Qualche rara millecento passa sollevando code di polvere che impasta il naso e la bocca e costringe a sciacquarsi la gola alla fontanina pubblica. Nera, di ferro, con la manovella a molla e il fascio littorio fuso sopra, ricordo del “fascismo popolare” delle periferie.
Pomeriggio bollente, lungo e noioso, poca ombra dai muri delle case basse, bianche di calce, povere di mobili, secche di orpelli. Popolate da bambini e donne con la pancia gonfia e molti peli, ovunque. Pancia gonfia di legumi e cicoria di campagna e di frutti d’amore concepiti in amplessi rubati al tempo delle zolle e al fischio del treno che porta al Nord, “alla Svizzera” o “alla Germania” o ancora più lontano.
E cantieri aperti ovunque, distribuiti da un architetto ubriaco e prodigo. Cantieri per placare la fame di benessere e la rabbia di chi ha visto il lusso del bagno in casa, della doccia e del frigorifero. E lo vuole, lo desidera, lo brama nella coda di uno sviluppo che al sud, come tutte le cose, arriva ritardato e sgonfio.
Ultimo latte di mammelle succhiate a guance piene in altri luoghi, ultime gocce di nettare di un favo colmato da api operose e sfortunate, alcune delle quali portano nella memoria la dolcezza del miele odorato e, qualche volta, financo gustato.
Cantieri abusivi in una terra abusata, svuotata delle sue braccia più forti e lasciata a vecchi, bambini e vedove bianche. Terra di facile conquista per predoni e mascalzoni, terra di padroni avidi e gretti, avvezzi a tutelare il passato perché incapaci di immaginare il futuro. E uomini e donne indifferenti allo sfregio, ignavi e conniventi per timore e convenienza.
È il sud visto dagli occhi di un bambino, cresciuto in mezzo alla strada bianca, giocando giochi improbabili, a volte innocenti a volte crudeli. Con palloni di plastica acquistati alla festa del patrono, o massacrando a fiondate innocenti lucertole e passerotti di prima piuma.
I bambini cresciuti sulle strade bianche hanno combattuto, hanno conquistato il diritto alla vita, fra mille errori e mille sconfitte, senza risparmiarsi.
Poi è venuto il momento della stanchezza, della divisione e della frantumazione, le forze sono crollate.
E più di cinquant’anni sono trascorsi e di nuovo il sud si svuota, di braccia e di menti. Ma il mondo è cambiato, non ci sono più fontanine pubbliche, e le strade sono d’asfalto e di buche. Non partono più solo gli uomini partono tutti. Uomini e donne. E qui di nuovo i vecchi e pochi bambini. Le terre di nuovo violate da giganti ruotanti e specchi riflettenti.
Terre preda di nuovi padroni, ancora più avidi e violenti, ancora più ignoranti e prepotenti. E l’ignavia di chi guarda attonito e senza parole.
Non abbiamo più la stessa forza per lottare, non abbiamo la stessa innocenza ma abbiamo memoria.
Possiamo dire ai bambini di oggi che è possibile, in questa terra bellissima, un futuro luminoso. È possibile anche un presente migliore, noi ne siamo, ancora, testimoni.
Alzate la testa bambini, cittadini di oggi e non di domani. Alzate la testa e amate la terra vostra, non perdetevi dietro trofei effimeri come lucertole e passerotti. Entusiasmatevi per quello che fate, organizzatevi per distruggere il male che ammorba il sud, studiate come colpirlo senza pietà, questo mostro maledetto che lascia alle masnade il diritto di abbrutire la nostra luce, questo mostro maledetto che si chiama indifferenza.
Quasi disperato questo appello ai bambini, dal bimbo di una volta.
Disperato e pieno di speranza insieme “…è possibile, in questa terra bellissima, un futuro luminoso…” dice l’autore che ha il coraggio di avere nostalgia della polvere delle strade bianche, e non è il solo a provare nostalgie per cose svanite in una smania di modernizzazione selvaggia, e le fontane agli angoli delle strade non ci sono più. E ci ricorda che il mostro si nutre dell’indifferenza delle folle, degli equivoci provocati da un falso benessere e ha diversi nomi il mostro, consumismo, malaffare, strade strade strade che portano al miraggio collettivo di un oceanico turismo.
Pochi sanno quanto sia inquinante l’industria del turismo ….
Mi spiace dover dire che non si può ricostruire nulla se manca la capacità di lottare, di ribellarsi, se manca il coraggio di criticare, se come dice lo stesso autore: “…uomini e donne indifferenti allo sfregio, ignavi e conniventi per timore e connivenza”. Che possono fare dei bambini ai quali ci si appella se gli adulti non danno l’esempio? Nessuno vuole essere schiavo ma la libertà costa sacrifici, il passato è passato cone le sue bellezze e le sue ingiustizie, bisogna guardare avanti proprio per non tornare indietro.