che resta di una iscrizione dedicatoria sulla quale, con notevole difficoltà, è possibile leggere solo quanto segue – “Fu eretta …” – null’altro.

La cosa strana, fonte questa di mistero, è che la scritta pare essere stata cancellata scientemente e in modo uniforme, come se qualcuno, in un qualche periodo della storia non abbia voluto che venisse ricordata la data di costruzione e il committente. Una sorta di damnatio memoriae.

Dall’800 una sorta di lettura di poco più completa di questa iscrizione è giunta sino a noi. Ci arriva dal Diehl che sosteneva di essere riuscito a decifrare il numero 6855, corrispondente all’anno 1346/47. Gli studiosi sono poco propensi a dargli fiducia, in quanto in altre occasioni pare che ci abbia tramandato delle interpretazioni cronologiche non veritiere o comunque smentite da studi successivi.

Ci sono tornato qualche mese addietro. Non sono entrato perché la porta che nel passato, ahimè, era sempre aperta, oggi è finalmente chiusa e l’accesso avviene solo con guida, scongiurando in tal modo eventuali atti di vandalismo. Riguardo questo punto mi permetto di dare un suggerimento all’Amministrazione di Soleto. Ancorché ritenga che, data la bellezza del sito, lo stesso non possa rimanere aperto senza alcuna vigilanza, sarebbe molto suggestivo se l’attuale portone fosse sostituito da una struttura con vetri che possano far vedere l’interno anche nelle ore in cui la chiesa non è visitabile. Si può ben immaginare la bellezza della visione dell’interno nel camminare lungo la stradina del centro storico ove è sita, nelle calde serate d’estate.

Ma prima di entrare, come per altri siti, è di sicuro interesse leggere quello che Cosimo De Giorgi scrisse nei sui Bozzetti (1888) quando giunse a visitare il luogo.

“Il più importante monumento di questo paese [Soleto] per le pitture che contiene è la chiesina di S. Stefano, la quale fu edificata nel XIV secolo … e fu una di quelle che mantennero il rito greco fino al 1600 … Fino ai primi di questo secolo [‘800] fu isolata da tutti i lati, mentre oggi è chiusa tra abitazioni e giardini [ndr. In effetti all’interno è possibile notare due porte ora murate sul lato settentrionale e su quello meridionale].

La facciata è in parte sciupata. Mancano le colonne sulle quali poggiavano i leoni che si vedono ancora sum mensoline confitte nel muro, nei due lati dell’architrave, mutilati e corrosi dal tempo [ndr. dei leoni che nota il De Giorgi resta quasi nulla]. Il fregio di quest’architrave e il fresco della lunetta sono anche perduti.”

La facciata nel passato era sicuramente affrescata. Solo alcune tracce di intonaco sono giunte sino a noi. In buona sostanza poco rilevanti e a riguardo, già al tempo, il De Giorgi non scrisse nulla.

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Entrare nella chiesetta è come immergersi nella storia. Ancor prima del fatto artistico in se di gran valore, guardare gli affreschi ci apre un ampia finestra sui costumi dell’epoca in cui furono realizzati. Vestiti, corazze e persine una tavola imbandita. Dal punto di vista religioso una sorta di stupefacente “Biblia pauperum” in cui, dalla rappresentazione del maligno alla risurrezione del Cristo, tutto trova sintesi e compimento. Si può solo immaginare l’impressione che doveva suscitare nel tardo Medioevo la figura del Diavolo che ingurgita le anime dei dannati.

Abside foto d'insieme2

La prima sensazione che mi coglie immancabilmente ogni volta che entro, è una sorta di smarrimento. La ricchezza della decorazione paretale mi fa quasi venire le vertigini. Ho quasi l’impressione che tutte le figure ritrarre sulle pareti si volgano a guardarmi. Con il tempo mi sono dato un metodo di lettura; perché proprio di lettura si tratta.

Parto dalla parete ove è posizionata l’abside.

All’interno della catino absidale posto al livello dell’altare, nella parte inferiore sono ritratte cinque figure. Al centro un giovane Cristo e ai lati, due per lato, delle figure di Santi Vescovi. Di questi solo uno è stato attribuito, il primo alla destra del Cristo, e si tratta di San Giovanni Crisostomo. Per gli altri, nonostante la presenza di cartigli non è stato possibile attribuire un nome.

Abside Cristo Quattro Santi Vescovi2

Abside Cristo 2

Abside San Giovanni Crisostomo

Nella parte superiore del catino è rappresentata la Trinità e la discesa dello Spirito Santo, la Pentecoste, su Maria e sui dodici Apostoli, che danno le spalle alle mura di Gerusalemme. Degli Apostoli è stato possibile identificare Pietro, alla destra di Maria, e Giovanni, Mattia e Giacomo alla sua sinistra.

