di Alessandro Bianco
Molto spesso quando parliamo del Salento ci vengono in mente le sue splendide spiagge, il mare pulito e cristallino, la natura verdeggiante dai secolari alberi d’ulivo, le pajare etc. Non sempre, però, ricordiamo che il Salento è fantastico anche per le sue bellissime tradizioni popolari, leggende, storie mistiche, fantastiche ma anche allegre e divertenti, tramandate dai nostri nonni o da coloro che come i satirici, “storpiando” storie e giocando su gesti o atteggiamenti di facile risata, hanno mantenuto viva la tradizione popolare salentina, studiando l’aspetto sociologico e gli usi e costumi del nostro territorio. Tra questi è d’uopo annoverare Papa Galeazzo, storico arciprete di Lucugnano, piccolo paese del Basso Salento, il quale con il suo modo di fare, bizzarro e allegro, ha saputo rallegrare gli animi di noi salentini.
Pare ormai assolto che papa Domenico Galeazzo sia veramente esistito, tant’è che se ne è documentata la presenza a Lucugnano tra il 1589 e il 1591, rintracciando anche il suo cognome che lo fa appartenere ad una famiglia de Palma. Riteniamo che l’immaginario popolare salentino abbia via via contribuito a caricare la figura del parroco di Lucugnano di caratteristiche e di attributi che lo rendono, inequivocabilmente, maschera simbolo di un’epoca e di una condizione, uno spirito che, pur limitato dall’ignoranza e dalle basse radici sociali, sa comunque sempre emergere col trarsi d’impaccio in ogni circostanza, rivendicandosi indomita libertà, spesso egocentrica, sia pure espressa con malizia, in maniera rozza e spesso becera, capace anche di cogliere, con imprevedibilità, gli aspetti comici e paradossali delle situazioni.
Leggendo gli aneddoti su don Galeazzo corre spontaneo il paragone a riferimenti letterari, quali la commedia attica antica, il teatro plautino, il Decamerone, la commedia dell’arte e tutta la vasta produzione satirico- burlesca. Papa Galeazzo rappresenta emblematicamente la condizione di buona parte del clero del XVI- XVII secolo, tante volte stigmatizzato dai vescovi di Terra d’Otranto che nelle loro SS. Visite annotavano l’ignoranza e la sciatteria di non pochi ecclesiastici, vessati dalle gerarchie della Chiesa che, a volte, si comportavano in maniera poi non tanto dissimile dalla gretta e rapace feudalità, padrona assoluta di uomini e cose.
Galeazzo, alla maniera di Pulcinella, conosce l’arte di arrangiarsi, usa la parola come uno staffile, non si fa scrupoli di ricorrere all’espediente ed è mutevole, sornione, arguto, furbo, possiede insomma, nel bene e nel male, le peculiarità dell’animo meridionale.
Le traduzioni di Papa Galeazzo
Papa Galeazzo insegnava latino in Alessano e il libro suo prediletto di testo erano le Bucoliche di Virgilio. Un giorno ebbe ad assegnare come compito la traduzione del canto pastorale: Titire tu patulae recubans sub tegmine fagi, che alcuno della scolaresca seppe tradurre.
– Bestie!!! Gridò Papa Galeazzo e tradusse: Titire si rifuggiò sotto la pentola dei fagiuoli!!!.
Amici dappertutto
Ricorrendo la festa di S.Michele, 29 settembre, e per quanto l’Arcangelo non fosse santo devoto del popolo di Lucugnano, pure l’arciprete volle che si accendessero candele dinanzi alla sua immagine che adornava uno degli altari laterali della chiesa maggiore.
Mentre che il sacrestano finiva di accendere le candele capitò in chiesa Papa Galeazzo.
– Che cosa avete fatto? Domandò l’Arciprete al sacrestano; le candele son troppe vicine, l’una all’altra; e rimuovendone una, egli stesso la collocò davanti alla figura del diavolo che era dipinta all’estremità del quadro.
– Arciprete, osservò il sacrestano, ma voi, così, fate ardere la candela anche al diavolo?
– Eh! Caro mio, rispose tosto Papa Galeazzo. Nessuno sa ove s’abbia e finire; bisogna farsi degli amici dappertutto!
Ad oculos per istam sanctam unctionem
Chiamato Papa Galeazzo al letto di un moribondo per somministrare gli ultimi sacramenti, dopo aver recitato i due oremus ed aperto il rituale, intinse il pollice nell’olio santo e fece segno al sacrestano di rimuovere le coltri del letto.
Il sacrestano, pratico di tali funzioni, domandò all’ Arciprete da quale parte dei sensi volesse cominciare la santa unzione.
– Dalla prima indicazione, rispose Papa Galeazzo, ad culos per istam sanctam unctionem, e in ciò dire pose sotto gli occhi del sacrestano il rituale.
L’assistente, sorpreso, pur non sapendo leggere, gli fece notare che la prima indicazione prescrive che si cominci dagli occhi.
L’arciprete portò sotto il suo naso il rituale e si accorse che il tarlo aveva roso la vocale o per cui egli aveva letto ad culos, da dove aveva voluto incominciare la santa unzione.
Fonte
RIZZELLI RUGGERO, Gi aneddoti di papa Galeazzo, Capone Editore, 1993, p.3.
Azzeccatissima lettura della mitica figura di Papa Galeazzo e ottima la scelta dei racconti riportati: “Amici dappertutto” è simpaticamente geniale!
Ci vorrebbe un po’ del senso pratico di Papa Galeazzo ogni giorno! Noi salentini, tuttavia, siamo sulla buona strada. La filosofia del sopravvivere con brio e senza farsi troppi problemi fu il cavallo di battaglia di un uomo più del popolo che del clero; oggi diventa spesso il risultato finale per molti che iniziano la giornata con aspettative e teorie esistenziali rigide e inclini alla perfezione, e poi arrivano puntualmente a sera senza essersi goduti neanche una risata, avendo in più la netta sensazione che meglio sarebbe stato assomigliare un po’ a papa Galeazzo!
Grazie ad Alessandro per questo valido e simpatico spunto di riflessione.
Ingegno del popolo e saggezza degli avi, oltre ad una buona dose di ironia, fanno di questa figura un brand salentino. Ho sempre voluto paragonare la figura di Papa Cajazzu all’era illuministica salentina. Ho sempre immaginato che in una terra inntrisa di devozioni religiose, poco, fosse possibile esternare le proprie idee e che nell’ironia e nella mascherata ignoranza, bene ha inteso l’autore delle vicissitudini di tale prelato, parlare a nome e per conto del popolo…. soprattutto quando si trattava di irreverenza gerarchica. Una figura ben accetta da tutti che dice, come il Pulcinella campano, la verità nel sorriso e nessun se ne duole.