di Massimo Vaglio
Il mandorlo (Amygdalus communis L.), è un albero originario dell’Asia occidentale e dei paesi caldi del bacino del Mediterraneo. In Italia, viene coltivato da epoca remota e già i Romani ne avevano selezionate diverse cultivar. E’ molto longevo, potendo superare anche i cento anni d’età e le sue dimensioni variano a seconda della varietà, del clima e della fertilità del suolo. Nel Salento, grazie al clima evidentemente molto congeniale, il mandorlo raggiunge solitamente grandi dimensioni anche in terreni poco profondi e aridi.
Il fiore, è quello caratteristico delle rosacee, dalla colorazione bianco-candida o rosea, la cui fecondazione avviene rigorosamente per via entomofila. La fioritura è assai precoce e varia a seconda dell’ubicazione del mandorleto e delle caratteristiche delle diverse cultivar. Nel Salento, nelle aree litoranee è comune imbattersi in alberi completamente fioriti già ai primi di gennaio, naturalmente queste precoci fioriture limitano di molto, a causa delle gelate, l’allegagione dei frutti come sancito puntualmente in un famoso distico popolare:
Mendule di scinnaru,
non ‘ndi minti intra ‘llù panaru
ossia: dal mandorlo che fiorisce in gennaio non scaturiscono mandorle da porre nel paniere. I contadini salentini, per cercare di limitare il succitato problema, procedevano empiricamente ad impiantare le varietà a fiore rosa perché fioriscono più tardivamente, rispetto a quelle a fiore bianco.
Le cultivar sono molto numerose, gli studiosi ne hanno descritte 400 nella sola Sicilia, mentre per la Puglia il Fanelli ne ha descritte 50, ed elencate circa altre 400. Dal punto di vista dell’utilizzazione, le cultivar possono essere suddivise nei seguenti gruppi:
1) mandorle da tavola fresche.- con guscio molle o semi molle, frutto grosso e a maturazione precoce, vengono raccolte con il mallo ancora verde e devono essere consumate entro qualche giorno.
2) mandorle da tavola secche.- con guscio molle o semi molle, ossia tale da poter essere facilmente rotto con la pressione delle dita nel primo caso e facilmente con lo schiaccianoci nel secondo caso, il seme deve essere unico e grosso.
3) mandorle da dolceria.- fra queste, rientrano anche le cultivar a seme amaro, si utilizza il seme per la preparazione di una grande varietà di dolciumi, sono le più coltivate.
In Puglia e in particolare nel barese sono diffusi impianti specializzati investiti soprattutto con le seguenti cultivar: Pizzuta d’Avola, Santoro, Fragiulio, Montrone, Cristomorto, Occhiorosso, Filippo Ceo, Genco, Tuono, Mollese, Fragile di Terlizzi, Amara Coratina… . Nel Tarantino e nel Salento le cultivar selezionate maggiormente diffuse sono la Rachele e la Cartuccia o Agatuccia, con frutto grosso, rotondo, quasi sempre a due semi che un tempo, per la sua bellezza, veniva anche esportata in alcuni paesi asiatici ove veniva impiegata per fare collane ornamentali.
Le mandorle sono letteralmente ricolme di elementi nutritivi. Hanno una percentuale d’olio che si aggira intorno al 60% quindi sono quindi molto caloriche: un etto fornisce quasi 600 calorie.
Sono ricche di grassi polinsaturi, di proteine, di potassio, calcio, ferro, zinco, vitamina E e B2. Le mandorle contengono anche un po’ di amigdalina, più nota come laetrile, il che le ha procurato una reputazione di alimento anticancro. Bisogna però stare molto attenti a non mangiare mandorle rancide o dal sapore amaro segno della presenza del pericoloso acido prussico.