“Io sono un istrione ed ho scelto ormai la vita che farò, procuratemi voi sei repliche in città ed un successo farò Io sono un istrione e l’arte, l’arte sola e’ la vita per me Se mi date un teatro e un ruolo adatto a me il genio si vedra’… si vedra’… “
(L’istrione- Charles Aznavour)
di Paolo Vincenti
“Un paese che si chiama Cocumola / è come avere le mani sporche di farina / e un portoncino verde color limone./ Uomini con camicie silenziose / fanno un nodo al fazzoletto / per ricordarsi del cuore. / II tabacco è a seccare, / e la vita Cocumola fra le pentole / dove donne pennute assaggiano il brodo. ” Inevitabilmente mi sovvengono questi versi di Vittorio Bodini mentre mi reco a Cocumola, piccola frazione di Minervino, a trovare l’amico Renato Grilli. In questo borgo incantato, la vita scorre ancora quasi intatta come quando la descrisse il grande poeta leccese. E a Bodini infatti il Comune di Minervino ha pensato di dedicare un premio internazionale annuale, “La Luna dei borboni”, la cui serata finale si è svolta proprio nella centrale Piazza San Nicola di Cocumola. Questo piccolo centro dell’entroterra salentino, appena 1000 abitanti, ha una storia importante che parte almeno dai Greci e dai Romani per poi passare ai Bizantini, ai Normanni e agli Angioini. Antico granaio della messapica Baste, cioè la vicina Vaste, secondo alcuni studiosi, da cui forse il suo toponimo , per la presenza di fogge, dal latino “cumulus”, nel senso di raccolta, accumulo, granaio. Più probabile però, secondo gli storici, che il nome del paese derivi da un’altra parola, “cucuma“, cioè piccolo vaso di creta, supponendo che nel paese in passato vi fossero botteghe artigiane dedite alla produzione di terracotte. Cocumola sul far della sera mi accoglie avvolgendomi con la pace del suo silenzio che rinfranca.
Nella Piazza San Nicola c’è una piccola bottega di barbiere. Ed è lì che mi attende Renato Grilli, che mi saluta, mentre le mani esperte del suo parrucchiere di fiducia acconciano la sua chioma fluente e inargentata, come la luna piena che dall’alto di un cielo idruntino di gennaio ci sorride sorniona. Il barbiere non suona il violino però, come mi sarei aspettato, e dunque appena terminato il suo lavoro, usciamo e ci dirigiamo a casa di Renato, a pochi metri da lì. I gatti, abituali frequentatori delle strade e dei vicoli dei nostri paesi, non si scompongono più di tanto al nostro passaggio, lento e assorto, come la loro calma sonnacchiosa. Renato mi parla ed io non posso fare a meno di restare catturato dal suono della sua voce che fa sentire quegli accenti, quella profondità, quei colori che solo una voce d’attore può assumere.
Renato Grilli, fondatore del “Teatro della voce”, laureato al DAMS di Bologna, attore, regista e autore, ha avuto varie esperienze con compagnie di prestigio, fra cui il “Teatro degli Opposti”, il “Teatro Evento”, “Il Cerchio”, “Salsa Voltaire”, ecc. Lavora da molti anni sulla didattica della Shoah e degli stermini del Novecento. Ha realizzato i percorsi – spettacolo: “Prima della Shoah” 1996 – “La Leggenda Del Golem” 1997 – “Canzone del Popolo Rom” 1999, al Museo del Deportato Politico e Razziale di Carpi (Modena) – e “Purim Io vi Racconto” 2006, al Centro Sociale della Comunità Ebraica di Bologna e all’UCEI di Roma. Particolarmente significativo e coinvolgente è stato il progetto “Nigunim- I tal Yà”, partito nel 2007: una serie di recital ispirati alla cultura ebraica, come “Klezmer Meschuge”, “Antiqua Passio Vegetalis”, “Ex Oriente Lux”, “Nigun tradizione orale”, “La pace mediterranea”, “Shalom Tango” e “Rebirthing Memories– Racconti e poesia, musiche e canzoni Klezmer e Sefardite”, con Renato Grilli alla voce, Rachele Andrioli al canto e Rocco Nigro alla fisarmonica. Uno spettacolo sulle tracce delle antiche presenze ebraiche in Salento e in Puglia, una accurata scelta di brani della cultura musicale Klezmer e sefardita alla ricerca dell’incontro tra le lingue e le melodie mediterranee. Penso a quanto importanti siano stati questi incontri, non solo per il pubblico ordinario e variegato delle serate culturali salentine, ma a maggior ragione per gli alunni delle scuole dove questi spettacoli sono stati portati, grazie alla lungimiranza di alcuni dirigenti scolastici illuminati. Del pari interessante l’altro progetto, “Teatro naturale”, con recital come “Viva la luna”, “Omaggio a Salvatore Toma”, “Ruota dei santi”, sempre a cura del trio Grilli-Andrioli-Nigro , con la produzione di Renato Grilli.
