di Riccardo Viganò
Il 20 febbraio 1743 un terremoto di magnitudo M=6.9 colpì una regione molto vasta, con effetti di danno massimi nella penisola salentina e nelle isole Ionie al largo della Grecia occidentale. Il terremoto fu chiaramente avvertito anche a Napoli, in Calabria e nello stretto di Messina. L’intensità sismica massima fu registrata nelle città di Nardò e di Francavilla Fontana, nel Salento, dove la maggior parte degli edifici fu rasa al suolo o danneggiata in modo permanente, e nella località di Amaxichi (isola di Lefkada). Anche le città di Taranto e Brindisi subirono danni rilevanti.
Nella sola Nardò il terremoto provocò più di trecentoquarantanove vittime, la maggior parte bambini, e molte altre vittime si registrarono nella penisola salentina; circa cento nelle isole Ionie. Il sisma generò anche uno tsunami, riguardo al quale le informazioni contenute nelle fonti storiche sono abbastanza scarse, descrivendo unicamente alcuni effetti nel porto di Brindisi, dove il mare fu visto ritirarsi(1).
Una cronaca di questo tragico evento, la si ritrova descritta, anche con un occhio agli eventi della fede, con forza e in maniera sintetica nelle copertine degli atti notarili riguardanti gli anni 1742-43 del notaio regio ed apostolico Oronzo Ippazio De Carlo di Nardò.
Copertina atti notarili dell’anno 1742 (2).
Nel giorno di mercoledì venti febbraio mille, settecento, quaranta, trè giorno piuttosto estivo del inverno, a circa l’ore 23 e mezza nell’occaso si suscitò un vento gagliardissimo che fece stupire ogni uno fè intimorire, poiché pareva che pe l’aria correvano centinara di carrozze unite, tale era lo strepito, s’offuscò l’aria e pareva che mandasse fuoco, l’acqua nei pozzi saltava e si concentrava: si asciugò il sole, e sopra le ore ventitré e mezza traballo, causa (sic) Nardò tornò a traballare, e finalmente muovendosi la terra a guisa dell’acqua che ferve nella pignata, operò che cascasse dalle fondamenta Nardò. Morirono trecento quaranta nove cittadini, la maggior parte però furono bambini, rovinò ogli, grani, etc. immobili e suppellettili dall’ingiurie delle pietre e de tempi che susseguirono, restarono (sic) la statua della Beata Vergine Maria al vescovato al titolo dell’Assunta sudò. La statua di San Gregorio Armeno che steva sopra il publico sedile si vidde colla mano far segno al vento di ponente che fiatava, che si quietasse. Le altre statue di san Michele e San Antonio il dano ( sic) ad un millione, cento,settanta,cinque mila Ducati.
Fu inteso il tremuoto da tutto (sic) anzi dal mondo intero.
Copertina atti notarili dell’anno 1743 (4).
Nel giorno venti di febbraro mille,settecento,quaranta,trè, giorno di mercoledì a ore ventitré e mezzo correndo la sesta indizione, e la domenica di sesta cresima, successe un ferissimo tremuoto, che durò secondo la comune, sette minuti, e rovinò dalle fondamenta la Città di Nardò senza che fusse rimasta abitazione alcuna che no fosse ruinata, o tesa di maniera che poi non si fusse, anche d’ordine civile il signor Duca di Conversano preside di Lecce, demolita: morirono duecento, venti, otto persone oltre centinara di figlioli, e quattrocento, di dette persone restarono in gran parte offese, e ferite: quali morti e feriti furono tutte, quasi, persone basse (sic) al Canonico D Tommaso Abb. Piccione, il Diacono Giuseppe Nociglia e al p(ad)re. F(ra) Michele Salà Carmelitano.
