di Rocco Boccadamo
Si va da un pezzo sostenendo che il dolce e gradevole clima del nostro Bel Paese si sia imbarbarito, che non esistano più stagioni intermedie, che abbia preso corpo un vero e proprio processo di tropicalizzazione delle caratteristiche atmosferiche e così via, ascrivendo l’insieme degli stravolgimenti al cosiddetto «effetto serra» e a una serie di altri fenomeni fisici.
Però, non v’è dubbio che, alle cause anzi esposte, metta conto di aggiungere tutta una serie di comportamenti dell‘uomo e i riflessi dei nuovi modelli di vita dell’uomo medesimo: l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, dei mari, dei fiumi, del cielo. Riconoscere, in fondo, che il guasto, o, in questo caso, degrado, ha finito col penetrare anche nelle nostre menti, che, al giorno d’oggi, si presentano più che altro pervase e dominate da mode egoistiche, egocentriche e goderecce, da emulazioni tout court, dalla confusione perenne tra valori e non valori.
Altro che!
Come è possibile approvare o peggio ancora seguire il diffuso vezzo del cellulare incollato all’orecchio finanche in chiesa? Come si fa ad accettare la tendenza, purtroppo stratificata non solamente da noi ma in tutti i paesi cosiddetti evoluti, ad allungare a dismisura la parentesi prenatalizia, con la tipica atmosfera di luci, addobbi, panettoni e robe del genere che, in taluni ambiti, viene provocatoriamente creata sin dal giorno della Commemorazione dei Defunti? Che roba è questa?
Che senso contiene, salvo la spinta fortissima delle false sirene dei pubblicitari e del sistema commerciale in genere, miranti solo a preparare, presentare e proporre a iosa listini di prodotti, merci, articoli e servizi mirabolanti, diversi dei quali quasi mai utili e più che altro voluttuari e illusori?
Se ci soffermassimo sulla verità vera di certe messe in scena, anziché gioire con la vista e con i pensieri, ci accorgeremmo di provare imbarazzo, se non addirittura disappunto e avversione.
Così come è avvenuto per le stagioni del calendario, oramai sono finite sotto terra le festività e le ricorrenze religiose intermedie, «minori» per definizione, ma, certamente, non di secondo piano dal lato del loro tradizionale significato di costume, di fede e di credo.
Per stare su questo ragionamento, viene in mente l’imminente celebrazione dell’Immacolata, l’otto dicembre: almeno per i cattolici, trattasi da sempre di una grande, bella e cara festa, con i suoi riti e le usanze tipiche, già dalla veglia o vigilia, consistenti in riunioni in famiglia o fra amici e in determinati menù. Ora, perché lasciare annegare questa plurisecolare festa nella pagana kermesse commerciale – per di più, in pieno, anticipato e allargato svolgimento del Natale?
Ciò è, a mio avviso, sbagliato, non ha alcun significato valido, se non le finalità connesse con gli ingordi interessi, sopra richiamati, dei potenti operatori pubblicitari e del terziario.
Varrebbe invece la pena di ricordare (ovviamente solo per i cattolici) anche l’antico sentire della Novena dell’Immacolata. Che bella abitudine! Proprio una sana e buona devozione.
Giacché, sovente, la vita arida, fredda e fuggitiva non appaga affatto: non basta correre, arrampicarsi, sbattere, agitarsi; v’è, al contrario, bisogno di pensare, di guardarsi dentro, di riappropriarsi con la mente e con la coscienza, per quanto più possibile, di quelle vecchie usanze che, sottosotto, ci conferivano una solida educazione e ci aiutavano a crescere obiettivi e rispettosi. E, comunque, non lasciamoci fuorviare dall’effimero o da ciò che appare e nulla più.
A Milano, nella «frivola», materialistica e laicissima Milano, c’è ancora in calendario la solenne celebrazione della «Novena dell’Immacolata in Duomo», iniziativa annunciata e divulgata con tanto di locandine pendenti in tutte le vetture della rete metropolitana: questa sì, una positiva invenzione di pubblicità.
Fino a qualche anno addietro, allorquando abitavo da quelle parti, ho potuto fare un’esperienza diretta, lasciandomi cioè prendere, con entusiasmo, dal richiamo in questione. E così, anticipando di una mezz’oretta la fine dell’attività lavorativa e differendo di un’altra mezz’oretta il rientro a casa, mi recavo anch’io in Duomo.
Che spettacolo vedere la grande cattedrale ambrosiana ricolma di fedeli, gente di ogni età, soprattutto giovani, e di ogni ceto e condizione, dai meno abbienti agli imprenditori e/o finanzieri di fama.
Le brevi parentesi di raccoglimento partecipativo si rivelavano pregne di arricchimento per la coscienza e il cuore, al punto che, uscendo per strada e ritornando alla normale vita, avvertivo dentro come un cambiamento migliorativo, mi sentivo capace di muovere passi più leggeri, sulle scorze e sulle ruvidezze del mio carattere e della quotidianità in genere.
Perché, dunque, invece di porsi a catena e in coda dietro ai richiami degli addobbi natalizi oltremodo anticipati, non accostarsi e ritornare a questo genere di tradizioni, facendo in modo che la Novena dell’Immacolata in Duomo a Milano si estenda all’improvviso e prodigiosamente a tutti i luoghi di culto, grandi e piccoli, in ogni dove?
E’ solo utopia, oppure, al contrario, sarebbe bene e utile pensarci su un attimo? Nel mio piccolo e nella mia singola interiorità ho deciso di tornare a rivivere la preparazione alla festività dell’Immacolata: a Lecce, una funzione suggestiva e ben mirata ha luogo nella piccola chiesa di S. Maria della Grazia in Piazza S. Oronzo.
Tanto, per me, le luminarie e gli acquisti di doni possono attendere.
Ben detto! Buona e sentita novena!