DICEMBRE. NATALE SI AVVICINA
di Paolo Vincenti
Il mese di dicembre, dal latino “december” (cioè il “decimo mese” secondo l’antico calendario giuliano), è caratterizzato da innumerevoli feste, che culminano in quella del Natale, tanto da essere definito il “mese santo” per eccellenza. Se le ricorrenze della Madonna Immacolata, 8 dicembre, e di Santa Lucia, 13 dicembre, (ma non dimentichiamo la festa di San Nicola di Myra, il 6 dicembre) sono feste autenticamente cristiane, proprio la festa del Natale può essere considerata una festa paracristiana, poiché affonda le sue radici in un passato pagano che si perde nella notte dei tempi. Si sa, infatti, che la data del 25 dicembre è una data arbitraria, stabilita dalla Chiesa per festeggiare in un fissato giorno la nascita del Cristo. Questa data venne scelta anche per sovrapporsi alla festività pagana del “Natalis Solis Invicti”, cioè il “Natale del Sole Invincibile”, che nella Roma imperiale era festeggiato e molto sentito in tutte le province. Questo culto si era innestato su un culto ancora più antico e proveniente dalla Persia, vale a dire il culto del Dio Mitra, anch’egli “Dio della Luce”, che veniva festeggiato dalla comunità mitraica (molto fiorente fino al III secolo d.C.) il 25 dicembre, dies natalis di questo dio orientale, definito l’Invitto. Alla data del 25 dicembre, inoltre, corrispondeva la festa ebraica della “Hannukah”, ossia la purificazione del Tempio, e questa era chiamata “Festa della Dedicazione” o “Festa delle Luci”. Inoltre, questa data era molto vicina a quella del solstizio d’inverno, che cade il 21 dicembre, e che comporta un cambiamento, una rigenerazione della natura, sia pure ancora impercettibile.
Quale data più appropriata di quella del 25 dicembre, allora, per collocarvi il dies natalis di Colui che ha portato il più grande cambiamento di tutti i tempi sulla Terra, Gesù Cristo, egli sì Nuova Luce e Nuovo Sole che illumina le tenebre del peccato?
Tutte le ricorrenze cristiane, così come quelle pagane dell’antichità, erano legate al ciclo agrario, ai ritmi della terra e della natura, come non poteva che essere nelle comunità primitive, la cui economia era basata quasi esclusivamente sulla agricoltura e sulla pastorizia. Qualsiasi cambiamento atmosferico era salutato dai contadini e dagli allevatori con ansia, con grande apprensione, perché poteva essere nefasto e portare danni al duro lavoro compiuto dai contadini in lunghi mesi di sacrifici.
Chiaro, allora, l’anelito primordiale, il bisogno intimamente sentito, di ingraziarsi le divinità che presiedevano ai cicli stagionali, con preghiere, offerte, sacrifici animali e quant’altro servisse per scongiurare la loro ira e assicurarsi una buona annata agricola.
Il sole era elemento centrale, in questo senso, perché il ritmo delle stagioni scandiva i lavori agricoli. I culti legati alla natura, allora, prevedevano tutti un ciclo di nascita-morte-resurrezione, in cui le varie divinità nascevano (ecco il Natale cristiano), morivano, quasi sempre per uccisione e smembramento (vedi la Passione e Morte di Cristo), e poi rinascevano in una determinata data, celebrata all’inizio della primavera (la Pasqua cristiana).
Quando il Cristianesimo si diffuse in tutto il mondo allora conosciuto, per radicarsi ancora di più nelle varie comunità, prese spunto (o, in alcuni casi, assorbì del tutto) dalle vecchie consuetudini e dai vecchi riti pagani, assimilandoli a sé invece di cercare di cancellarli.
I più grandi cambiamenti nel corso delle stagioni sono dati da quattro momenti topici dell’anno, cioè: l’equinozio d’ autunno, quando viene fatta la semina e i semi vengono sotterrati nella terra, così come, sotto la terra, anche gli animali si rifugiano per il loro letargo invernale; il solstizio d’inverno, fatto coincidere con il Natale, quando il sole riprende il suo ciclo ascendente aumentando di pochissimo le ore di luce (ma sappiamo che bisogna aspettare la Candelora perché si manifesti un reale aumento della luminosità); l’equinozio di primavera, quando, dopo la morte delle divinità, vi era la loro rinascita, che corrisponde al risveglio della natura dopo il torpore invernale, si possono raccogliere i frutti della semina, con l’auspicio che siano buoni, e questo momento è stato fatto coincidere con la Pasqua, la rinascita del Signore Gesù Cristo e la sua ascesa in Cielo; infine, il solstizio d’estate, il giorno in cui le ore di luce sono al massimo ed inizia da questo momento la parabola discendente del sole e che è stato fatto coincidere con la festa di San Giovanni Battista, il quale, in riferimento all’Avvento del Signore ( nel calendario cristiano ricordiamo che proprio l’Avvento, dal latino adventus, cioè “venuta”, dà inizio, quattro settimane prima del 25 dicembre, all’anno liturgico, ossia alla preparazione al grande evento della nascita del Bambin Gesù), disse “Bisogna che Egli cresca e che io decada” (Vangelo di Giovanni, 3, 30), simboleggiando così perfettamente l’inizio della fase discendente del Sole, corrispondente a quella del Battista, in virtù della fase ascendente, corrispondente a quella di Gesù Cristo.
