Era da tempo che meditavo di andarci, ma non c’era mai stata occasione e non ne conoscevo l’ubicazione. Mi era capitato di leggere qualcosa a riguardo, gironzolando tra i miei libri di storia ed arte sulla nostra terra, ma soprattutto ero rimasto affascinato dalla foto di un affresco di un maestoso santo-cavaliere.
Devo dire grazie all’amico Nestore, che informandomi che da li a pochi giorni in quel luogo si sarebbe tenuta la tradizionale focara di S. Antonio Abate, se alla fine mi sono messo in macchina, ci sono arrivato e ho avuto modo di visitare uno dei più bei patrimoni storico-artistici purtroppo non valorizzati del nostro Salento.
La chiesa-cripta di S. Antonio Abate nelle campagne di Nardò, detta anche S. Antonio “di fuori”, per distinguerla dal convento di S. Antonio presente all’interno della città.
Ci si arriva agevolmente se si conosce l’ubicazione visto che, come nelle nostre “migliori” tradizioni, non vi sono indicazioni. Dopo aver lasciato la strada che da Nardò conduce verso la zona industriale e la statale per Lecce si percorre un breve tratto di strada campestre, sino ad incrociare sulla sinistra l’antica masseria Castelli-Arene con la sua bella e turrita torre colombaia.
Dopo qualche decina di metri, accanto ad una casa di campagna si intravede su un pianoro una croce ben piantata in terra.
Nessun altro segno della presenza della cripta. Solo avvicinandosi al luogo, ad un certo punto compare un ampio scavo. E’ l’ingresso della cripta, nelle antiche fonti denominata ‘Santus Antonius de la Gructa’.
La chiesa è scavata nel blocco tufaceo e si accede senza alcun impedimento. Gli antichi monaci hanno infatti scavato dei gradoni che portano verso l’ingresso della cripta, quasi a formare una sorta di vestibolo a cielo aperto che scende per oltre due metri al di sotto del piano della campagna.
Entrare nella cripta è come entrare in grande scrigno che nasconde un tesoro di cui si ignora l’esistenza. Si rimane estasiati dalla bellezza del ciclo pittorico presente su tutte le pareti della cripta. Il tempo e l’incuria hanno posato la loro pesante mano ma la sensazione di incredulità dinanzi a quello che è possibile ammirare, anche ai nostri giorni, è reale e intensa.
Soprattutto è forte il contrasto tra la bellezza della cripta e la brulla campagna che la circonda.
Nei pressi sorge ora una casa, ma immaginiamo come potesse essere lo stato dei luoghi secoli addietro. Silenzio e solo silenzio attorno. E la mano di un monaco che creava il capolavoro.
Il pavimento è regolare ed è in terra battuta. La cripta ha un impianto rettangolare senza alcuna significativa irregolarità nello scavo. Anche il soffitto è tendenzialmente piano, anche se basso.
L’asse liturgico del sito è orientato in direzione Est-Ovest, con altare addossato alla parete orientale. Un gradino-sedile, in parte interrato, corre ai lati dell’altare, lungo la parete a sud e parte di quella opposta. L’ingresso è invece orientato a Nord.
All’interno, muovendosi da sinistra è possibile ammirare l’Annunciazione e ai suoi lati due Santi. Il primo, si ritiene San Francesco, il secondo Sant’Antonio Abate.
La parete successiva è suddivisa in tre riquadri, due laterali e uno centrale posto sopra l’altare. Nel primo riquadro, la Vergine in trono con Bambino. L’affresco centrale è la Crocifissione, anche se ormai poco visibile. Il terzo riquadro è occupato dalla figura di un Cristo benedicente alla greca. Soffermatevi sulla bellezza del viso e dei lineamenti che l’autore ha dato alla figura.
La parete successiva, quella più lunga che si para dinanzi entrando nella cripta, è suddivisa in cinque riquadri. San Pietro, un trittico di Santi anonimi, un Arcangelo e, nuovamente un Santo anonimo. Purtroppo lo stato degli affreschi non consente di risalire all’identità dei Santi a cui gli affreschi sono dedicati. Nell’ultimo riquadro della parete è presente l’affresco di San Nicola.
