di Antonio Bruno
Certe volte i ricordi dell’infanzia si possono concretizzare nell’immagine di un uomo in bicicletta che aveva il suo negozio fatto di una cassetta di legno sulla ruota posteriore, dietro alla sella. A San Cesario di Lecce, nel Salento leccese, a un tiro di schioppo dalla città capoluogo all’angolo di un incrocio tra via Saponaro e via Liguria dove erano diffuse abitazioni frutto dell’edilizia economica e popolare del dopo guerra e che negli anni sessanta suonava pressappoco “CASE INA” un uomo in bicicletta si guadagnava da vivere gridando “Chiapperi Chiapperì!”lui voleva dire che vendeva Capparis Spinosa L. (Cappero) nome volgare italiano Cappero della Famiglia Capparidaceae. I capperi erano conosciuti ed apprezzati sin dai tempi dei Greci e Romani: era ingrediente basilare del famoso garum, la salsa aromatica più importante dell’epoca. Prima del 5.800 avanti Cristo era presente in Iraq, la mezzaluna fertile che si chiamava Mesopotamia, l’hanno trovato negli scavi fatti nella cittadina di Tel es Sawwan. Ma si parla del Cappero anche nella Bibbia nell’Ecclesiaste XII 5, Dioscoride nel suo “De Materia Medica” (II,204) scrive degli usi terapeutici del Cappero, Plinio il vecchio nel suo “Naturalis historia” (XIII, 127) dice che l’unico cappero buono è quello egiziano tutti gli altri sono pericolosi!
Una volta per far nascere il cappero da seme i giardinieri usavano questo sistema. Aprivano un fico ben maturo, mettevano dentro i semi lo richiudevano e lo mettevano con due manciate di terra fra due sassi in un muro. Oppure si può fare la talea , oppure si semina. Ma da noi cresce spontaneo, e li vedi pendere da ogni dove i fiori del cappero!
Se osservi attentamente le piante di capperi le vedi penzolare da costoni rocciosi, da antichi muri oppure in vecchie cave dismesse. Quel signore in bicicletta che vendeva all’angolo dell’incrocio ne sapeva qualcosa dei capperi del Salento leccese, quel “Chiapperi, Chiapperì!” magari era il frutto di un suo gioco di bambino che viveva in uno dei piccoli paesi della Terra di Leuca, perché è li che i suoi padri da millenni raccoglievano e curavano uno dei migliori capperi del mondo, che cresce spontaneo lungo le scogliere marine e i terreni calcarei e asciutti che caratterizza un po’ tutto il territorio a Sud di Lecce.
Qui cresce spontanea la «capparis ovata», la varietà che produce il cappero volgarmente detto peloso e che a Racale sono riusciti a coltivare con metodi moderni, riuscendo a preservare le stesse caratteristiche del frutto selvatico. L’unica località salentina dove questa coltura ha assunto una certa importanza economica è appunto Racale, con alcune centinaia di ettari investiti in questa coltura sia in forma specializzata che promiscua.
Da una pianta in piena produzione si ottengono mediamente da 4 a 6 kg di prodotto; se consideriamo una densità per ettaro non superiore a 2.000 piante avremo una produzione di 120 Qli di capperi ad ettaro. Una confezione di un chilo di capperi al sale costa intorno ai 10 euro. Un ettaro di cappero potrebbe fornire a grandi linee un reddito di 120.000 euro ad ettaro a una filiera corta che avesse in animo di produrre, trasformare e vendere il cappero.
Ma anche considerando una produzione massima di capperi, che abbia una qualità che consente di spuntare anche prezzi maggiori di q.li 30 per ettaro con l’investimento di una decina di ettari l’azienda avrebbe la possibilità di mettere su una filiera corta in grado di soddisfare con un buon valore aggiunto l’agricoltore, la trasformazione e la vendita.
A Racale il raccolto viene conferito ad una Cooperativa ove i boccioli fiorali, con appositi macchinari, vengono depicciolati e selezionati per calibro, quindi conciati. La produzione racalina di capperi è considerata di eccellente qualità, fra le migliori d’Italia, per questo, nonostante la concorrenza delle produzioni Nord-Africane, viene vivamente contesa dalle più importanti aziende conserviere nazionali.
