di Floriano Cartanì
Pare che si conosca oramai quasi tutto del genocidio nazista perpetratosi nei confronti degli ebrei nei campi di sterminio. Pur tuttavia è veramente difficile, ancora oggi a distanza di oltre mezzo secolo, riuscire a tacitare la propria coscienza per quanto è stato. Se da un lato le storie riportate dai sopravvissuti si equivalgono in termini di terrore, paura ed odore di morte, dall’altro si è andato sempre più scoprendo, quel raccapriccio dell’anima, quell’annientamento identitario della stessa umanità i quali, oseremmo quasi dire, arrivarono prima di quelli fisici e della stessa morte. Le miriade di vicende e di vite di questi malcapitati, testimoniate soprattutto nel corso dell’ultimo ventennio, sono stati un crescendo.
Solcando questa scia, che dalla vicenda storica prende lo spunto più vitale e fondamentale, si inserisce a pieno titolo ”Il dodicesimo quaderno. Gli 83 giorni di Etty Hillesum ad Auschwitz”, pubblicato dalle edizioni la Meridiana nella collana Passaggi, (pp. 72, Euro 12,00), scritto da Giuseppe Bovo, che ne ha tratto anche un meravoglioso testo teatrale portato in scena col titolo de: “La ragazza Olandese”.
Si tratta di una sorta di testimonianza su Etty Hillesum, fatta rivivere dall’autore attraverso questo libro, che ne rievoca la vicenda drammatica consumatasi in meno di tre mesi ad Auschwitz, dal 9 settembre 1943 fino alla sua morte avvenuta il 30 novembre dello stesso anno.
Circa novanta giorni di vita dall’arrivo nel campo di sterminio, era non la regola ma l’eccezione di questi perseguitati. Infatti solo il 25% di loro, soprattutto uomini sani ed abili al lavoro, una volta scesi dai vagoni prendevano la strada dell’orrore e della sofferenza. Per il restante 75% (quasi tutte donne, bambini, anziani, madri con figli) rimaneva invece appena il tempo strettamente necessario a consumarsi nelle camere a gas. Tra questi ultimi ricedettero anche i genitori di Etty, arrivati con lei nel campo, insieme ad altri 986 ebrei olandesi, provenienti da Westerbork. Per Etty, molto giovane e ritenuta abile al lavoro, si spalancarono invece le porte di Birkenau, succursale femminile di Auschwitz. L’autore, in questo racconto, fa leva su una particolare caratteristica di Etty, che l’aveva accompagnata nei due anni precedenti, nei quali la protagonista aveva raccontato la sua vita in undici quaderni. A questi Giuseppe Bovo aggiunge un inesistente quanto veritiero dodicesimo quaderno, nella cui redazione la penna appare quasi guidata dal cuore più profondo di Etty.
Di certo lei, se avesse potuto e nonostante tutto, in quei fatidici 83 giorni avrebbe sicuramente trascritto le proprie riflessioni giornaliere, come aveva fatto fino ad allora con i suo libretti. Un testo “biografico” e “autobiografico” insieme, come ha avuto modo di commentare lo stesso Giuseppe Bovo che fa dello scritto “un diario e una follia” o “una ricerca e un’ossessione”, se si vuole, che si dipana su questi immensi quanto inesplorati dualismi i quali, nello stesso tempo, respirano un tenace attaccamento alla vita. ”Il dodicesimo quaderno.
Gli 83 giorni di Etty Hillesum ad Auschwitz”, è sicuramente un libro utile da leggere in occasione del Giorno della Memoria per le vittime degli olocausti, non solo in quanto veramente appassionante e lacerante, ma perché riesce a far emergere dalle sue pagine quella sofferenza tanto immane quanto inconcepibile, che ti sconcerta e, allo stesso tempo, quasi ti consola. La linea guida che emerge al di la della trama, è infatti quella densità spiritualità che è un continuo affidarsi principalmente a Dio e in fondo in fondo, anche agli uomini, nella speranza di un mondo migliore. Il libro è corredato anche di una rappresentazione grafica del campo di Birkenau, oltre alla prefazione e postfazione curata da Nadia Neri.