Abside Pentecoste insieme 2

Di particolare importanza sono i cartigli bianchi con delle iscrizioni in greco, che hanno in mano i dodici. Hanno un significo ben preciso e sono concatenati tra loro: sono i dodici articoli del Simbolo degli apostoli. Una rappresentazione molto importante e rara, soprattutto se si considera che fece la sua comparsa nel XV secolo. Da alcuni fonti pare invece che il Simbolo degli apostoli fosse conosciuto sin dal XIII secolo. Nello specifico, la versione soletana pare che debba le sue origini al modello niceno-costantinopolitano.

Abside Pentecoste particolare 1 2

Ma cos’è questo Simbolo apostolico? Riporto la traduzione dal greco dei primi articoli per rendere più comprensibile quanto scritto sin d’ora:

  1. Credo in un solo Dio  Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,
  2. E in un solo Signore Gesù Cristo, suo Figlio unigenito
  3. Che si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria
  4. Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso e fu sepolto
  5. ….

Non lo riporto per intero per non annoiare il lettore. Dei cartigli solo l’articolo 7 e 8 non solo leggibili.

Abside Pentecoste 2 2

Si tratta in buona sostanza di quello che noi oggi chiamiamo “Credo” e che viene recitato durante la messa subito dopo la Liturgia della Parola. Le origini di questa preghiera sono antichissime e, secondo le ipotesi di studio prevalenti, potrebbe avere le sue origini proprio negli Apostoli. Ecco perché è molto suggestivo vederlo rappresentato in questi termini all’interno di Santo Stefano.

Spostando lo sguardo più in su, lungo la parete dell’abside, si giunge ad uno degli affreschi più suggestivi presenti all’interno dell’edificio: l’Ascensione e la Visione dei Profeti.

Abside Ascensione2

L’artista in questa sua opera ha saputo sapientemente miscelare due eventi molto importanti raccontati all’interno della Bibbia, fondendone alcuni dei loro elementi costituenti in modo eccellente. Ecco quindi che l’Ascensione di Cristo si fonde con le visioni dei profeti Ezechiele e Daniele, anticipando i contenuti rappresentati nell’altra grande e maestosa opera pittorica presente all’interno, quella del Giudizio Universale. Per cui l’Ascensione di Cristo diventa messaggio di annuncio del suo secondo ritorno alla fine dei tempi.

Abside Ascensione particolare2

Abside Ascensione particolare Ezechiele2

Abside Ascensione particolare Daniele 2

Dall’abside volgo lo sguardo verso la parete settentrionale. Su questa parete è presente una porta murata, sull’architrave della quale era posta l’iscrizione dedicatoria il cui contenuto è stato cancellato. La porta a detta del De Giorgi conduceva verso l’attiguo locale della sagrestia (ora non c’è più).  Dell’iscrizione perduta riporto quanto scrisse il De Giorgi:

“Fu distrutta da un impiastriccione microcefalico il quale la ricoprì di uno strato di cerussa sciolta nell’olio di lino.”

Parete Settentrionale

La parete settentrionale è divisa in quattro sezioni orizzontali. Dall’alto in basso, le prime tre sono dedicate al Ciclo Cristologico, mentre nell’ultima sezione in basso, la più larga, sono rappresentate figure di santi e sante. Ciascuna sezione è articolata in riquadrati affrescati. Vista l’impossibilità di soffermarmi su ciascun riquadro, concentrerò la mia attenzione solo su quelle da me ritenuti più significativi. Per approfondimenti, consiglio testi specializzati.

La prima sezione orizzontale del Ciclo, posta in lato, va dal ritorno dei Magi sino al battesimo di Gesù. Una prima particolarità è riscontrabile nell’assenza della Natività. L’autore subito dopo il riquadro dei Magi, parzialmente perduto, rappresenta infatti la Fuga in Egitto.  Di questa colpisce il viso triste e preoccupato della Vergine Maria che più che abbracciare il Bambino, pare quasi che si pieghi su di lui con l’obiettivo di proteggerlo e rassicurarlo con il proprio corpo. Le movenze immaginate del Bambino rafforzano questa sensazione di timore perché, come si può notare, Gesù, volto verso il viso della Madre, cerca di aggrapparsi al suo collo, proprio come fanno tutt’oggi i  bambini quando hanno paura.

Fuga in Egitto

Timore ben fondato in ciò che  possibile vedere nel riquadro successivo, la tristemente nota Strage degli Innocenti. I soldati, contestualizzati nelle loro divise all’epoca di realizzazione dell’affresco (cioè con equipaggiamento tipico angioino), sono pronti a scagliare i bambini in terra per ucciderli, mentre un terzo cerca di strappare il figlio ad una madre. Dalla loggia del palazzo si vede Erode impartire l’orrendo ordine.

Strage degli Innocenti 2

Della prima sezione, l’ultimo commento riguarda il riquadro successivo, che precede i due successivi dedicati al battesimo. Il riquadro in questione introduce la figura del Battista in fasce con sua madre Elisabetta, rappresentati nel Miracolo della Montagna. E’ un episodio narrato nel Protovangelo di Giacomo, secondo il quale la montagna si aprì per nascondere al suo interno madre e figlio per sfuggire ai soldati.

