di Giacomo Crippa
L’allievo ufficiale, Piero Pinna, assegnato alla scuola militare di Lecce, nel gennaio 1949 si dichiarò obiettore di coscienza, rifiutando l’addestramento alle armi. L’ascolto di un discorso di Aldo Capitini* lo portò a questa scelta definitiva. Iniziò cosi per il bancario ferrarese una lunga vicenda giudiziaria,dopo due soli casi precedenti chiusi con l’amnistia togliattana e una sospensione della pena.
Il Pinna, trasferito da Lecce ad Avellino come soldato semplice, confermò il suo rifiuto; fu così incarcerato e condannato dal Tribunale Militare di Torino per “disobbedienza continuata a 10 mesi di reclusione con la condizionale”. Nel paese si aprì un lungo dibattito, ne scaturirono interrogazioni parlamentari, proposte di legge per il Servizio Civile, già istituito in America ed Inghilterra, da dove indirizzarono petizioni alle più alte autorità italiane.
Richiamato alle armi reiterò l’obiezione, incappando in nuova condanna, ma reso libero dall’amnistia per l’Anno Santo, Pinna si rifiutò di lasciare il carcere di S.Elmo a Napoli. Assegnato al 9° Reggimento di Fanteria di Bari, grazie alla diagnosi invalidante del medico militare, fu riformato il 12 gennaio 1950.
Nei partiti e la stampa confessionale rimase totale la chiusura con gli stessi toni riscontrabili oggi su altre problematiche.
Con l’aumento consistente del numero dei giovani anche cattolici, l’obiezione di coscienza fu riconosciuta nel 1972 come beneficio, nel ’90 come diritto.
Per quanto riguarda Pinna a giorni l’Università di Pisa gli conferirà la laurea honoris causa in Scienze per la Pace.
Può risuonare una ovvietà, tragica però, ripetere che la conflittualità fra i popoli regredirà solo con l’eliminazione sia degli squilibri interni ed esterni, sia del fiorente mercato delle armi.
*Aldo Capitini, Perugia 23 dicembre 1899 – 19 ottobre 1968) fu filosofo, politico, antifascista, pedagogo. Per primo teorizzò il pensiero non violento al punto di essere soprannominato il Gandhi italiano.