DA BARI ALLA LAPPONIA: STORIA E LEGGENDA DI BABBO NATALE
di Paolo Vincenti
Uno dei personaggi più popolari dell’immaginario collettivo è sicuramente Babbo Natale, l’allegro e paffuto vecchietto dalla barba bianca che, durante il periodo natalizio, imperversa su giornali, internet, tv, centri commerciali e in tutti i luoghi di aggregazione sociale, dai quali ci sorride immancabilmente il suo faccione rubicondo. Come ormai tutti sapranno, il personaggio storico da cui il Nostro prende le mosse è San Nicola. Il Santo, nato da una ricca famiglia a Patara, in Turchia, nel IV secolo, è molto venerato anche nel Salento. Calato nella vasca per ricevere il battesimo, il piccolo Nicola si reggeva in piedi da solo, congiungeva le manine al petto e pregava. Inoltre, ogni settimana, il mercoledì e il venerdi, giorni di digiuno per i fedeli dei primi secoli, non voleva mai succhiare il latte e si opponeva con gesti e grida alle insistenze della madre Giovanna, che voleva indurlo a poppare. E questi sono solo alcuni dei suoi miracoli.Uomo onestissimo e integerrimo, divenuto vescovo di Myra, partecipò al Concilio di Nicea del 325 per combattere l’eresia di Ario. Così, già in vita, si diffuse la fama della sua magnanimità e della sua santità e, quando morì, le sue spoglie furono deposte a Myra. Molti ambivano di possedere le sue ossa. Nel 1087, un gruppo di mercanti baresi, con alcune navi cariche di frumento, partirono per Antiochia. Da lì, avendo il disegno di impossessarsi delle ossa di Nicola, si diressero a Myra, che si trovava sotto la dominazione dei Turchi. Riuscirono così, anticipando altri mercanti, come i veneziani, che pure avevano di mira il prezioso bottino, a conoscere il luogo dove era depositato il santo sepolcro e, non senza ostacoli e violenze, riuscirono a rompere la pietra del pavimento e scoprire la tomba. Un soave odore di incenso indicò chiaramente che il corpo era trovato. Raggiunsero le navi ma un forte vento impediva loro di fare rotta per l’Occidente e li spingeva verso la città natale di Nicola, Patara, fino a quando non si accorsero che la ragione di tale avventura era che cinque dei marinai, per propria devozione, avevano asportato delle particelle di quel corpo. Questi marinai restituirono quel che avevano sottratto e giurarono di non conservare più alcuna reliquia. La tempesta si calmò e le navi poterono tranquillamente arrivare a destinazione: il 9 maggio 1087 entrarono nel porto di San Giorgio, a 4 miglia da Bari, e il 10 maggio sbarcarono a Bari.
San Nicola divenne il patrono della città e, da Bari, il suo culto si propagò in tutta la Regione e particolarmente nel Salento. Infatti, San Nicola è protettore di Specchia, Aradeo, Corigliano d’Otranto, Maglie, Cursi , Salve, Caprarica di Lecce e Squinzano.
Anche se di tradizione orientale e bizantina, dunque, il culto di questo santo si è molto radicato nel territorio salentino, anche grazie ai numerosi miracoli che a Nicola sono attribuiti.
Al santo si rivolgono le zitelle per trovare marito, recitando questo titterio, “Santu Nicola meu, ci nu me mariti, paternosci te mie nu ne spittare”, al che, secondo la tradizione, il santo rispondeva “Quannu passa la fortuna, pìgghiatila”.
Al Vescovo di Myra, che è il santo della Provvidenza, si rivolgono sia i poveri, per chiedere di aver da mangiare, sia i ricchi, che chiedono di aumentare le proprie fortune.
