di Rocco Biondi
La ricorrenza, caduta nel 2011, dei 150 anni della cosiddetta e pseudo unità d’Italia ha portato con sé una rifioritura dei tanti movimenti meridionali esistenti e diversi libri che hanno riflettuto e fatto riflettere su quanto siamo stati costretti a subire, dall’annessione piemontese delle Due Sicilie fino ad oggi.
Il libro di Di Brango, offrendo una lucida e puntuale analisi del processo unitario e della formazione dell’attuale Stato italiano, dimostra come le contraddizioni di oggi abbiano la loro origine in quell’imperfetto processo che, «tra omissioni, censure, prevaricazioni e sopraffazioni ci restituisce, al presente, più italie divise e, spesso, le une contro le altre armate».
Il 17 marzo 1861, giorno in cui fu proclamato il regno d’Italia, venne ufficialmente sancita l’annessione del Meridione al regno di Sardegna, portando a compimento da parte dei Savoia una interessata conquista coloniale. I beni dell’ex Regno delle Due Sicilie salvarono l’economia piemontese.
Di Brango aggiunge che tutto quello che è avvenuto nella storia politica italiana, dal 1861 ad oggi, è stato condizionato dal modo perverso di raccontarlo sui libri e sui media, diversamente da quello che realmente è stato. Occorre rimettere a posto i cocci della nostra storia, per portare alla luce il nostro vero retroterra culturale e identitario.
A questo fine nel libro vengono affrontati, nell’ottica meridionalista, i temi caldi del Risorgimento, della repressione del Brigantaggio postunitario, del federalismo, della democrazia.
Gli eventi risorgimentali se da un lato determinarono dal punto di vista geografico l’unificazione del paese, dall’altro lasciarono immutate anzi accrebbero differenze e contraddizioni esistenti. Gramsci, Salvemini, Zitara hanno scritto in tal senso. Anche l’antiborbonico Ferdinando Petruccelli della Gattina, giornalista e deputato, nel 1861 scriveva: «Non si dirà certo che il nostro sia un parlamento democratico! Vi è di tutto eccetto il popolo».
La guerra civile, tra i piemontesi invasori e i briganti meridionali che difendevano la loro terra, che si protrasse per oltre un decennio, nella storiografia ufficiale viene descritta come semplice repressione di un fenomeno delinquenziale. Si vuol far credere che il brigantaggio politico e sociale sia stato opera di pochi delinquenti e non fenomeno di massa che coinvolse la stragrande maggioranza degli abitanti nel territorio dell’ex Regno delle Due Sicilie. Le bande armate, che tennero in scacco per dieci anni oltre la metà dell’esercito piemontese, registravano la partecipazione “trasversale” di borghesi, contadini e soldati.
Il federalismo propugnato, negli anni che la cosiddetta unità si stava formando, da Carlo Cattaneo, e più ancora da Giuseppe Ferrari, era tutt’altra cosa rispetto a quello voluto dagli attuali leghisti; quest’ultimi vogliono un federalismo per disaggregazione (ex uno plures), quelli volevano un federalismo per aggregazione (ex pluribus unum). Gli Stati italiani preunitari avrebbero conservato la loro autonomia ed indipendenza. Il federalismo avrebbe potuto e dovuto farsi 151 anni fa e non oggi.
Una vera democrazia, governo del popolo, non è mai esistita, tanto meno fu al centro degli eventi quando si approdò all’unità in Italia. Il processo unitario fu di fatto – scrive Di Brango – un processo élitario che ha ben poco a che fare sia con la democrazia che con la libertà, a meno che non si vogliano spacciare per elementi caratterizzanti dell’una i posticci plebisciti e dell’altra l’affrancamento da una monarchia alla quale ne subentrò, senza soluzione di continuità, un’altra. In certo qual modo, invece, democrazia esercitata dal basso fu la guerra civile combattuta dai contadini con il brigantaggio.
Nelle conclusioni Enzo Di Brango mette in rilievo l’importanza che i movimenti hanno assunto nella battaglia per la verità storica e nel riposizionamento equilibrato del Meridione in chiave economica, politica e sociale. Fare e promuovere cultura è il primo impegno dei movimenti, ma subito dopo bisogna sviluppare strutture organizzative per attività economiche, politiche e sociali.
Nella prefazione del libro Francesco Tassone pone come orizzonte, per ritrovare il nostro cammino di Meridionali, la fuoruscita dalla dipendenza da uno Stato che si è rivelato per noi un fossato buio e cieco, per non continuare a disperdere la nostra energia e la nostra identità, a cominciare dalla nostra radice contadina.
Nella postfazione Valentino Romano ci invita a fare del meridionalismo una scelta di vita e di impegno civile, pur dicendo pane al pane, pretendendo quello che ci spetta, senza acrimonia ma con lucida e pacata consapevolezza.
Enzo Di Brango, L’Italia si cerca e non si trova. Unità Federalismo Democrazia di fronte alla colonizzazione del Sud. Cronaca di 150 anni, Qualecultura Edizioni, Vibo Valentia 2012, pp. 136, € 12,00
Non farò un commento sul libro che non ho ancora acquistato, ma dal sunto qui proposto non posso che condividere i sentimenti dell’autore con la consapevolezza che, purtroppo, rimane “cosa” per persone sensibili al problema. Ci vorrebbe una diffusione culturale a livello scolastico che ancora è, con sistematica scienza, negata ai figli di questa terra.