di Rocco Boccadamo
Altro che i politici non c’entrano affatto con il freschissimo botto, anzi bottone, nei conti e nel patrimonio del secolare istituto di credito senese!
In aggiunta al “ricordo” maggiormente evocato, ossia a dire l’acquisizione, a prezzo d’oro, della Banca Antonveneta, vorrei far accenno a un’altra vicenda precedente.
Nel dicembre 1999, ci fu il passaggio della maggioranza azionaria della Banca del Salento (poi Banca 121) dalla famiglia Semeraro di Lecce al Monte dei Paschi di Siena.
Un affaire dai connotati unici, dopo un’iniziale “due diligence” dell’istituto da cedersi e l’individuazione di un primo potenziale acquirente, fu “suggerita” , certamente non dallo Spirito Santo, una seconda perizia, che pervenne alla stima della società sulla base di una cifra praticamente doppia (2500 miliardi di lire) e si scelse, come compratore, giustappunto, il Monte dei Paschi di Siena, da sempre notoriamente “influenzato”dal più importante schieramento partitico di sinistra italiano.
Intorno e a valle di quell’operazione, all’epoca, corsero anche voci di consistenti dazioni e soprattutto, non spicciola dietrologia bensì evento reale, si materializzò la stupefacente ascesa di Vincenzo di Bustis, già Direttore Generale della Banca del Salento (o Banca 121) niente poco di meno che alla carica di Direttore Generale del Monte dei Paschi di Siena, istituto cinquanta volte più importante rispetto all’asset acquisito.
Si disse che l’incredibile scalata di De Bustis rientrava nel pacchetto “chiavi in mano” della compravendita, che, vale la pena sottolinearlo, fece piovere a beneficio degli azionisti cedenti un’immensa, inaspettata fortuna.
Altro che i politici sono estranei alla gestione del M.P.S.!