Quanto è bella, Lecce!
di Rocco Boccadamo
Non nasce, il presente titolo, ad imitazione di canzoni di moda di qualche decennio fa, esso ha, bensì, origine dall’esclamazione/esternazione spontanea dell’amico di passeggiata in questa serata: un leccese doc, il quale ha trascorso l’intera esistenza a contatto degli angoli e, perciò, conoscendo come nessun’ altro il luogo, la città.
Eppure, egli è ancora pazzamente innamorato dell’aria, del volto della capitale del barocco, tanto da essere indotto a una dichiarazione d’amore un po’ speciale, giustappunto “quanto è bella Lecce”, paragonabile soltanto al modo di dire di un coniuge all’altro, insieme da cinquanta o sessanta anni con altrettanti calendari di albe e di notti a contatto di respiro, “quanto è bella la mia compagna (o compagno) di vita”.
E’ d’uopo una premessa, una piccola premessa, banale solo all’apparenza. Si parte dall’idea, di due coppie, di mangiare una pizza, semplicemente per stare insieme, per parlare e, quindi, ci si incontra in un locale del centro, dove si ha modo di assaporare la comunissima specialità tipicamente italiana, rivelatasi peraltro ottima, preceduta appena da uno stuzzichino paesano.
Forchetta e coltello sono veloci, particolarmente lesti nella circostanza, quasi che rechino dentro una molla, una spinta, non passa neppure mezzora, tre quarti d’ora da quando ci si è seduti e prevale l’idea di sbrigarsi, farsi portare il conto e uscire, girare un po’ per Lecce.
La serata è mite, leggermente umida ma gradevole, una temperatura insolita per il periodo, il primo sguardo intorno, uscendo dal locale, è per una ampia piazza, un luogo importante del tessuto urbano, racchiudente anche vestigia antiche, che da tempo immemorabile aspetta d’essere sistemata, rimessa a nuovo, esposta in pieno nella la sua bellezza. Esistono già progetti pronti, ma, naturalmente, la burocrazia non è mai troppa in questo paese.
Le scivoliamo lentamente accanto e, poi, l’abbraccio con le mura possenti del castello Carlo V, a dir la verità da poco sistemato, oggetto di restauro e che, quindi, si presenta nello splendore che gli è proprio. Pochi passi ancora e ci si tuffa in quello che è definito il cuore per antonomasia della capitale del barocco, ossia Piazza S. Oronzo.
Nell’area dell’anfiteatro sono già state allestite le casette di pietra o pajare per il tradizionale presepe di Natale, erette sebbene non ancora completamente pronte, l’inaugurazione avverrà qualche giorno prima del 25, ma, sin d’adesso, affacciandosi e osservando,è come se si anticipasse e si vivesse l’avvento della santa notte.
Piazza S. Oronzo, è recentemente ritornata custode di un gioiello luccicante, di una sorta di bellezza unica per conto suo: il preclaro monumento barocco del Sedile è uno splendore d’argento fra cristalli e luci particolari, con elementi architettonici rimessi a nuova vita e a regola d’arte, medaglioni nella classica pietra leccese che s’affacciano ammalianti agli occhi del passante, come del visitatore o dell’esperto, a guisa di opere autenticamente mirabili.
Secondo gli usi e costumi dominanti, ogni settore della società moderna vuole spazio, la sua parte e, di qui, in Piazza S. Oronzo, sono stati allestiti, per il periodo natalizio, una serie di padiglioni in materiali moderni, al cui interno si espletano attività commerciali, sia pure nobilitate, in questo caso, con l’etichetta di sagra o fiera dei pupi, ossia a dire delle statuine tipiche dei presepi domestici.
Si nota parecchia gente fra i banchi di vendita, il che fa prevalere il senso e il clima del commercio, l’aria degli affari, connotati non proprio in linea con la bellezza della location.
