di Rocco Boccadamo
In talune circostanze e/o inseguendo determinati, particolari temi, si ha la sensazione che la mano esiti nell’impugnare la penna e, più in dettaglio, che il coacervo dei polpastrelli manchi della forza necessaria per tenerne ferma l’asta.
E, però, prodigiosamente e fortunatamente, viene puntualmente a scattare la spinta dell’inchiostro espressivo coagulatosi, per conto suo, nella mente e non solo lì, sino allo scioglimento sotto forma di parole, concetti, righe e pagine.
Fuori di preambolo, ci siamo. In seno all’agenda 2012 ormai prossima all’indice e in correlazione al foglietto del 25 per antonomasia, affiora una sequenza di domande: “Arriverà, anche quest’anno, il Natale? Come si presenterà? Quale sarà l’espressione del volto del Bambinello?”.
Purtroppo, non si tratta d’interrogativi accentuati che traggono origine da mera stravaganza o da incertezza senza fondamento.
Succede, infatti, che l’atmosfera e le scene aleggianti nei dintorni, lungi dalle immagini d’antica tradizione che porgevano, alle menti e ai ricordi, rudimentali presepi, nude grotte e poveri pastori, appaiano costellate da nugoli, quando non veri e propri schieramenti, di pupazzi e pupi, che poco o niente hanno d’innocenza, semplicità e disinteresse, recitando, più che altro, nel ruolo di paladini alla rovescia.
Non palline colorate, non arance ai rami dei verdi abeti, nessuna stella cometa ad illuminare e guidare. All’orizzonte di detti astanti, invece, l’aspirazione a posizioni privilegiate nelle liste, il miraggio di scranni, il sogno di potere e viepiù potere.
In un bailamme eccezionalmente variegato, dove s’improvvisa, si avanza e s’indietreggia, si avverte ansia spasmodica per la tornata elettorale alle porte. Al che, come non augurarsi e sperare che il Bambinello ce la mandi buona? Che il rinnovo del Parlamento e del Governo sia quanto più radicale possibile, racchiudendo, in pari tempo, sane e sagge finalità, in luogo delle solite stucchevoli velleità dai mille reconditi risvolti?
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Alleggerendosi d’abito, lo scrivente osservatore di strada tiene a far notare che, in fondo e volendolo, contrariamente ad ogni apparenza e impressione, può essere sempre tempo buono per la venuta del Bambinello e per il contatto o l’incontro con Lui.
Io, l’ho trovato, seduto giusto accanto a me, qualche giorno addietro, intervenendo a un consesso multietnico per l’ascolto di canti natalizi e di sprazzi di letture varie intonate alla ricorrenza: astanti, di lingua inglese, albanesi, egiziani, arabi e musulmani.
Un substrato di credo comune pur sotto l’insegna di religioni differenti, fra strofe di nenie in idioma arbereshe, versi del Corano, recite di brevi poesie da parte di bambini e giovanissimi, accenni di sermone dalla voce di un pastore protestante, col cappello conclusivo di canti caratteristici eseguiti da una coppia di artisti di strada provenienti dalla Grecìa Salentina.
E mi si è presentato un’altra volta, in una recentissima buia sera, punteggiata a mala pena dalla caduta di nevischio, in un capoluogo della Padania: in macchina, non riuscivo a procedere, ho arrestato il mezzo sulla destra e mi sono diretto a chiedere lumi all’automobilista che mi seguiva immediatamente. Ha stentato ad abbassarsi il finestrino, dopodiché si è delineato alla vista il volto di una giovane donna dalla pelle nerissima, la quale, ad ogni modo, con eccezionale gentilezza e dolcezza mi ha opportunamente indirizzato.
Così raggiunta la meta, ne ho nuovamente scorto le sembianze dalla finestra di una camera al sesto piano, affacciata a pieno schermo sulla bellissima parte alta di quella località, ricoperta di fresca neve: davvero, un gigantesco presepe, eccezionale, unico.
Ne ho, ancora, percepito la presenza e la vicinanza, presenziando alla celebrazione delle nozze di una coppia di giovani familiari, nel cui ambito, fra le invocazioni o intenzioni dei fedeli, ho ascoltato la seguente: “Che gli sposi P. e G., insieme con il loro piccolo (che attendono) eccetera”.
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Nel saloncino della mia abitazione, fa bella mostra un minuscolo presepe in cartapesta, gesso, legno e terracotta, realizzato e donato da un amico artigiano – artista.
Pur diverso nella foggia e preziosità, simboleggia per me la continuità dell’analogo manufatto alla buona che, intorno al 1950, a Marittima, era costruito in casa, con cartone d’imballaggio e qualche cassetta di legno, per opera di mia madre. Neppure una lampadina elettrica ad illuminarlo, ma appena qualche sparuto lumicino di cero o candela, tuttavia vantava una ricchezza o dotazione speciale, conferita proprio da noi ragazzi: tappetini di muschio e frammenti di lichene, cercati e raccolti con pazienza nelle incontaminate campagne di quell’epoca.
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Manca una settimana al Natale e, in tale frattempo, il mio personale proposito, se non di estraniarmi completamente, è di non farmi prendere dai riti dei primi menzionati pupi e pupazzi della cosiddetta “casta”, predisponendomi, da credente, ad accogliere con leggerezza di spirito la Creatura che nascerà nella fredda grotta.
Buon Natale.