di Rocco Boccadamo
Di primo acchito, può suonare come accostamento irriverente nei confronti dei due illustri Professori che, nelle rispettive funzioni di Presidente del Consiglio e di Ministro dell’Economia, si trovano, al momento, insediati a Roma.
In realtà, invece, il termine di paragone identificato negli amministratori locali del capoluogo salentino, Paolo Perrone e Attilio Monosi, nell’ordine, Sindaco e Assessore al Bilancio e ai Tributi, conterrebbe addirittura un valore aggiunto, quanto a capacità operativa e a risultati, a vantaggio dei secondi rispetto alle due figure chiave del Governo nazionale.
I predetti, infatti, si rivelano abilissimi come nessun altro, eccezionali raschiatori del fondo del barile, o meglio delle tasche dei contribuenti, giacché, ultimi traguardi raggiunti, sono stati capaci di:
– elevare l’aliquota base dell’IMU da 0,76 a 1,06 (e passi);
– porre in atto, tramite e d’intesa con l’Agenzia del Territorio, un vistoso aumento delle rendite catastali – dove il 40%, dove il 20% in più – che concerne la quasi totalità degli immobili di proprietà di privati nel territorio di Lecce; tale variazione nella percentuale minima (+ 20%), immaginando una rendita catastale originaria di 1000, si tradurrà in un incremento dell’Imu da 672 a 806 euro se prima casa e da 1781 a 2137 euro nell’ipotesi di altri immobili.
Verrebbe spontanea, la domanda: “Operazioni, specialmente la seconda, da geni?”.
Quando mai! Purtroppo, qui, taluni pensano che Perrone e Monosi, a prescindere dai tagli – che toccano tutte le amministrazioni locali – nei trasferimenti dal Governo centrale, non siano adeguatamente all’altezza di gestire la città. Si fa acqua qua e là nell’ambito della cosa pubblica, sia a livello diretto di Comune, sia e soprattutto riguardo alle società controllate e/o partecipate.
Ultime di cronaca:
– mazzette per le sepolture, per opera di dipendenti della Lupiae Servizi;
– il Comune non ha i soldi per realizzare il consueto presepe in Piazza S. Oronzo.