La raccolta dei capperi, nel Salento leccese, comincia a giugno e si protrae sino a settembre.
Il cappero del Capo può essere considerato oro, tant’è che è conteso dalle più importanti aziende conserviere italiane. La professione del Dottore Agronomo e del Dottore Forestale comporta anche la competenza di proporre a chi fa impresa.
Posso certamente affermare che il cappero rappresenta una buona opportunità per chi intenda intraprendere in agricoltura.
Inoltre propongo un disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta “Cappero del Salento Leccese” e nell’etichetta devono essere compresi gli elementi atti ad individuare nome, ragione sociale ed indirizzo del produttore, del confezionatore e nome, ragione sociale ed indirizzo dell’elaboratore del prodotto nel Salento leccese, lotto di produzione, peso netto all’origine. E tutte le eventuali indicazioni complementari ed accessorie non aventi carattere di esaltazione del prodotto per evitare di trarre in inganno il consumatore sulla natura e le caratteristiche del prodotto, possono essere riportate anche in altro campo visivo.
Non immaginavo che un giorno grazie a quel signore in bicicletta che ha vissuto gridando per le strade “Chiapperi Chiapparì!” avrei potuto gustare un pezzetto di storia che si protrae da 6.000 anni e che potrebbe fare la fortuna del nostro territorio perchè da noi il cappero cresce spontaneo e noi Dottori Agronomi e Dottori Forestali abbiamo il dovere di assecondare ciò che la natura madre ci insegna.
Bibliografia
Ecclesiaste XII 5
Dioscoride “De Materia Medica” (II,204)
Plinio il vecchio “Naturalis historia” (XIII, 127)
Maria Pizzillo ”I cercatori del Cappero”, in La Gazzetta del Mezzogiorno di giovedì 24 agosto 2006
“Salento di Sapori”, realizzato da Camera di Commercio di Lecce, Editrice Salentina, Giugno 2007
Disciplinare di produzione della indicazione geografica protetta “Cappero di Pantelleria”
Ambrogio Molli Pantelleria la perla nera del mediterraneo
ANPA Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente Dipartimento Prevenzione e Risanamento Ambientali PROPAGAZIONE PER SEME DI ALBERI E ARBUSTI DELLA FLORA MEDITERRANEA
Le notizie ed informazioni dateci qui dal dott. Bruno sono assai interessanti e, penso, sconosciute ai più.
Condivido pienamente Marco!
Ho apprezzato il suo scritto e le sarei grato se, per mia completezza d’informazione, comunicasse gentilmente la fonte (greca o latina) che ha tramandato il cappero come ingrediente, basilare o no, del garum.
.. e se qualcuno ci confessasse quanti dei capperi detti di Pantelleria, sono invece… salentini???
seguo con molto interesse gli articoli di questo sito; complimenti e grazie per le dotte informazioni
Il dottor agronomo Antonio Bruno è così attraente nelle sue disquisizioni agro-letterarie, da riuscire a incantare anche i lettori più ‘profani’. I suoi verdi protagonisti si portano dietro scie di storia, di ricordi e di qualità.
E’ così che il semplice diventa fascinoso.
Complimenti per questo post , era da parecchio che non passavo da Voi, è veramente favoloso . Sembra persino di sentire il profumo di quando vado a raccogliere i capperi , quando vengo a Lecce . Essendo lontana , mi devo accontentare delle immagini ,ma emanano ugualmente profumi ed aromi in me :)
ho patito una grande delusione. Ho chiesto a mio fratello Alessandro di portarmi dei “chiappari” sotto sale da nardò,avendo la mia scorta annuale all’Avana.
Vivendo Alessandro da 20 anni a Salvador de Bahia e poco pratico, ma esperto in import, li ha acquistati al supermercato salentino.
L’etichetta diceva “raccolti in Marocco e invasati a Lecce”…
[…] more: I càpperi, perle verdi della cucina salentina […]
condivido pienamente; si potrebbe contattare Slow Food, ad Ugento è nata una condotta di questa importante Associazione