di Cristina Manzo
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente
e hanno destato né suoi tuguri
tutta la buona povera gente
Giovanni Pascoli
Se comandasse lo zampognaro
che scende per il viale,
sai cosa direbbe il giorno di Natale?
“Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d’oro e d’argento” …
Gianni Rodari
Zampognari che suonano per le strade, la novena di natale
Tutte le tradizioni natalizie, nei secoli passati erano molto più suggestive di quelle di oggi. Ce ne accorgiamo leggendo Usi, costumi e feste del popolo pugliese (1930) di Saverio La Sorsa e Folklore garganico (1938) di Giovanni Tancredi, opere fondamentali per gli appassionati di antiche tradizioni popolari pugliesi.
Una di queste tradizioni, la storia degli zampognari, che potremmo quasi definire un mito, è appunto uno di quei fenomeni importantissimi, che purtroppo sembra essere quasi finito nel dimenticatoio.
Figura antichissima, legata indissolubilmente a quella dei pastori e della transumanza. Quando essi portavano al pascolo tutti gli animali, spingendosi a seconda dei periodi, anche molto lontano dalle loro case, era consuetudine infatti che ognuno di loro portasse con sé uno strumento: chi la zampogna, chi la ciaramella, chi l’organetto, chi il tamburello, chi i flauti di canna, e ogni pastorello imparava da quello più grande. Così, durante il riposo, quando gli animali erano giunti al pascolo, tra un sorso di vino e un pezzo di formaggio, si liberava nell’aria un vero concerto musicale dalle note soavi e dolcissime.
La ciaramella e la zampogna, sono gli strumenti più tipicamente pastorali, proprio perché realizzati con la pelle di capra. La zampogna è un aerofono a sacco dotato da 4-5 canne che vengono inserite in un ceppo dove viene legata l’otre. Solo 2 canne sono strumento di canto mentre le altre fanno da bordone (suonano una nota fissa). Le canne terminano con delle ance che possono essere singole o doppie, tradizionalmente realizzati in canna, e recentemente anche in plastica. La sacca di accumulo dell’aria, otre, è realizzata con una intera pelle di capra o di pecora, utricolo, e oggi anche da altri materiali o da una camera d’aria di gomma, nella quale il suonatore immette aria attraverso un insufflatore, cannetta o soffietto, che mette in vibrazione le ance innestate sulle canne melodiche: sempre due, quella destra per la melodia, quella sinistra per l’accompagnamento e nei bordoni detti basso e scantillo.
Esiste una grande varietà nella lunghezza dei diversi tipi di zampogne. Mentre nell’Italia meridionale, l’unità di misura utilizzata per indicare la lunghezza della zampogna è il palmo, nell’Italia centrale la misura e quindi la tonalità, dello strumento, viene indicata in modo alquanto insolito, con un numero (ad es. 25) corrispondente alla lunghezza in centimetri del fuso della ciaramella corrispondente.
Modello di zampogna
Secondo alcune leggende la zampogna sarebbe in qualche modo legata alla figura di Pan; il dio Pan, poggiato su un cane, ha nella mano destra un bastone e nella sinistra il flauto di Pan, cioè la siringa. Il bastone simboleggia tutti gli elementi maschili del cosmo, la siringa tutti quelli femminili. Secondo il nostro storico i sacerdoti del dio Pan hanno, deliberatamente, trasformato il bastone in un bordone di zampogna, la siringa nel chanter con tre fori. Cioè hanno riproposto l’immagine del dio Pan, molto presente nell’iconografia del dio, in chiave musicale, sonora, per poter, attraverso il suono, armonizzare gli elementi maschili del cosmo con quelli femminili.
Che sia uno strumento natalizio deriva dal fatto che il dio Pan, al solstizio di inverno, con la zampogna incoraggiava la rinascita del sole e, in più, dirigeva il caos da lui stesso provocato verso un nuovo ordine cosmico. L’iconografia medievale ben ci informa della diffusione e della varietà morfologica dello strumento. Una leggenda narra che San Francesco abbia inserito per primo una coppia di suonatori di zampogna nel suo Presepe… che da allora sono rimaste figure sempre presenti.