La fedelissima città di Lecce mandò carità a detti infermi con il suo maestro di piazza settecento rotula di pane, quattro castrati. L’eccellentissimo marchese di Galatone ossia il principe di Belmonte con la sua solita petà giornalmente provvede al necessario ai poveri avendo dato ricovero alle religiose, dette a conservatorio a più e a più persone che erano fuggite in Galatone, dove dimora l’eccellentissmo Duca di Conversano preside, e da dove provvede giornalmente ai bisogni di detta Città. Vari furono gli eventi, che precederono il detto tremuoto. Frà gli altri il Tutelare padre V. Gregorio Armeno, la di cui statoa di lecciso esisteva sopra il pubblico sedile nella piazza nell’atto, che la terra vi scoteva, invocato dal popolo scivolò visibilmente verso il ponente, dà dove vi sorse il detto tremuoto, e con la mano, e la mano che prima steva in atto di benedire, ora si vede tutta aperta ed in atto, che impedisce il travello. E continuò a star voltata verso di detto vento di ponente. Avendo perduto la mitra, che era tirata à tutto un pezzo con la statoa, ma no già lo pastorale. Cascarono poi le statoe di S Michele e S Antonio, che tenevano in mezzo detta statoa di esso San Gregorio.
L’immagine di M. V. e Assunta in cielo, collocata nel mezzo del capo della cattedrale dà monsignor Antonio Sanfelice l’anno 1724 sudò, e continuò a sudare per più giorni;
avea preceduto un giorno prima un ordine un’orridissima, e ventosissima giornata, e quando successe il tremuoto si ammantò l’aere di fuoco e fiatò un vento così gagliardo, che in sentirsi spaventava le genti monsignor Dè Pennis di secoli passati, e suor Teresa Adamo di Gesù, òro Vescovo, e cittadina, predissero tal Tremuoto, cò queste parole pro pater peccato tibi di my nelli principi al seculo ottavo dal tremuoto restava desolata la Città N. N. e molte terre lo di più. e altro accaduto un seculo in Nardò. (sic) memorie storiche neritine di me.
Notaro Oronzo de Carlo
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1) http://www2.ogs.trieste.it/gngts/gngts/convegniprecedenti/2007/riassunti/tema-1/1-sess-1/11-armi.pdf
2) ASL sezione notarile, protocollo 66/17 notaio Oronzo Ipazio De Carlo copertina atti 1742.
3) Per il culto di san Gregorio Armeno vedere:http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2011/02/20/un-busto-di-san-gregorio-armeno-tra-i-tesori-della-cattedrale-di-nardo/
4) ASL sezione notarile, protocollo 66/17 notaio Oronzo Ipazio De Carlo copertina atti 1743.
credo che il tuo link riguardi anche noi di Cutrofiano che festeggiamo il 17 febb S.Antonio delle focare ricordando proprio un terremoto che portò le genti nelle campagne ad accendere i fuochi per riscaldarsi grazie mille fonte molto interessante
della cui tradizione abbiamo parlato qualche giorno fa:
https://www.fondazioneterradotranto.it/2013/02/17/ricorrenza-santantoni-te-le-focare-il-17-febbraio-a-cutrofiano/
Anche a Carpignano Salentino fu avvertito il terremoto.
Infatti, il catasto onciario della Terra di Carpignano del 1754, ci informa che la cappella di San Salvatore sita «nella Piazza dentro l’abitato di questa terra (…) ruinò per il tremoto». Probabilmente, visto che era presente nella veduta del Pacichelli del 1703 andò distrutta in seguito agli eventi del tragico terremoto che provocò innumerevoli danni in tutta Terra d’Otranto avvenuto appunto il 20 febbraio 1743.
Nel corso del XVIII sec., sulle rovine della cappella di San Salvatore, fu edificata la cappella dell’Immacolata (congrega) per volontà della potente famiglia Spiri della quale ricorre lo stemma sia sul portale di ingresso sia al centro dell’ambiente interno sul quale si affacciano gli stalli lignei dei congreganti.