di Rocco Boccadamo
Tocca a me, stamani, il consueto passaggio dal supermercato vicino a casa. Sennonché, mentre vado girando tra le corsie e sbirciando verso gli scaffali, la mia attenzione è improvvisamente catturata dalla presenza, quasi a fianco, di una coppia di giovani: lei, indossa una comoda tuta di colore blu scuro ed evidenzia un pronunciato pancione, lui, in apparenza proprio un ragazzino, ha una felpa rossa, entrambi, capelli corvini e occhi luminosissimi. Appare subito chiaro che i due sono nativi di presepi lontani. A tale impatto, mi fermo, indugio, prevale la mia congenita curiosità. Un attimo e, appreso che conoscono l’italiano, intraprendo discorso.
Il paese di provenienza è la Repubblica delle Filippine, si trovano in Italia da cinque anni, in particolare sono contenti di Lecce. Alla domanda circa il lavoro svolto, la risposta è assolutamente all’unisono: domestica e domestico, presso due distinte famiglie salentine. Prima annotazione: genera un suono gradevole, la pronuncia, con spontanea naturalezza, di siffatto genere di mestiere, ormai divenuto desueto se non completamente assente nel novero delle occupazioni di noi italiani. Ma, c’è di più, i due ospiti denotano d’essere contenti, sereni per quel che fanno. Altra sottolineatura importante: mediante i proventi del loro impegno, non solo aiutano i familiari rimasti nel Paese asiatico, ma si sentono anche forti e tranquilli rispetto al progetto – palese – di mettere su una propria famiglia.
Da rimarcare, ulteriormente, la decisione, a livello di coppia, di aggiungere una nuova vita alle loro giovani stagioni, nonostante che, ancora, non dimorino e giacciano neppure sotto lo stesso tetto, non abbiano modo di chiudere le giornate tenendosi per mano o scambiandosi una carezza, ciò avverrà, si auspica, quando a loro fianco ci sarà una culla, nel prossimo maggio. Pensare che, come confidato, durante la fanciullezza e l’adolescenza, del tutto lungi dal passare, per la mente, l’immaginazione che avrebbero fatto un figlio italiano. Non c’è che dire, finalmente, considerando quanto ci si offre intorno, un quadretto d’edificante umanità! I richiamati occhi scuri e insieme fulgidi, la semplicità delle parole e delle espressioni, rinnovano la rappresentazione, in pillole ideali e fantastiche, delle figure degli umili custodi d’armenti sospese e fisse sulla soglia e al cospetto del Presepio per antonomasia. E, a seguire, cercando sempre di volare alto, richiamano in certo senso i remoti e sfavillanti astri sospesi sulla volta blu delle notti dei mortali.
Infine, in chiave di riflessione, è vero, non mancano né si possono ignorare i problemi, anche grandi e pesanti, connessi con l’accoglienza e la graduale integrazione dei nostri simili che arrivano sul nostro suolo da lontano, da altri mondi e paesi, tuttavia, davvero, non esistono sbarramenti o frangiflutti idonei ad arrestare il “moto”, l’incedere di queste novelle e smisurate maree. Anzi, i tempi a venire, saranno viepiù all’insegna di variegati processi d’integrazione, caratterizzati da percorsi e prospettive di crescita e sviluppo insieme, di braccia e menti eterogenee. Nel “movimento”, di respiro universale, sono ad ogni modo insite, e quindi da ricercare e cogliere, concrete e non trascurabili risorse e opportunità. E sembrano, non a caso, cadere propizie, opportune, confortanti e incoraggianti, le riflessioni in tal senso, ordine e spessore, di fronte alla paventata e, con leggerezza, scongiurata ipotesi prospettante immigrazioni di massa, forse su basi di centinaia di migliaia d’unità, verso il nostro paese e le restanti aree europee, dietro il prevalente stimolo, non v’è dubbio, alla comprensibile ricerca di migliori condizioni e livelli di vita, da parte di popolazioni sin qui immerse in strati di sofferenza che noi, forse, neppure immaginiamo.