Ma facciamo un passo indietro per soffermarci anche su quella lunga fase di preparazione alla ricorrenza del Natale, che comincia proprio con la festa, l’8 dicembre, della Madonna Immacolata. Tradizionalmente il giorno dell’Immacolata è destinato al digiuno penitenziale. Questo digiuno, in passato, doveva durare dalla mattina alla sera, mentre oggi esso viene fatto durare fino a mezzogiorno, quando si possono gustare le pucce. Questa specialità nostrana ben si sposa con il concetto di sacrificio e di purificazione del corpo e dell’anima nel giorno dell’Immacolata. Infatti, la puccia, cibo povero, anzi poverissimo, è simbolo di purezza e di verginità, come quella della Madonna Immacolata, ed anche gli ingredienti con cui viene farcita, a cominciare dalle ulive ancora acerbe e dal forte sapore aspro, rimandano alla semplicità e alla povertà di un pasto frugale come deve essere quello dell’8 dicembre. La sera, poi, si possono mangiare le pittule, altra tipica specialità nostrana, secondo il detto “Te la Mmaculata la prima pittulata”: la festa dell’Immacolata, cioè, porta con sé il primo assaggio di queste specialità salentine, tanto che, come informa Rossella Barletta ( “Natale nel Salento”, Guitar Edizioni 2003) in alcuni comuni, come Galatone, la Madonna Immacolata viene confidenzialmente chiamata dal popolo “Madonna delle Pittule”. Il dogma dell’Immacolata venne definito dal Papa Pio IX nel 1854. In realtà, il Dogma dell’Immacolata Concezione, che indica il concepimento di Maria nel grembo di Sant’Anna, sollevò una disputa fra maculisti, ossia coloro che sostenevano che Maria fosse stata concepita col peccato originale, e immaculisti, secondo i quali la Vergine era stata concepita, appunto, “senza macchia”. Prevalse quest’ultima dottrina, tanto che nel 1708 la solennità dell’Immacolata divenne festa di precetto per tutta la Chiesa. L’8 dicembre 1854, come dicevamo, Papa Pio IX, con l’enciclica “Ineffabilis Deus” proclamò solennemente il dogma dell’Immacolata.
Nella Diocesi Ugento-Santa Maria di Leuca, come afferma Francesco Ferini, in “L’Arciconfraternita dell’Immacolata di Gagliano Del Capo” (Gagliano 2003), numerose confraternite sono state erette nella prima metà del XVIII secolo, Ma vi sono regole ancora più antiche, come quella dell’Immacolata di Tutino, che risale al 1649. A Cutrofiano, nella bellissima chiesa dedicata alla Vergine, la Congrega dell’Immacolata, riconosciuta nel 1768 da Ferdinando IV di Borbone, viene celebrata la Santa Messa, durante la quale il parroco benedice e distribuisce le pucce ai fedeli. La statua della Vergine, del 1764, in legno veneziano, viene portata in processione per le strade del paese, accompagnata dalla musica bandistica.
Anche a Parabita è molto forte la devozione per la Madonna Immacolata, la cui festa viene preparata già a novembre con i sabati di preghiera organizzati dalla Confraternita dell’Immacolata: ogni sabato mattina viene celebrata la Messa, alle 7.30, fino all’8 dicembre. Così anche a Carmiano e a Castrì di Lecce, dove si tiene una importante fiera il giorno della Madonna. Questa Fiera è nata nel 1843 per volere della Congrega dell’Immacolata, diventata poi Confraternita nel 1937. Partendo dalla Chiesa di San Vito, viene portata la statua della Madonna sulle spalle dei fedeli in processione, per le strade del paese, fra la musica della banda e lo scoppio di tronetti e petardi in segno di giubilo. Dopo la celebrazione, la statua viene riportata nella chiesetta di Via Vittorio Emanuele dove è custodita nel corso dell’anno.
La Madonna Immacolata viene festeggiata anche nei comuni di Nardò, Gallipoli e Melpignano.
La Confraternita dell’Immacolata e san Nicolò di Tutino citata in questo saggio risulta essere tra i più antichi sodalizi di Terra d’Otranto . Ben degno di nota la segnalazione di un ciclo pittorico unico in Puglia sulle ultime ventiquattro ore della Passione di Cristo ultimamente restaurato nella Chiesa di San Gaetano sede della Confraternita.Molto interessante anche la storia dell’arrivo in paese della bellissima statua lignea dell’Immacolata, settecentesca di scuola napoletana, commissionata dalla stessa Congregazione e prelevata dal porto di Gallipoli e trasportata a spalle fino a Tutino.