di Massimo Vaglio
Nel Salento, ma pure in molte altre zone d’Italia, per distinguere i ricci commestibili da quelli non commestibili, si parla comunemente di ricci maschi e ricci femmine, ove da retaggio popolare, i commestibili sarebbero, il più delle volte, i ricci maschi, Ma per questa volta non è, come vedremo, una questione di becero maschilismo.
I più perspicaci, invece, indicano come commestibili i ricci femmina,
deducendo per logica, tale circostanza dal fatto che, se le parti edibili sono uova, le uova le fanno le femmine. Invero, si tratta di due specie ben distinte, rispettivamente Arbacia lixula, quella non commestibile e Paracentrotus lividus, quella di interesse gastronomico della quale, badate bene, la parte che consumiamo, sono le gonadi di entrambi i sessi.
Ma come fare a non giustificare questo abbaglio popolare? L’Arbacia lixula, con i suoi aculei lunghi, nerissimi ed elegantissimi, è molto femminile, quasi sensuale, con un po’ di fantasia i suoi aculei rimandano alle lunghe ciglia bistrate delle vestali di un tempio di Venere, niente a che vedere con le fattezze decisamente maschie e più tozze del sedicente compagno edibile, il quale, oltre che irretire i golosi, riesce al massimo, con i suoi colori, a colpire l’estro di qualche pittore.
I Salentini di entrambe le sponde ne sono golosi estimatori e la loro passione è supportata dalla cospicua diffusione di questi Echinodermi su tutti i bassi fondali rocciosi, habitat abbastanza rappresentativo in questa subregione. Inoltre, in diverse zone d’Italia, i ricci in alcuni periodi dell’anno acquisiscono un poco gradevole sapore amarognolo, dovuto probabilmente alla proliferazione stagionale di particolari alghe di cui si pascono. Questo fenomeno è invece sconosciuto nelle acque salentine, dove i ricci sono pescati e consumati tutto l’anno, anche se è in primavera che si presentano nella forma migliore, ossia con le gonadi mature, quindi particolarmente sviluppate e spesso di un’invitante colorazione rosso fuoco.
E’ proprio quest’ultimo il requisito più ricercato ed apprezzato dagli intenditori e ciò non solo per un fattore estetico, ma perché risultano effettivamente più dolci e con un più intenso ed attraente profumo di iodio. Dagli intenditori sono particolarmente ricercati i ricci nati e pasciuti sui bassi fondali rocciosi colonizzati dalla “capezza”, appellativo con il quale nel Salento si indica la Cystoseira, una profumata alga bruna appartenente alla Classe delle Feoficee.
Ovunque, sino a qualche decennio addietro, ma ancora oggi in diverse località, la pesca viene praticata dalla barca con lo specchio e con alcuni rudimentali, ma efficaci attrezzi quali: la vracioddha e la ranca.
Il primo attrezzo può essere utilizzato solo per pescare su fondali profondi non più di tre metri; consiste in un anello di ferro munito di dente, applicato a 90° all’estremità di un’asta di pick pine. Con il dente, viene staccato il riccio dalla roccia che con un rapido movimento dell’asta viene alloggiato sull’anello e velocemente recuperato salpando la stessa. La cosiddetta ranca, invece, consiste in un ferro ricurvo ed in un batuffolo di brandelli di rete, fissati all’estremità di un’asta. Con
il ferro si staccano i ricci dalla roccia, si fanno impigliare parecchi
per volta nella rete e si recuperano salpando l’asta. Innestando più
aste una sopra l’altra con questo attrezzo si riescono a pescare ricci
sino alla profondità di 12-13 metri.
Oggi, nelle acque salentine, a causa della pesca indiscriminata praticata con gli autorespiratori, la popolazione di ricci si è sensibilmente ridotta, tanto che da qualche anno il loro prelievo viene interdetto, per un certo periodo di tempo, attivando il cosiddetto fermo biologico, nella stagione riproduttiva.
Una caratteristica della zona, inoltre è rappresentata dall’esistenza in varie località marinare di appositi banchetti marmorei ove vengono serviti ricci espresso, ovvero aperti al momento e serviti con accompagnamento di ottimo e fragrante pane pugliese. Solo a titolo di curiosità ricordiamo che in alcune località marinare, oltre al riccio
comune (Paracentrotus lividus), un tempo era ricercato anche il molto meno comune riccio di prateria (Sphaerechinus granularis), il quale pur avendo gonadi commestibili, anche se piccole e diafane, veniva pescato principalmente per il suo massiccio esoscheletro che essiccato, pestato ed addizionato con olio d’oliva o sego veniva utilizzato in farmacopea al posto dell’ittiolo nella cura di diverse dermatosi.
I ricci vanno gustati appena aperti, intingendovi pane appena sfornato, accompagnando il tutto con un buon Rosato del Salento. Da tempo, i ricci, vengono utilizzati anche nella ristorazione locale che ha saputo elaborare, diversi originali e gustosi piatti.
Spaghetti ai ricci 1
Prima di approntare questo piatto, bisogna tenere presente che per condire ogni porzione saranno necessari circa dodici ricci di buone dimensioni e soprattutto, con le gonadi ben sviluppate.
Quindi, per condire mezzo chilogrammo di spaghetti occorreranno le gonadi di almeno cinque sei dozzine di ricci. La preparazione è semplicissima: aprite i ricci e serbatene le gonadi in una scodellina.
In una capace padella mettete un filo di ottimo olio extravergine d’oliva e due spicchi d’aglio contusi, fateli scaldare a fiamma bassa in modo che abbiano il tempo di cedere il proprio umore aromatizzando l’olio e appena saranno imbionditi eliminateli e unite gli spaghetti appena scolati cotti al dente. Mescolate bene, spegnete la fiamma,
aggiungete le gonadi dei ricci e, dopo aver mescolato accuratamente, servite subito, aggiungendo una spolveratina di pepe nero macinato al momento e il fatidico prezzemolo tritato.
Spaghetti ai ricci 2
Ingr.: 5-6 dozzine di ricci, ½ kg.di spaghetti, 250 grammi di pomodori, olio extravergine d’oliva, 1 spicchio d’aglio, prezzemolo, pepe nero.
Aprite i ricci, mondateli accuratamente e recuperate le gonadi. Fate
riscaldare l’olio con lo spicchi d’aglio contuso e prima che questo
imbiondisca unite i pomodori triturati finemente, fate cuocere questa
salsetta per una decina di minuti ed aggiungete i ricci. Riportate a
calore, regolate di sale, quindi unite un pizzico di pepe nero e una
manciatina di prezzemolo tritato. Condite gli spaghetti scolati al
dente e servite subito.
Omelette ai ricci
Aprite tre dozzine di ricci, mondateli accuratamente, recuperate le gonadi e qualche cucchiaio dell’acqua salata che troverete al loro interno. Incorporate il tutto a quattro-cinque uova, aromatizzate il composto con del pepe nero e a piacere conditelo con del formaggio grana grattugiato. Versate il composto, un mestolo alla volta, in una padella con olio caldo o burro e realizzate normalmente delle omelette che avranno come si può immaginare, o forse no, un gusto decisamente straordinario.