La pratica dell’asta nei riti della Settimana Santa a Gallipoli

La pratica dell’asta nei riti della Settimana Santa della confraternita di Santa Maria degli Angeli di Gallipoli, alla luce di un documento del 1762 *

 

di Antonio Faita

In  “… Animos eorum maceravit…”, pubblicato alcuni giorni fa , illustrai come, nel XVIII sec., la confraternita di Santa Maria degli Angeli curava i riti della Settimana Santa e in particolar modo la processione dei Misteri nei giorni di Giovedì e Venerdì Santo1.

Sulla base delle testimonianze descritte sin dal 1726 ho messo anche in risalto una certa ritualistica penitenziale che si svolgeva all’interno dell’oratorio, fino a produrre negli anni a seguire un cambiamento, sia nella liturgia penitenziale quaresimale che nello svolgimento di questi riti, nei quali prese sempre più corpo la reiterazione di queste pie pratiche2.

Rileggendo attentamente i documenti del “Libro degli Annali e Conclusioni dal 1727 al 1766”, emerge un nuovo particolare, una pratica inedita, forse unica nel suo genere, non solo in Gallipoli ma presumibilmente in tutta la Puglia, riguardante lo svolgersi d’una “gara d’asta” per l’aggiudicazione dei simulacri del Cristo morto e dell’Addolorata. Questa forma d’asta veniva praticata  e lo è tuttora, nel capoluogo jonico, come famosi sono in tutto il mondo i riti della Settimana Santa, unici nel loro genere di maggiore coesione e identità3. Infatti il momento cruciale sia del pellegrinaggio ai sepolcri che delle due processioni è costituito dalle aste, le “gare”, “gli incanti” nel Calabrese, per l’aggiudicazione dei simboli che vede impegnate sia la confraternita dell’Addolorata, sia quella del Carmine.

In realtà le aste sono delle assemblee straordinarie dei confratelli e, pertanto, possono partecipare alle “gare” tutti gli aggregati che mediante libere offerte si aggiudicano i simboli delle due processioni e le varie immagini sacre. Alcuni studiosi, dei riti tarantini ritengono che l’aggiudicazione per asta, da molti contestata, si effettui forse dalla nascita dei riti della Settimana Santa, tra la seconda metà del XVII sec. e i primi del XVIII, quando la nobile famiglia Calò invitava le confraternite tarantine ad una sorta di processione privata, con i due simulacri lignei, del Cristo morto e dell’Addolorata, custoditi nella propria cappella gentilizia e che furono donati da Don Diego Calò, nel 1763, ai Carmelitani, a condizione  che si impegnassero a portarli in processione il Venerdì Santo di ogni anno.

Il 1765 fu l’ultimo anno in cui la processione uscì dal palazzo dei nobili tarantini  che può essere, quindi, considerato l’anno d’inizio della processione dei “Misteri” per conto della confraternita del Carmine. In seguito questa commissionò ad esperti cartapestai leccesi le altre sei statue che compongono l’attuale processione.

Tornando sull’altra sponda del golfo di Taranto, la confraternita di Santa Maria degli Angeli di Gallipoli svolgeva tale pratica dell’asta già dal 1762, come anche la processione con i soli cinque “Misteri” a partire sin dal 1733, molto prima dei riti tarantini. Infatti dal documento del 1762 si evince come i confratelli, congregatisi nel proprio oratorio, fecero una sorta d’asta per l’aggiudicazione dei due simulacri del Cristo morto e dell’Addolorata. Il profitto ricavato fu di venti carlini, mentre agli altri restanti confratelli aspettavano le altre tre bare. Inoltre, il cronista ci descrive nei particolari lo svolgersi della processione dei Misteri, che andava dalla visita delle varie chiese, alla Cattedrale e nei conventi, per finire nella propria congregazione con il saluto del Padre Rettore.

Riporto qui di seguito integralmente il documento redatto in una forma di italiano volgare intrisa di numerosi dialettismi.

 Nel’ Lano 1762 d 8 Aprile

Giorno di Giovedì Santa a ssera nel Preffetto di Giuseppe Maria Monaco si cacio una buono e santa e divota procesione sopra la pasione di nostro Retentore la quale procesione ci farano i cinque misteri con cinque Bare che si fece la asta per tutti i fratelli solamente la Congregatione come  il suolito che a Proffetti solamente da venti carlini e il Preffetto si armo le due bare le quali furno la bara di nostro Signore morto latra fu la bara della Verggine a Dolorata e i fratelli  armara latre tre bare il Preffetto convito il Signore Don Vito Tomasi per il pano avati apreso un sargiardote portava la chroce  di pasione con due fratelli con due dorce acese avanti e nella prima Baro che fu deli sciardinieri adava una Frotola con filioli che cantavano nela seconda bara che era deli piscadori andava unaltra Frotola come li stesa nela bara delli artisti monte calvariò andava unaltra Frotola come li stesa nela bara di nostro signore morto pure andava unaltra Frotola come latre e avanti dela Bara andavano due lanpioni andorati e nella Bara della B. V. A dolorata andavano due altri lanpioni come li stesi e anche andava la Frotola come laltre Bare tute [sonoze]4 acese di lumini e andorno a visitar le chese nela chadretal chesa che andorno finita la pasione dopo andorno neli conventi e fado i vichi dela [Giti]5 con molta divozione finite di voltare le chese siamo andati nella Congregatione e il Padre li sauto tutti quati nele loro case che colta ora 9 e i fratelli sinandono in Pace6.           

 

PS: L’attuale statua dell’Addolorata che esce in processione il Venerdì Santo fu donata nel 1824, dal confratello Aniello Scigliuzzo.

 


* Dedico questo articolo alla cara memoria dell’amico Nicola TRAMACERE, Priore della Confraternita di S. Maria degli Angeli, venuto a mancare il 2 gennaio 2007

1 A. FAITA, “…Animos eorum maceravit…” Cronistoria sui riti della Settimana Santa della Confraternita di S. Maria degli Angeli di Gallipoli ,  <IL BARDO>, maggio 2005, p.2

2 Ibid.

3 F. DI PAOLO, Stabat Mater Dolorosa – La Settimana Santa in Puglia: Ritualità drammatica e penitenziale, Fasano 1992, p.317

4 La parola si presenta evidentemente corretta con piccola macchia d’inchiostro  che ne compromette la lettura

5 Ibid

6 ACSMA, Libro degli Annali e Conclusioni dal 1727 al 1766.

 

(pubblicato su Il Bardo, dicembre 2006, n°2)

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