Nella parete successiva il bellissimo affresco dedicato a due figure di santi a cavallo, San Giorgio e San Demetrio.
Nell’ultima parete, a ridosso dell’ingresso, si trova la figura di San Giovanni Battista.
Il ciclo pittorico si può far risalire tra il XIII inizio e il XIV secolo. Alcuni elementi degli affreschi si ritiene siano stati aggiunti successivamente, quali ad esempio i motivi floreali. Considerando che le iscrizioni visibili sugli affreschi sono in latino, è lecito pensare che tale luogo fosse legata alla liturgia di rito latina e non greco.
E’ molto probabilmente l’unica cripta del medio-basso Salento in cui sono completamente assenti iscrizioni in lingua greca. Ai benedettini, a cui fu donato nel 1080 l’antico monastero greco di santa Maria di Neretum, si deve molto probabilmente la costruzione della cripta come segno, ancora ai tempi embrionale, di questo progressivo passaggio dalla liturgia greca alla liturgia latina. Infatti, nella zona sono diversi i siti che si possono far risalire alla tradizione greco–basiliana. Tra questi San Giovanni di Collemeto, S. Elia e la stessa prima citata Santa Maria de Neretum e diversi altri siti di preghiera.
L’abbandono, l’incuria e il vandalismo hanno già causato nel corso dei secoli molti danni. Il rischio di perdere questo splendido gioiello artistico, testimonianza del nostro passato e della nostra storia, rappresenta purtroppo una concreta realtà e un futuro, ahimè, imminente se le amministrazioni competenti e la proprietà del sito non provvederanno in tempi brevi alla sua salvaguardia e valorizzazione.
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Per una visita virtuale al sito e ai suoi affreschi, nel video sono state montate le foto effettuate durante le mie visite alla cripta.
http://www.youtube.com/watch?v=DqJq5MDd1KY
http://massimonegro.wordpress.com/2011/12/05/nardo-nello-scrigno-di-santantonio-abate/
Massimo, un grazie sincero.
Mi chiedo, quanto tempo ancora deve passare per catalogare, recuperare, vincolare e valorizzare un patrimonio straordinario, che magari non ci darà da mangiare, ma che rimane sempre una grande ricchezza.
Massimo Negro non si fa scrupoli, avendone il tempo, di andare a visitare siti archeologici e artistici salentini semisconosciuti se non addirittura fantasmi. E’ vero, lui ha il senso del bello e del pregiato, ma lo fa soprattutto per noi, gli ‘Ultimi’. Siamo o non siamo gli ultimi a sapere o a voler sapere? Massimo ci risolve il problema e ci fa strada fino a masserie, palazzi, frantoi ipogei e cripte suggestive come per l’appunto questa di S. Antonio Abate nelle campagne di Nardò. Ci piaccia o no. E lui ce lo fa piacere con malìe letterarie e competenti, usando righi capaci di sostituirsi per un attimo ai nostri occhi tanto da darci l’impressione di essere lì. Allora ci guardiamo attorno, dischiudiamo le labbra per la sorpresa e la meraviglia dinanzi a dipinti così belli e resistenti all’umido della terra e dei secoli, ma soprattutto all’indifferenza e all’ignoranza di gente incapace di preservare un tesoro trattandolo con la cura dovuta a un miracolo della nostra storia. A occhi chiusi ci sembra di rievocare nell’immaginazione l’emozionante quiete che ha fertilizzato la creatività di questo artista in saio, Massimo ce ne da’ il suggerimento. E’ vero, siamo fortunati ad aver avuto a servizio della nostra conoscenza non solo il nostro amico Massimo e la Fondazione Terra d’Otranto, ma finanche il monaco autore di simili splendidi affreschi: l’hanno fatto per noi, quelli che fino a qualche minuto fa erano gli ‘Ultimi’ e che ora sono invece i ‘Consapevoli senza scusanti’, con tutta la responsabilità che questo può comportare. Ci auguriamo sia una responsabilità dolce e matura, secondo l’accorto esempio che ce ne danno questi sensibili difensori di tesori oltraggiati, e che al momento opportuno tutti possiamo stendere la mano a proteggere tufi e figure d’un capolavoro che rappresenta i passaggi a colori della nostra vita.