In epoca più vicino a noi troviamo ampie descrizioni della zampogna in Praetorius e Mersenne. Essa fu fonte di ispirazione anche per i musicisti colti e letterati. Una pastorale del Messiah di Handel trae ispirazione da melodie popolari di zampognari (forse gli zampognari ciociari: Haendel soggiornò ad Alvito, a pochissimi chilometri dalla zona da cui ancor oggi provengono moltissimi di questi musicisti). Hector Berlioz ebbe occasione di ascoltarli a Roma e furono d’ispirazione per la “Sèrenade d’un montagnard.” Lo zampognaro, quindi, è il suonatore di zampogna.
Le regioni dove è tradizionalmente presente la zampogna sono: Lazio (province di Frosinone e Latina), Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia.
Con l’arrivo del Natale, in particolare durante il periodo della Novena dell’Immacolata Concezione e del Natale, essi abbandonando temporaneamente il loro lavoro di pastori, scendono a valle nei paesi, o nelle piazze, percorrono le vie cittadine, in abiti tipici, suonando motivi natalizi tradizionali, quali ad esempio “tu scendi dalle stelle di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori,” e, comunque, il loro repertorio comprende sempre pastorali, giaculatorie e storie di Natale. Generalmente gli zampognari suonano in coppia, uno la zampogna vera e propria ed un altro la ciaramella o altri strumenti a fiato e talvolta sono accompagnati anche da donne o bambini, con nacchere, tamburelli e scacciapensieri. Essi sono vestiti con brache corte, giacca di fustagno, ampio mantello, sostituito qualche volta dal pelliccione, berretto di panno, e calze con fiocco e cioce ai piedi.1 Accurata è la descrizione che il Tancredi ci fa del costume tradizionale di questi robusti zampognari dal viso abbronzato:
“cappelli a cono con le fettucce attorcigliate, corpetto di vello di capra, robone bruno (un’ampia veste di drappo pesante aperta dinanzi), camicia aperta sul collo “taurino”, calzoni di velluto marrone o verde abbottonati sotto il ginocchio, calze di lana grossa, lavorate a mano, e cioce che salgono attorno ai polpacci. Il tutto avvolto da un ampio mantellone pesante di lana blu, con due o tre pellegrine (corte mantelline) una sopra l’altra. I due mistici pastori, uno anziano, l’altro molto più giovane, attorniati e seguiti da gruppi di ragazzini festanti, suonavano le loro “allegre novene” innanzi a ogni porta della città; si fermavano dappertutto: davanti alle botteghe, agli angoli delle vie, sulla soglia delle case, dove le famiglie erano raccolte attorno al focolare. Il più vecchio, dai capelli bianchi e dalla barba incolta, suonava la classica zampogna di legno di olivo a tre pive, stringendo l’ampio otre gonfiato fra il braccio destro ed il corpo; il ragazzo imbottava il piffero esile e snello fatto di olivo per metà e di ceraso per l’altra metà con la pivetta di canna marina. Ed entrambi accordavano le caratteristiche nenie in onore della Madonna e di Gesù. Dopo la suonata di ringraziamento, gli zampognari facevano una “scappellata” salutando il capofamiglia con un addio, sor padrò, con l’intesa di rivedersi l’anno successivo. Il suono melanconico, dolce della zampogna ed il trillo stridulo ed allegro del piffero” conclude poeticamente il Tancredi, “ si spandevano per l’aria rigida sotto l’arco limpido del cielo”2
Nel Salento fino agli anni settanta, come in tutto il meridione, quando arrivava il 6 di dicembre e sino alla festa dell’Epifania, gli zampognari giravano ininterrottamente per tutte le strade di Lecce, in particolar mondo nel cuore storico della città, facendo felici soprattutto i bambini, che ascoltando il suono delle loro zampogne, capivano che finalmente stava arrivando il Natale, per loro, la festa più attesa di tutto l’anno. Poi la notte del ventiquattro dicembre e il mattino dopo, si posizionavano all’ingresso delle chiese, dove i cittadini andavano a pregare durante la veglia per la nascita di Gesù, e per la celebrazione della messa natalizia, suonando le loro melodiche nenie. Continuavano la loro performance, fino al giorno dell’epifania.
