di Nicola Morrone
Nel 2002 fu pubblicato un volume di importanza fondamentale per la conoscenza del patrimonio artistico locale, vale a dire “Iconografia Sacra a Manduria”, curato da M.Guastella. Da questo imponente lavoro ormai non si potra’ prescindere , ogni qualvolta si vorranno ricostruire le vicende della produzione pittorica manduriana , magari apportando precisazioni e integrazioni alle informazioni ivi contenute. Con la pubblicazione del predetto volume, in ogni caso, la gran parte del patrimonio iconografico sacro “culto” del territorio di Manduria puo’ dirsi catalogato.Esiste pero’ un’altra produzione pittorica, che si è sviluppata parallelamente rispetto a quella “culta”, di qualità più o meno sostenuta, di collocazione prevalentemente urbana. Essa è precisamente la produzione definita”popolare”, di qualità nel complesso inferiore, e di collocazione prevalentemente rurale. Siamo dell’idea che anche questa produzione, pure quantitativamente minore rispetto a quella della città, meriti di essere catalogata con criteri scientifici. Ci riferiamo a tutta quella serie di dipinti (a fresco, a secco, a tempera su rame) collocati nelle edicole e nelle cappelle votive, la gran parte rurali, ma qualcuna anche urbana, alcune delle quali , pur nell’ambito di una compagine artistica comunemente definita”popolare”, sorprendono per il grado di elaborazione mostrato. E’ venuto quindi il tempo, dopo la pubblicazione della ” Iconografia sacra”, di rendere nota anche la “Iconografia sacra popolare” relativa al nostro territorio. Non si tratterà di un lavoro impegnativo quanto quell’altro, data, lo ripetiamo, la esiguità numerica delle testimonianze pittoriche “popolari” sparse tra la città e il contado, e comunque la ricerca si potra’ avvalere di alcuni strumenti preparatori, quali i volumi di B. Perretti (“Testimonianze cristiane nel territorio rurale di Manduria”, Manduria 2000) e di R.G.Coco (“Manduria tra Taranto e Capo d’Otranto. Etimo, mito e storia del territorio“, Manduria 2009). Alle indicazioni fornite in queste due opere , utili anche a meglio precisare l’ubicazione dei monumenti, per lo più votivi, che ospitano i manufatti pittorici (collocati spesso nei pressi delle vie di comunicazione principali della campagna) si dovrà aggiungere solo il lavoro di catalogazione vero e proprio, che preciserà soggetto, datazione, tecnica d’esecuzione e misure delle pitture e del monumento che le ospita.
Per quanto riguarda la datazione, sappiamo che la gran parte delle edicole superstiti e relativi dipinti risalgono a non prima del sec. XIX, epoca a partire dalla quale vi fu una vera e propria proliferazione di queste piccole ma significative testimonianze d’arte e, soprattutto, di fede. Gli autori sono, naturalmente, anonimi, nè è dato in qualche modo ricostruire la loro identità attraverso testimonianze scritte o orali. Ci si potrebbe però chiedere quale sia la necessità di realizzare un lavoro di catalogazione scientifica di questo patrimonio pittorico. Rispondiamo che si tratta non solo di una necessità meramente conoscitiva; non si tratta, cioè, solo di avere un’idea piu’ precisa della portata, qualità e quantità di questo patrimonio ritenuto comunemente “minore” o addirittura “minimo” rispetto alla contemporanea produzione pittorica “culta”, qualitativamente sostenuta, che rappresenta giustamente il vanto dell’arte locale. Le ragioni di un simile, auspicabile, anzi doveroso lavoro si giustificano con l’importanza intrinseca di questo piccolo patrimonio di cultura figurativa, per più motivi alternativo rispetto a quello dell’area urbana.
L’importanza della pittura manduriana definita “popolare” è essenzialmente di ordine storico, estetico e antropologico. Importanza storica, perchè le immagini sacre di fattura popolare sono un documento di una cultura figurativa che per lunghi secoli si è evoluta parallelamnete rispetto a quella colta e ufficiale. Lungi dall’essere frutto di “spontanea”ispirazione, anche la tradizione figurativa popolare ha avuto una sua tradizione tecnica e di contenuti, chiaramente non più ricostruibile per l’assoluta mancanza di testimonianze documentarie che nessuno, verosimilmente, si è mai preoccupato di produrre, proprio per la perifericità di questa cultura pittorica. Importanza estetica, perchè le immagini sacre popolari rappresentano un universo che si è evoluto con caratteri iconografici e formali propri, sempre facilmente distinguibili, e non certo riducibili (come di solito ritengono gli storici dell’arte) a copie più o meno fedeli di prodotti “colti”.
Il fascino che esercitano queste immagini apparentemente “senza tempo” è indubbio, proprio data la loro permanente carica di “primitivismo”. Questo patrimonio artistico, inoltre, si pone spesso in aspra opposizione, sul piano estetico, rispetto a quello “colto”, elaborato, formalmente più “evoluto”. Importanza antropologica, perchè le immagini popolari sono specchio non solo di un diverso modo di realizzare visivamente un dato tema iconografico, ma sottendono anche (come ha puntualmente sottolineato l’antropologo A. M. Cirese) una vera e propria concezione del mondo, se non addirittura un’ideologia, degne di essere studiate al pari di quelle espressione delle classi dominanti .Tutta la produzione pittorica popolare, quindi anche quella a soggetto sacro, oltre che avere un valore prevalentemente collettivo, si caratterizza sul piano formale per alcune costanti, in particolare per lo schematismo rappresentativo, per la stilizzazione che semplifica forme e tratti, per l’espressività caratterizzata da atteggiamenti fissi, per l’assenza di profondità spaziale e la mancanza di dettagli anatomici precisi, per l’assenza di valori chiaroscurali. Sul piano sociale, essa si sviluppa in un ambito di artigianato domestico e si tramanda nelle zone più periferiche e subalterne. Inoltre (riprendendo ancora una fondamentale osservazione di un noto studioso) una caratteristica costante che identifica il prodotto figurativo popolare è la riproposizione dei motivi. Cioè, ciò che caratterizza in prima istanza un manufatto pittorico popolare (come anche un prodotto poetico-letterario popolare) è ”la ripetizione, talora variata, di un modello, e il cui ideale non sta tanto nella novità del messaggio, quanto invece nella capacità, talora vertiginosa, di restare saldi all’interno di un sistema e di operare variazioni interne che sfruttano tutte le possibilità logiche del sistema stesso” (A. M. Cirese).
In seno a questo ampio patrimonio figurativo, che, come già detto, dobbiamo doverosamente riscoprire e scientificamente catalogare, saremo comunque sempre in grado di distinguere il singolo prodotto, la singola mano del pittore- contadino che, pur avendo maturato la sua esperienza nell’ambito della vasta koinè artistica che definiamo “popolare”, lascia il segno della sua individualità, ma sempre in ossequioso rispetto del modello.
Finalmente si potrà dare la giusta importanza a queste che sono “espressioni di cristianità popolare”.
Interessante iniziativa.