Renato ha studiato a lungo l’opera e la figura di Franz Kafka. Ha scritto molti anni fa un monologo, “Sosia”, ispirato dalla curiosa somiglianza che lo stesso Renato da più giovane aveva con una foto dello scrittore da adolescente. Ha poi messo in scena una riduzione dal romanzo “America”(Hamburg – New York, Ravenna, Teatro Rasi, 1982). Nel 1986, a Roma, era il sosia di Kafka nello spettacolo del “Doppio Teatro Sciacalli ed Arabi” di Ugo Leonzio, all’Oratorio del Carovita. Nello stesso anno, venne scritturato da Federico Fellini per il film “Ginger e Fred” in cui interpretava proprio il sosia muto dello scrittore. Qualche anno fa, memore di questa passione letteraria, Grilli ha scritto diretto e interpretato lo spettacolo “Kafka Ridens”, in cui quel sosia muto del film parlava, liberamente ispirandosi ai Diari e al Libro di preghiere di Franz Kafka, conosciuto come “Aforismi di Zurau”, opera postuma, come quasi tutte le altre, e scampata al rogo dei libri del grande autore praghese. Il “ridens” del titolo indicava una lettura inedita dell’opera di Kafka: cioè, attraverso i riferimenti alla cultura chassidica, al teatro yiddish, alla Kabbalà ebraica, una interpretazione più divertita e ironica . “Teatro della voce”, mi spiega Renato, perché è tutto nella voce e tutto lo sforzo del mio amico sta punto nella voce e nell’interpretazione, a partire da una corretta lettura del testo. Nato in Abruzzo ma emigrato presto a Bologna per motivi di studio e poi di lavoro, in questa città ha pure conosciuto la moglie, con la quale condivide il suo frastagliato percorso di vita. Ha risieduto a lungo a Roma ed ha viaggiato in molte città d’Italia per motivi professionali prima di giungere, ultimo ma non ultimo di una lunga schiera di malati d’amor salentino, in questo eremo di pace e tranquillità, suo approdo forse definitivo, nel Salento cocumolese dove spesso , nelle vuote oziose giornate invernali sferzate dal vento di tramontana, ama raccogliere fiori di campo sui tratturi idruntini che portano al Faro della Palascià o a San Nicola di Casole, fra muschi e licheni, o a Badisco ornata di asfodeli, timo e mortella. Mi fa vedere la sua deliziosa casetta e il giardino retrostante dove vigila in paziente attesa il cane suo compagno fedele, una dolce maremmana di 5 anni. I libri, il computer, i cd , il registratore non possono mancare sulla scrivania di un attore, sono i ferri del mestiere di questo cerusico dell’anima che è l’istrione.
Renato tiene dei corsi sulle diverse possibilità di emissione della voce, nelle tonalità, nei volumi, nelle estensioni, nei ritmi, attraverso esercizi vocali e di respirazione e l’utilizzo di tecnologie foniche. Faro illuminate nella carriera artistica di Renato Grilli è stato ed è Carmelo Bene, con la sua ricerca teorica ed espressiva sulla fonè, Carmelo Bene, “Il talento e la voce”, come recita il titolo di una recente pubblicazione a cura di Antonio Zoretti (per Lupo Editore), Carmelo Bene, con il suo grande talento creativo, al quale Renato deve certo riconoscenza. Penso al recital “Non c’è bene”, dedicata al genio salentino, e al corso “Non c’è bene. Vita, morte e miracoli di C.B.”, tenutosi qualche tempo fa presso la Libreria Universal di Maglie. E’ tutto nella voce, è vero, ma se gli chiedo quale metodo ha fatto proprio, Renato mi risponde di essere figlio dei metodi, scolastici, teatrali, politici, di pensiero, ma che di questi metodi ha conosciuto le poche virtù e soprattutto i molti limiti. Cosicché preferisce dire di avere solo il suo, di metodo, e di esserne spesso anche incerto. Così come se gli parlo di Carmelo Bene, “da lui ho avuto solo maledizioni”, mi dice, “come, per esempio, ‘di qualità si muore’. Me ne sono liberato col titolo di una recente mostra, Freedom Not genius”. Capisco che per un attore come lui, è dura vivere della propria arte, capisco dalle sue parole che la scelta di risiedere stabilmente nel Salento ha le sue luci e le sue ombre, come nella vita di tutti. Il Salento è per Renato bellezza e desolazione, che qui più che altrove coincidono. Capisco che un attore, marionetta comica o tragica sulla scena, una volta sceso dal palcoscenico, è un uomo come tutti gli altri, anzi lo è di più, o di meno, a seconda dei punti di vista, perché possiede in sé una sensibilità profonda che lo stringe con le ansie, con le paranoie, le gioie e i dolori del vivere quotidiano. Un attore, smessi i panni dell’ultimo personaggio interpretato, è un uomo tale e quale a me, con le bollette da pagare a fine mese, le noie e gli affanni di tutti i giorni, le scocciature, le visite parenti, i rompiscatole da evitare, le file alla posta e in banca, la spesa al supermercato con un occhio alle offerte e ai negozi del centro nel periodo dei saldi. E’ vero, la vita è dura, ma riconcilia, magari, il sorriso di un giorno di sole, come pure andare raccogliendo pietre su sentieri di campagna, in questo su del sud, osservare il volo di una tortorella col suo bianco collare, o i volteggi di uno stormo di pettirossi in un mattino di corbezzoli, di rucola o di capperi di scoglio. E a me, umile cartografo di anime e ladro di emozioni, sempre a frugare fra le vite altrui, piace fare mia per un momento, per una sera cocumolese di condivisione artistica ed umana, questa sua vita, ordinaria e al tempo stesso straordinaria, così comune eppure così unica.
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