di Emilio Panarese
Il Natale, allora, si sentiva nell’aria e nel cuore, quasi due settimane prima, sin dalla festa dell’Immacolata.
Sin da questa festa – ricordo – io e mio fratello andavamo già raccattando qua e là, negli angoli più remoti della spaziosissima bottega artigiana di mio padre, assicelle di legno e ritagli di compensato di varia forma, e, di soppiatto, occultavamo tutto anche i chiodi, una piccola sega, il martello e le tenaglie in un cantuccio del lungo capannone, dove mesciu Totu Pàssaru se ne stava chino, ore ed ore, diligentemente assorto a verniciare i calessini leggeri come piume.
Bisognava subito darsi da fare, perché in dicembre, nel mese di Natale, i giorni camminano lesti e sono scarsi di luce.
Il presepio grande, che occupava tutta una stanza, quello che nostro padre con quattro colpi di martello magistralmente ci allestiva, quello ricco di pastori alti quanto un braccio, e vivi e parlanti, scintillante di luci e di colori, ci sembrava troppo bello, quasi irreale; noi gli preferivamo quello rustico, fatto con le nostre mani inesperte, sconnesso e traballante e miseruccio, con la sola capanna della nascita, la via tortuosa dei Magi, con le montagne di sprùscini (carbone bruciato) e i pupi de crita, il venditore di fichidindia, la lavandaia, il pastore con le pecore zoppe, il massaru con le ricotte.
Ci attraeva perché era il “nostro” presepio, un presepio fatto di niente, che alle deboli luci di due lumini, con quei rametti di mortella e di ginepro, coi pani di molle muschio, assumeva l’aspetto di un paesaggio vero, l’aspetto delle umili cose godute con trepida gioia.
Stavamo a contemplarlo, specialmente la sera della vigilia, incantati, trasognati nell’ora favolosa della nascita del Bambino, quando con candido, innocente fervore noi si canticchiava giulivi il noto ritornello: «Eccu è nnatu lu Mamminu,/ jancu e rrussu comu milu,/ cu lli rasci de lu sule,/ li dicimu ttre palore…».
Poi di colpo il sogno del viaggio a Betlemme veniva infranto dalla voce della mamma che ci invitava a rientrare, noi riluttanti, in casa… nella casa fragrante di miele e di vaniglia… di fumanti pìttule d’oro e di cartellate cosparse di zucchero e cannella…
In «Tempo d’oggi», II (26), 1975
Segnalo per tutti gli spigolatori interessati ai presepi viventi, che a Neviano è stato allestito un bellissimo presepe vivente in una zona che è una vera e propria riproduzione di Betlemme: il parco croce “Cazzanti”!
Il presepe copre un’area di circe 2 ettari e si snoda per un percorso di circa un chilometro e mezzo. La caratteristica è la posizione: a ridosso del costone della serra, proprio sotto la croce passionista, tra le rocce affioranti e la tipica macchia mediterranea.
Le date sono: 25 e 26 dicembre – 1, 2, e 6 gennaio.
Apertura ore 18,00 circa.
Se riuscirò ad andarci il primo giorno pubblicherò alcune foto… anche per essere più convincente.
Saluti a tutti gli spigolatori… e Buon Natale !