di Armando Polito
È un verbo molto usato nel dialetto salentino ed è sinonimo di calpestare. Esso è la forma intensiva di stumpàre usato tanto per definire l’atto di pigiare l’uva (quando un tempo l’operazione si faceva con i piedi) quanto quello di ridurre in frammenti col pestello una sostanza nel mortaio, come, molto più semplicemente, di pestare i piedi per terra (come fanno di solito i bambini) per esprimere disappunto. Sul segmento -isciàre rinvio il lettore che ne abbia interesse al link:
Rimane da chiarire l’etimo di stumpàre. Parto dal maestro: il Rohlfs si limita al confronto “con il greco moderno στουμπόνω (leggi stumpòno)=io pesto”1.
Dopo aver precisato che l’esatta grafia del verbo in questione è στουμπώνω (precisazione, la mia, irrilevante ai fini dell’etimo, tant’è che la lettura rimane sempre stumpòno) aggiungo che nel greco moderno è in uso anche il sostantivo στούμπος (leggi stumpos)=uomo tarchiato. Viene immediatamente da pensare che στουμπώνω sia derivato da στούμπος con l’aggiunta di un infisso nasale secondo una formazione frequente nel greco classico: per esempio, dal sostantivo τύχη (leggi tiùche)=sorte è derivato il verbo τυγχάνω (leggi tiunchàno)=avere in sorte. Come si fa, poi, a non collegare στούμπος con il salentino stompu/stuèmpu (il secondo è la variante di Nardò) usato come sinonimo di mortaio ma proprio a Nardò nel significato metaforico della voce greca moderna?2
Può essere (me lo dico da solo …), ma cosa si può dire ancora di στούμπος?
Qualche collegamento col greco classico, a parte l’infisso nasale da cui sarebbe nato στουμπώνω, ci dovrebbe pur essere. Credo di averne trovato più di uno: στείβω=camminare sopra, battere (da esso il latino stipàre=accumulare, dal quale l’omologo italiano con lo stesso significato); στέμβω=scuotere, maltrattare: στύφω=condensare, contrarre. Secondo me siamo in presenza di un’unica radice i cui mutamenti fonetici costituiscono il necessario adattamento all’espressione di leggeri mutamenti semantici.
Dopo quella del maestro e quella di chi l’ha, sempre indegnamente, citato per l’occasione, ci sono altre proposte?
Conosco solo quella del Garrisi: “da un incrocio tra greco stumpiz, italiano tombare e leccese zumpare”3.
Disorientato dal prodotto bastardo di tre incroci (spicca il presunto greco stumpiz), sono rimasto senza parole, anche se il silenzio a volte è più eloquente di qualsiasi strillo; infatti il post termina qui …
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1 Gerard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d’Otranto), Congedo, Galatina, 1976.
2 Per farla completa ricordo pure che stompu a Specchia indicare quel contenitore, prima di creta poi di legno, in cui si metteva il bambino in fasce; sul tema chi ne abbia interesse può andare al link:
https://www.fondazioneterradotranto.it/2011/11/23/come-ti-sistemo-il-bimbo/
3 Antonio Garrisi, Dizionario leccese-italiano, Capone, Cavallino (Le), 1990.
e con questo verbo me ne vengono altri in mente, trasformati con “isciare” di cui hai già scritto qualche giorno fa: zzappulisciare (zappettare), craulisciare (bruciacchiare), ddiscitare (svegliare), intisciare (screpolare), nannarisciare (addormentare), ndandarisciare (gironzolare), fuffulisciare (sperperare), spulisciare (spappolare), struncunisciare (riempire di botte). La bellezza di questi verbi sta nel sottolineare essi il protrarsi dell’azione
Colgo l’occasione per salutare i presenti!
Quanto a stumpisciare vorrei ricordare il neogreco στουμπίζω allato ai sinonimi στουπίζω, στουπάζω e στουμπανίζω. Risolvere semplicemente la questione assegnadogli la qualifica di iterativo (stumpare + -isciare) mi lascia alquanto perplesso!
Ciao Fabio.
Converrai però sulla differenza dei nostri due verbi “stumpare” e “stumpisciare”. Il primo per es. utilizzato nel pigiare l’uva, quindi sollevando alternativamente gli arti inferiori. Il secondo per es. nello schiacciare un vermiciattolo, in cui l’azione si ripete senza dover sollevare le gambe, ma con la torsione del piede. Differenze forse appena percettibili, ma assai specifiche
Caro Fabio, non credo che le varianti στουμπίζω /στουπίζω/ στουμπανίζω, a differenza dello στουμπώνω del Rohlfs, facciano parte del vocabolario greco attuale, ma sicuramente ne facevano parte nel XIX secolo :
http://books.google.it/books?id=fxILXKVJM8wC&pg=PA551&dq=%CF%83%CF%84%CE%BF%CF%85%CF%80%E1%BD%B7%CE%B6%CF%89&hl=it&sa=X&ei=wnQOUZ3RM-qK4gT-uYGwDg&ved=0CDEQ6AEwAA#v=onepage&q=%CF%83%CF%84%CE%BF%CF%85%CF%80%E1%BD%B7%CE%B6%CF%89&f=false
Ti sono, tuttavia, grato perché proprio στουμπίζω (del quale στουμπανίζω appare un derivato … dobbiamo diffidare?), al di là della commistione, operata nel link segnalato, di questo verbo con τύπτω (battere) e τύμπανον (timpano), credo che corrobori la mia ipotesi. Quanto alla commistione di cui ho parlato prima, ci si guarda bene, oltretutto, dal giustificare il passaggio -υ ->-ου – e, elemento ancor più importante, il sigma iniziale che viene liquidato come un’aggiunta di sapore arcaico (leggo per la prima volta l’aggiunta di un arcaismo ad una voce moderna …) A questo punto dubito che sia mai esistito in neogreco στουπίζω e sospetto che sia stato inventato per gemellarlo ad arte con τύπτω e con τύμπανον (tra l’altro non si è sicuri che quest’ultimo sia connesso col precedente) per cui come τύμπανον deriverebbe dalla radice di τύπτω con l’aggiunta di un infisso nasale (-μ-), così στουμπίζω rispetto a στουπίζω; da στουμπίζω, poi, con aggiunta di un ulteriore infisso (-αν) sarebbe nato στουμπανίζω. Credo che un’indagine su testi neogreci letterari e non del XIX secolo riserverebbe parecchie sorprese …
Grazie, Armando, per i tuoi approfondimenti.