Il miracolo della montagna

Passiamo ora alla seconda sezione orizzontale della parete settentrionale. Il primo riquadro è molto suggestivo. Narra la Tentazione nel deserto ad opera del diavolo. Diavolo che, come si può osservare, decide di assumere, per mezzo delle intenzioni dell’artista, una particolare sembianza: quella di un frate francescano. E tale rischia di apparire se non si presta attenzione ad un particolare: i piedi. Infatti la figura tentatrice al loro posto ha delle zampe palmate di rapace.

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Subito dopo sono raccontati due miracoli compiuti dal Cristo. Il primo a destra è la guarigione del cieco, mentre il secondo si riferisce al miracolo della guarigione dell’indemoniato. Un elemento di particolare suggestione è presente nel secondo riquadro nel quale, osservando la figura del miracolato, si può notare che dalla bocca dello stesso fuoriesce una piccola figura nera. Questa altri non è che il diavolo. La figura del maligno, rappresentata poco sopra la testa, è molto simile a quella che è possibile scorgere nella Chiesa di San Mauro a Lido Conchiglie all’interno della rappresentazione del battesimo del Cristo.

Guarigione del cieco nato e del sordomuto

Nel riquadro successivo è collocata la Risurrezione di Lazzaro. Le figure coinvolte sono quelle presente nei racconti evangelici. Faccio solo notare come l’autore ha voluto rappresentare l’agire degli amici di Lazzaro che sembrano per certi versi infastiditi nel dover aprire il sepolcro a causa del fetore che da lì emana. Questo stato d’animo è rappresentato molto bene nei loro atteggiamenti; infatti si può notare come si portino un po’ tutti la mano a coprire naso e bocca.

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Segue poi l’Ingresso a Gerusalemme che costituisce l’ultimo dei riquadri chiaramente visibile della seconda sezione. Infatti i riquadri successivi sono molto compromessi; si possono intravedere i contorni delle figure ma, ahimè, la colorazione è andata quasi del tutto persa.

L'ingresso a Gerusalemme

Della terza sezione orizzontale mi soffermo solo sul riquadro in cui sé rappresentata la comparizione davanti a Pilato. Qui si può notare come Pilato abbia un’espressione sorridente, quasi benevola sul viso. Appare invece chiaramente chi è il grande accusatore del Cristo, ritratto con le caratteristiche sembianze degli ebrei dell’epoca e con una borsa di denari in mano. Una rappresentazione in linea con la normale credenza che voleva che fossero gli ebrei i veri ed unici colpevoli della sua crocifissione.

Bacio di Giuda e Processo dinanzi a Pilato

I riquadri successivi continuano con altri momenti della Passione del Cristo, sino al riquadro della sua Resurrezione. Di quest’ultimo rimane ormai ben poco.

Nell’ultima sezione orizzontale, che si sviluppa in modo uniforme su tre lati dell’edificio (ad eccezione dell’abside), sono rappresentati una serie di figure di Santi e Sante.

Da sinistra le sante Tecla, Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria.

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A seguire San Simone e l’Arcangelo Michele.

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Termina così la prima delle tre note. Per ovvie ragioni di tempo e di spazio non tutti gli affreschi sono stati riportati e commentati, come non lo saranno per le prossime. D’altro canto questo non vuole essere un trattato, non ho i mezzi e la voglia per farlo. E’ un invito rivolto a tutti quelli che leggeranno questa nota. Un invito a completare questa ricerca e a contemplare la bellezza del ciclo pittorico, recandovi personalmente a Soleto in questo piccolo ma mirabile gioiello.

di Massimo Negro

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Cosimo De Giorgi. La Provincia di Lecce. Bozzetti. 1888.

M. Berger – A. Jacob. La Chiesa di S. Stefano a Soleto. Argo 2007.

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Note correlate:
– Soleto. Tra le meraviglie di Santo Stefano (II parte).

http://massimonegro.wordpress.com/2013/01/29/soleto-tra-le-meraviglie-di-santo-stefano-ii-parte/

– Soleto. Tra le meraviglie di Santo Stefano (III e ultima parte). Il Giudizio Universale.

http://massimonegro.wordpress.com/2013/02/12/soleto-tra-le-meraviglie-di-santo-stefano-iii-e-ultima-parte-il-giudizio-universale/

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2 Commenti a Soleto. Tra le meraviglie di Santo Stefano (I parte)

  1. …e pensare che per avere una monografia seria del monumento abbiamo dovuto aspettare due francesi (con tre Università in Puglia e una Soprintendenza)

    • Certo sig. Lofano ha ragione nel sottolineare che la monografia sul monumento è stata pubblicata da due studiosi stranieri, tuttavia mi permetto di segnalare che già lo storico dell’arte, italianissimo, Sergio Ortese, aveva provveduto a fornire alla comunità scientifica un articolo sul sito molto corposo ed estremamente documentato (Sequenza del lavoro in Santo Stefano a Soleto, in “Dal giglio all’orso” a cura di Antonio Cassiano e Benedetto Vetere, (Università del Salento, collana del dipartimento di Beni Culturali, Congedo, 2006, pp. 336-396. (ben 50 pagine) saluti :)

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