di Marcello Gaballo
Tra le sorprese che la cattedrale di Nardò riserva possono senz’altro comprendersi i numerosi affreschi, per lo più quattrocenteschi, alloggiati sulle semicolonne e sulle facce dei due ordini di pilastri a base rettangolare della navata centrale, oltre che sulle pareti laterali delle due navate.
Tutti di buon livello qualitativo, qualcuno anche ottimo, sono stati descritti in più riprese dal De Giorgi, dalla Gelao e da Micali. In occasione dell’Anno Santo Giubilare del 2000, in una pubblicazione su Cesare Maccari e sui dipinti della cattedrale neritina, ebbi modo di trattarne anche io, integrando con ricerche archivistiche e notizie inedite desunte da protocolli notarili.
Da quel lavoro estrapolo gli affreschi che ritraggono il santo di Myra, ben tre, riproponendoli in occasione della festività che ricordiamo oggi in questo spazio.
Cominciamo dal primo, che si osserva sul secondo pilastro della navata sinistra (per chi entra), presumibilmente della fine del XIV secolo-inizi XV. E’ allocato sul lato settentrionale e lo ridenominai San Nicola tra Gesù e la Vergine. Ridipinto a tempera dopo la metà del XV secolo, il santo appare benedicente more graecorum, secondo lo schema bizantino. Ritratto frontalmente e a figura intera, veste tunica bianca, felonion rosso, omoforion bianco nerocrociato e tiene nella mano sinistra un Vangelo decorato con gemme. Appeso alla vita si intravede parte del fazzoletto (epigonation). In alto, a sinistra, la Madre di Dio porge il pallio, mentre all’ opposto il Cristo, anch’ esso a figura intera, porge al santo il Vangelo.
Le iniziali latine sono scritte in caratteri gotici; nel terzo inferiore sono graffite diverse iscrizioni greche ed ebraiche. Inquadra il tutto una cornice di color corallo, complementare all’ azzurro dello sfondo. Misura m. 2,48×0,80 e lo stato di conservazione è discreto.
Sul terzo pilastro, sempre della navata sinistra, è ritratto ancora un San Nicola, anche questo, come il precedente, della fine del secolo XIII, ridipinto a tempera nel secolo successivo.
La pittura è la meglio conservata rispetto alle altre del medesimo pilastro. Ritrae il santo frontalmente, a figura intera, inquadrato in un arco trilobato, in piedi sullo sfondo azzurro, con camice bianco e piviale (felonion)[1] rosso, stola (omoforion) nerocrociata, guanti bianchi, con la mano sinistra impugnante il pastorale. La testa è circondata da un’aureola raggiata gialla, mentre nella parte superiore, all’altezza della spalla, si legge il nome del Santo (NICOLAUS) e si ripete uno stemma nobiliare, rovinato in più punti e con parte degli smalti originari mutati nelle ridipinture[2].
Anticamente dotata di altare proprio, la cappella era sub titulo di S. Nicola il dipinto era alloggiato sempre nella navata sinistra, ma in luogo diverso dall’attuale.
Poco distante, in corrispondenza della base del campanile, vi è il trittico, recentemente restaurato, con S. Maria Maddalena orante, la Beata Vergine col Bambino e un terzo affresco con S. Nicola. Quest’ ultimo, in posizione frontale assisa, su sfondo scuro, benedicente alla greca, è vestito con camice bianco e solito felonion rosso, omoforion e guanti bianchi, sostenente con la mano sinistra un libro, poggiato sul ginocchio sinistro, su cui si legge Ecce sa/ cerdos/ magnus/ qui in di/ ebus su/ is placuit/ Deo et/ inventus.
Il volto è incorniciato dai capelli bianchi e dalla barba corta a riccioli. L’ affresco, di m. 2×0,80, è incorniciato da una banda gialla dipinta e mostra diverse scrostature, graffiti ed incisioni.
La ricchezza, di quell’incredibile scrigno di preziosità che si sta rivelando, la Cattedrale di Nardò, si trova anche in queste interessanti “variazioni sul tema”. Infatti dopo il San Nicola ci sono le splendide altre tre varianti del San Bernardino da Siena. In tre età diverse, viene raffigurato uno degli infaticabili, rispettati e autorevoli, oratori più importanti della storia del Cristianesimo e dell’arte. Molto giovane sul pergamo (pulpito) ad opera della scuola del Solimena (mezzo busto), più maturo nel quadro dell’Olivieri, del “S. Giovanni evangelista (per intero) che appare a San Bernardino” e anziano (secondo la precisa iconografia diffusa e riconosciuta) nell’affresco che lo ricorda (per intero) mentre predica al popolo neritino. Le zone di approdo, come in effetti, è tutto il Salento, vanno intese come punti di accumulazione di enorme ricchezza culturale e di sovrapposizioni stilistiche, comprese le variazioni delle raffigurazioni dei personaggi, per come sono intesi dalla storia, col passare del tempo. E queste analisi lo confermano sempre più. Naturalmente auspico una concreta opera di ri-aggiornamento delle strategie di ricerca che limitino l’omologante termine “barocco”, con il quale sono ancora coperte ancora molte opere. Dalla guglia di Soleto alla facciata di S. Domenico di Nardò, fino al portale del castello di Copertino. Partire dunque dall’originario flusso di trattati militari per la costruzione di fortezze le cui merlature, case matte, muri di cortina, spalti, caditoie, archi d’accesso o i ‘tori’, cinsero, decorarono e allestirono, ingentilendoli, i palazzi, le chiese, i monumenti e le piazze (Cesare Cesariano, Francesco di Giorgio, ecc …), per arrivare a comprendere maggiormente la nostra storia.