Una tra le leggende più famose, confermata da Dante nel Purgatorio (XX , 31-33), racconta che San Nicola, commosso dalle preghiere di un nobiluomo impossibilitato a sposare le sue tre figlie, perché caduto in miseria, decise di lanciare per tre notti consecutive, attraverso una finestra sempre aperta del castello, i tre sacchi di monete che avrebbero costituito la dote delle ragazze. La prima e la seconda notte le cose andarono come stabilito, tuttavia la terza notte San Nicola trovò la finestra chiusa.Deciso a mantenere comunque fede al suo proposito, il vecchio dalla lunga barba bianca si arrampicò sui tetti e gettò il sacchetto di monete attraverso il camino, dove erano appese le calze ad asciugare, facendo la felicità del nobiluomo e delle sue figlie.
Con riferimento a questa leggenda, le zitelle salentine che si rivolgono al santo, lo invocano con questa strofetta “Santu Nicola meu, lu protettore, ca cunsulasti le sorelle sule, la Maria, la Marta, la Isidora, cunsula puru mie, Santu Nicola”.
Ma a San Nicola è attribuito anche il protettorato sugli avvocati, sui macellai, sulle vittime degli errori giudiziari, sui marinai e sui raccolti.
Santo amatissimo in tutta Italia, dove ben 1200 chiese sono a lui dedicate, divenuto famoso per la sua generosità in tutto l’Oriente ed anche in Occidente, nel Medioevo, Nicola era proprio il Santo che portava i doni ai bambini buoni, come le leggende dicevano avesse fatto, durante la sua vita, con i bambini poveri.
Nella fantasia popolare, San Nicola regalava cibo alle famiglie meno abbienti, calandoglielo anonimamente attraverso i camini.
Secondo un’altra leggenda, la sua capacità di regalare in abbondanza era dovuta al fatto che il Santo sarebbe venuto in possesso di un oggetto mitico, la cornucopia. In ogni caso, San Nicola divenne ben presto “portatore di doni”, compito eseguito grazie ad un asinello nella notte del 6 dicembre (San Nicola, appunto), mentre nella notte di Natale il felice compito era riservato a Gesù Bambino. Ma presto, Nicola si sovrappose allo stesso Gesù Bambino, e fu lui a consegnare i doni nella notte di Natale.
Il culto di San Nicola si diffuse fin nei paesi nordici e, quando i pionieri olandesi arrivarono in America, portarono con se i propri usi e costumi e le proprie tradizioni, come quella di Sinter Klass, il Santo che portava i doni.
In America, il suo nome divenne “Sancta Klaus” e infine “Santa Claus”.
Gli scrittori e gli artisti trasformarono il vescovo col suo manto e la mitra in una figura con la barba bianca, il manto e il cappuccio.Il cavallo bianco di San Nicola si trasformò in un gregge di renne, forse con riferimento ai paesaggi nordici da cui proveniva il culto di Santa Claus e la sua patria divenne la Lapponia, in mezzo alle nevi del Polo Nord. All’inizio, per la verità, compariva una sola renna, in alcune illustrazioni dei primi dell’Ottocento.
Clement Clarke Moore, nel 1882, scrisse delle favole per bambini su Santa Claus, descritto come un simpatico vecchio che porta i doni attraverso i caminetti e solca i cieli su una magica slitta trainata da renne.
Nel 1860, il vignettista americano Thomas Nast lo disegnava come un uomo con un vestito rosso bordato di pelliccia bianca, cintura di pelle nera e residenza al Polo Nord. Le renne, da una, diventavano otto e ben presto se ne aggiungeva una nona, grazie ai Montgomery Ward, una grande catena di magazzini americani che, nel 1939, decise di donare ai propri clienti una nuova favola per Natale.
Nacque così la renna Rudolph, dal grosso naso rosso.
Sempre negli anni Trenta, Babbo Natale conosceva un grosso rilancio grazie alla pubblicità di una nota bibita, la Coca Cola, i cui creativi accentuarono il colore rosso del suo vestito e resero il suo viso ancora più paffuto e simpatico, ed in questa versione, Santa Claus , in tutto simile al nostro Babbo Natale, è giunto fino a noi oggi.
Bellissimo articolo…davvero complimenti. Potrei sapere dove è collocata la tela d’altare qui inserita e se si conosce l’autore?
La tela si trova a corigliano d’otranto, nella chiesa madre. ;)