Al contrario, un’idea apprezzabile può definirsi quella delle piccole tende allestite lungo il perimetro del Palazzo di Città o Palazzo Carafa. Sono ambiti composti, che non stonano; in aggiunta ad essi, da quest’anno per la prima volta, sulle pareti del medesimo Palazzo Carafa, sono stati appoggiati, addirittura sembrano inseriti dentro i conci, modelli di stelle, evidentemente sempre in omaggio al prossimo Natale.
E’ naturale che, come fanno tutti i leccesi e non solo, da Piazza S. Oronzo si passi in una delle vie dell’eleganza cittadina, Vittorio Emanuele. Oltre a veder affacciati lungo i suoi lati eleganti negozi e vetrine di classe, tale arteria è diventata il primo tratto del centro storico cittadino dove si estrinseca, ogni giorno e in tutte le stagioni, il rito, l’abitudine, l’usanza del sedersi all’aperto, del bere o mangiare qualcosa ai tavoli appositamente allestiti, non un aperto qualsiasi, uno stare fuori qualunque, bensì in angoli rivestiti di particolare attrazione, contenuto e significato.
Un esempio degno di apprezzamento, fra le iniziative di tale tipo, è dato da una rinomata libreria, i cui titolari, con saggezza e lungimiranza, hanno deciso di abbinare alla vivissima attività a sfondo culturale e didattico, imperniata su un vasto catalogo e una ricca dotazione di opere scolastiche, d’arte e scrittorie in genere, anche l’attività d’intrattenimento, attraverso una bella infilata, per un’intera piazzetta, di tavolini e sedie all’esterno.
L’esercizio citato è solo il primo tassello, giacché da lì, partendo da una parete della chiesa di S. Irene e poi a seguire, uno dietro l’altro, si trova tutta una serie di similari angoli di intrattenimento, di sosta, non soltanto dei giovani: vi si consumano gli alimenti o bevande o ingredienti più disparati, da tutti gli avventori traspare il piacere di fare questo in questo modo, fidanzati, amici, gruppi familiari, nugoli di turisti, finanche persone del posto, di una certa età, le quali, la sera, abdicano al desco ordinario in casa per uscire e mangiare qualcosa fuori.
Ciascuno di detti angoli si differenzia dagli altri, non si nota una catena di montaggio, ma la personalizzazione distintiva dei vari posti dove sostare.
Da via Vittorio Emanuele è d’obbligo la svolta a sinistra per accedere al cuore dell’arte leccese, Piazza Duomo.
Se Piazza S. Oronzo è il cuore della tradizione, l’epicentro dell’arte nel capoluogo è, appunto, Piazza Duomo: si può ragguagliare a un nido, un concentrato di bellezze, gli occhi si appagano, si saziano, s’illuminano nel passare in rassegna gli edifici che fanno da contorno e da perimetro a questo sito.
Seminario, i due ingressi della chiesa cattedrale, gli altri edifici, i negozi artigiani, la sede dell’Archivio Diocesano, l’insieme dà l’idea di uno scrigno di gioielli. Non occorre necessariamente che si sia esperti o addetti ai lavori, anche gli animi semplici, i volti e gli sguardi di chiunque, dai bambini ai nonni, ne traggono gioioso godimento.
Stasera, in Piazza Duomo, si registra una presenza in più, sottoforma di svettante albero di Natale realizzato con piccole luci di colore dorato, a sagoma di abete snello. Invero, l’aver sostituto il naturale verde dei suoi rami con fianchi di minuscole lampadine dorate lo rende più caldo, meglio in sintonia con i contorni dell’ambiente: in definitiva, va giudicato opportuno, discreto e composto, l’intervento di chi ha voluto realizzare il simbolico abbellimento.
E però, in questa serata, la preziosità d‘eccellenza e fantastica, fermandosi in Piazza Duomo, consiste nel poter godere della visione di un binomio, una coppia di meraviglie, che, senza tema d’esagerare, è dato di definire uniche e in certo senso irripetibili.
