di Rocco Costantino Rizzo
A Spongano resiste la tradizione delle “Panare” e si rinnova ogni 22 dicembre in occasione della festa di Santa Vittoria.
Purtroppo cominciano a venire meno gli esperti della Panara, per cui ci pare utile rammentare come avviene la sua preparazione.
La panara o cista è costituita da vinchi di ulivo e canne tagliate perpendicolarmente, in modo da formare degli intrecci robusti e flessibili. I vinchi di olivo sono necessari per la base della panara, per il telaio e per le impugnature: da essi dipendono la robustezza e la finitura della stessa.
Le panare, trai recipienti più comuni della tradizione contadina, avevano utilizzi diversi in base alla capienza, in base alla quale venivano distinti in panari e panareddhri. Entrambi utilizzati nella raccoltadelle olive, dei pomodori, dei fichi e di altri frutti, i secondi si differenziano per avere un’impugnatura più centrale e più grande.
Ancora più capienti erano invece le panare, utilizzate dal popolo per riporvi il pane e le friselle, al momento della consegna a domicilio dopo la cottura nel forno pubblico. A Spongano esse sono strettamente legate ad una singolare tradizione, che i cittadini rievocano in occasione della festività di Santa Vittoria, il 22 dicembre.
Ma come si realizza una panara?
Se ne sceglie una alquanto capiente, il cui tronco di cono capovolto sia ben definito e più o meno simmetrico. Si fissano perpendicolarmente, ai vertici di un trapezio ideale, circoscritto dalla base maggiore della panara, le quattro barre di legno, le varre.
Ho preso come esempio i vertici di un trapezio e non di un quadrato perché, secondo l’esperienza di Salvatore Bramato, costruttore di panare e governatore del fuoco, le varre che servono per sostenere le palme, sistemate in questo modo, permettono un migliore aspetto frontale ed una maggiore comodità al fuochista, che si pone nella parte posteriore.
Ultimato il lavoro di fissazione delle varre con del filo di ferro, si versa nella panara della sansa spriculata (prodotto ottenuto dalla spremitura a freddo di olive mediante mulinova o sansa a paddhrotte sbriciolata), che serve unicamente per zavorrare la panara e darle una solida base, tale da poter reggere l’intero addobbo (anticamente si usava zavorrare anche con pietre o tronchi di ulivo).
Si inserisce, quindi, al centro, un tubo o un tronco dal diametro di circa 15/20 cm, in modo tale che le paddhrotte di sansa vengano sistemate attorno al tronco sino ad una certa altezza: ciò fatto, si procede alla rimozione del tronco o del tubo. Questa operazione è necessaria per creare una sorta di camera d’aria che consenta una riserva di ossigeno, da sfruttare per favorire in seguito la combustione. Lo spazio lasciato vuoto dal tronco o dal tubo viene coperto alla base con altre paddhrotte di sansa, quindi si inserisce un cestello (cisteddhru o cistarieddhru), realizzato con fil di ferro, che viene utilizzato come braciere per tutto il percorso.
Il cisteddhru è preparato con cura dal nachiru o fuochista, così che abbia la certezza che la panara arrivi indenne: essendo le paddhrotte altamente infiammabili, basta un attimo di distrazione perché prenda fuoco tutta la panara. Il cisteddhru viene comunque occultato sistemandogli intorno altre paddhrotte, che vengono fissate con corde di fìscoli (tappeti circolari di canapa che insieme a dei dischi di acciaio permettono di pressare le olive macinate ed ottenere così l’olio).
A questo punto la panara è pronta per essere piazzata sul mezzo di trasporto (trattore, camion o traìno) e si dà inizio all’addobbo delle quattro palme già fissate. La parte inferiore, generalmente spoglia, viene rivestita con tralci di edera, fiori, ramoscelli d’olivo, e tra le due palme anteriori si colloca l’immaginetta di Santa Vittoria. Quindi si addobbano i rami con bandierine, palle natalizie, luci, fili dorati, mandarini, arance, secondo il gusto di chi la prepara e che ha tutta la libertà di dare sfogo alla sua fantasia per un migliore effetto scenico.
Durante il percorso del corteo occorre prestare massima attenzione a che il fuoco non si spenga ed è per questo che il nachiro prepara delle bende imbevute d’olio o nafta che, una volta accese, sistema nel cisteddhru. Per evitare che le fiamme si propaghino a tutto l’addobbo si è soliti “addomesticarle” bagnando con acqua le paddhrotte poste intorno al braciere o versandovi del tufo inumidito.
A fine percorso, che coincide con il mercato coperto di Spongano, la panara viene tolta dal mezzo di trasporto; il fuochista tira fuori il cisteddhru e con un bastone rompe le paddhrotte che chiudevano la buca della camera d’aria, favorendo così la combustione.
La panara resterà dunque accesa sino al suo lento e completo consumo.