La loro scomparsa non è stata repentina, ma è avvenuta in modo graduale, prima accorciando i giorni delle loro…serenate durante la novena dicembrina e poi scomparendo dalla città, per restare ancora qualche anno come consuetudine e costume dei paesi.
Oggi, però, chi è legato particolarmente alle tradizioni, perché comprende l’importanza e il valore che esse hanno nella nostra cultura, per cui non dovrebbero assolutamente andare smarrite, può ammirare queste carismatiche figure, nel contesto dei presepi viventi, fenomeno sempre più diffuso, nel Salento, dove si svolge una vera e propria sfida, tra il borgo o il paese che riesce a realizzare quello più suggestivo.
Si entra così in un’atmosfera surreale di magia del Natale, dove lungo il percorso si incontrano, pastori, ciabattini, fabbri, falegnami, pescatori, che svolgendo il loro mestiere, abitano un villaggio magico, lungo un sentiero che tra rocce e ruscelli, porta sino alla grotta di Betlemme, dove giace tra Maria, Giuseppe, il bue e l’asinello, il bambino Gesù, circondato dagli angeli, e dal suono celestiale delle zampogne. Nel Salento ve ne sono alcuni veramente belli, e i visitatori arrivano da ogni luogo. Inoltre, le tradizioni antiche, vengono di continuo recuperate e restaurate, esattamente come è successo con la musica popolare. Questo grazie ad un gruppo, fondato nel 1975 dalla scrittrice Rina Durante, il Canzoniere Grecanico Salentino, che è il più importante gruppo di musica popolare salentina, il primo ad essersi formato in Puglia. L’affascinante dicotomia tra tradizione e modernità caratterizza la musica del CGS: il gruppo è composto dai principali protagonisti dell’attuale scena pugliese, che reinterpretano in chiave moderna le tradizioni della musica passata. Un membro in particolare di questo gruppo, il giovane Giulio Bianco, animato da grande curiosità e passione per gli strumenti a fiato, si dedica ad uno studio meticoloso e costante dei flauti (dritti e traversi), dell’armonica a bocca e della zampogna italiana. L’esigenza di ampliare le possibilità dello strumento lo porta, inoltre, a intraprendere lo studio della zampogna a chiave “Melodica” e della zampogna zoppa, che gli permette il confronto con altri generi musicali, e che gli da l’opportunità, nella riproposta della musica popolare salentina, di usare lo strumento con una sensibilità moderna e personale.3
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1 Natale, storia, racconti, tradizioni. Paoline editoriale libri, 2005, p.98
2 Giovanni Tancredi, Folklore garganico, 1938
3 Giulio Bianco, membro del canzoniere grecanico salentino, il primo e più antico gruppo di musica popolare salentina ad essersi formato in Puglia, più di 35 anni fa.
Ottima informazione cultirale e recupero tradizioni e valori
Grazie Maria Lucia, io penso che le tradizioni, appartenenti ad ogni cultura e ad ogni territorio, siano il nostro più importante patrimonio e, per questo, debbano assolutamente preservare e tramandate.
Gradirei sapere se ci sono zampognari disposti a suonare per le vie di un paese salentino (San Pancrazio Salentino) nei giorni in prossimità del Natale, ovviamente dietro compenso, ma non esagerato, per conto di un’associazione di volontariato. Tanto per creare un atmosfera natalizia , tornando al passato per rendere più bello il presente.
Magari, Marcello, non se ne vedono più in giro. Ieri a Nardò ho visto una banda di babbi natali, mi ci ha fatto ripensare. Ormai la magia del Natale è quasi scomparsa. Esiste solo l’odiosso consumismo.