V’è l’elevatissimo campanile, naturalmente illuminato nelle sue arcate progressive sino alla sommità, che sembra ergersi al pari di una scala per accedere oltre la volta azzurra o, di notte, blu scura e, appena a ponente, a sormontarne la cima, trovasi affacciato il volto pressoché tondo, placido, luminoso, se non sorridente inequivocabilmente sereno, della luna.
Ecco, la luna, rispetto alla configurazione assegnata al campanile, si pone nel ruolo di un’ulteriore passerella per arrivare proprio al cospetto di Chi tutto ha ideato e creato.
Bastano sparuti attimi per essere presi appieno dalla magia della descritta eccezionale contingenza, di questo insieme fuori del comune, campanile del duomo e luna: la sequenza conferisce l’immagine di voci che parlano alle coscienze, alle menti e ai cuori degli umani, si traduce in fiore all’occhiello di questa città bella, realtà che affascina tutti, non cessa di piacere a chi vi è nato e in pari tempo non manca di catturare l’apprezzamento, la gioia di circolarvi, da parte di quanti arrivano da ogni parte, da ogni altra realtà, magari non meno bella e interessante, Lecce è unica, è ineguagliabile.
Le bellezze e gli angoli sfiorati e scrutati nell’odierna passeggiata serotina, sono ovviamente una piccola parte del patrimonio artistico di Lecce, per completare la rassegna occorrerebbero giri e osservazioni ben più prolungati.
Fra le sensazioni della camminata in compagnia della coppia di amici, un altro aspetto colpisce: la presenza consistente, considerevole di gente in giro, nonostante si sia in dicembre, nonostante, come detto all’inizio, che vada calando e penetri una spanna d’umidità, le strade sono affollate, le piazze e piazzette pullulano, pullulano letteralmente di adulti, ma specialmente di giovani, ragazzi, ragazze.
Di tutti i tipi, figure le più variegate, dissimili e, nondimeno, aventi in comune il piacere di vivere, non ci può essere esitazione, in altri termini, a definire questo popolo della sera, l’affollato popolo della sera, anch’esso come una serie di monumenti, parimenti degni d’attenzione, anzi di particolare attenzione, trattandosi di monumenti in carne e ossa, viventi.
E’ bello soffermarsi su qualche viso, sul modo di abbigliarsi di determinate figure, magari giovanissime e che però denotano, alla luce di minuscoli particolari, i segni di personalità non vuote, bensì piene, specchio di animi e interiorità pieni, è in fondo appagante constatare come molti di questi ragazzi siano portati a distinguersi, ad essere loro e basta, la predisposizione o il desiderio in tal senso promettono bene riguardo al divenire, alla vita da adulti dei giovani protagonisti in discorso.
Lungo innumerevoli pub, locali, ritrovi, banconi di mescita, Lecce si rivela viva e attiva come non mai, in questo modo il quadrante dell’orologio in cui si vive va ad estendersi, non più atti da svolgersi canonicamente sotto la luce del sole e basta, sono belle, piene e intense anche le sere: quelle come l’odierna, hanno poi un sapore del tutto indicativo, segnando la vigilia di una festa, di una venuta.
Purtroppo, a Lecce, come dovunque, attualmente non ci sono solo svaghi, volti belli, consolatori, promettenti, si annidano anche difficoltà, disagi, carenza di lavoro, problemi di persone, di istituzioni, problemi finanziari in particolare.
Anzi, riguardo a questi lacci e fardelli, la vita responsabile c’impone di essere sensibili, equilibrati e vigili a tempo pieno nel corso della nostra quotidianità. Rispetto a tale doveroso vincolo, un piccolo strappo, una deroga, resti separata la rievocazione di una breve passeggiata di piacere, di piacere autentico attraverso Lecce e fra le sue bellezze.
Stupendo… peccato ricadere nella realtà alla fine dell’articolo!