di Maria Grazia Presicce
” ………allora mi stavi dicendo, che andavate ad ascoltare la S. messa e partecipavate a degli spettacoli all’Istituto del Buon Pastore dove si trovavano le pentite.”
” Si, si. Ci divertivamo tanto! Che belle serate trascorrevamo!Organizzavano davvero bei spettacoli alle pentite“.
Sorride ricordando.
” Ma chi erano queste pentite, nonnina? ” domando curiosa.
“Ma come chi erano? ” Mi fa. ” Le pentite erano le pentite“, e resta in silenzio rivolgendomi uno sguardo stupito.
Le sembra strano che non capisca. In effetti, per lei quel termine è indicativo di tutto. Mi accorgo che non vuole parlarne e provo ad aggirare l’ostacolo.
” Si, si, ho capito; ma io volevo sapere perché le chiamavate pentite“.
” Perché…mhhmmhm. erano…. signorine ( muove la testa e fa una smorfia di disgusto con le labbra ) che si erano comportate male, nell’istituto venivano educate a comportarsi bene e dopo, se si ravvedevano su ciò che avevano commesse, potevano ritornare in famiglia.”
Mi rendo conto che la nonnina è un po’ restia a parlare dell’argomento “comportamento delle pentite” si sente a disagio, la vedo in imbarazzo; infatti, già quello che mi ha detto le sembra troppo, lei è tanto religiosa e le duole parlare male di qualcuno.
” Eh! Povere ragazze, che il Signore le perdoni.” Mormora, sperando così di mettere anima e coscienza in pace.
Mi affretto a proseguire facendo la finta tonta: ” Ora mi è chiaro; quindi le signorine che in famiglia erano maleducate e magari non seguivano i consigli dei genitori, venivano isolate in quel collegio”.
” Ma che stai dicendo! No, non è così. Si trovavano là dentro perché si dovevano pentire di quello che avevano fatto“.
” Ma insomma, che cosa avevano combinato per meritare di essere relegate in quel posto?” sbuffo sempre più fintatonta, cercando di stuzzicare la mia nonnina pudica. So che lei, col suo riserbo mai mi direbbe che l’istituto accoglieva ragazze minorenni che erano state scoperte di avere relazioni sentimentali o con uomini sposati o con uomini che la famiglia non gradiva. La mia nonnina mai parlerebbe esplicitamente di queste problematiche.
Provo allora in altro modo ad avere spiegazioni sull’argomento.
” Non sto capendo … – continuo – ma, venivano affidate all’istituto ragazze di malaffare o altro tipo di ragazze ?”
“Si , si , ora hai capito bene, proprio loro. Erano ragazze giovanissime, tutte minorenni“.
Si blocca pensierosa, poi : ” Però, non tutto l’istituto era occupato da ragazze disonorate. Loro occupavano solo la parte retrostante, nei locali anteriori invece venivano ospitate le orfanelle e le bambine o ragazze che avevano dei problemi in famiglia. Le suore si prendevano cura di loro“.
Mi rendo conto che la mia nonnina ha cambiato discorso, non le piace proprio parlare delle pentite, io invece che voglio tornare sull’argomento domando: ” ma le ragazze dei due istituti potevano frequentarsi?”
” Ma che dici?” – Mi fa irritata. So di averla punta nel vivo e di aver provocato la sua ira, infatti, continua risentita, – ” secondo te, le pentite potevano incontrarsi con le altre persone?”
” E che ne so! Pensavo che siccome vivevano tutte là dentro potevano anche stare insieme qualche volta. ”
” Ma no, ma no. Le pentite rimanevano sempre nei locali di dietro . I due istituti erano separati. Le suore le tenevano continuamente impegnate sotto la loro sorveglianza.”
” E che tipo di lavori svolgevano?” chiedo, vedendo che di questo è più propensa a parlarmi.
” Noi, – mi fa – abitavamo allora in una casa al primo piano, proprio di fronte al giardino dell’istituto e dal balcone vedevamo queste ragazze che spesso lavoravano nell’orto. Zappavano, piantavano le verdure, tiravano l’acqua dal pozzo e innaffiavano; altre poi si dedicavano ai lavori interni dell’istituto, lavavano i panni, stiravano, cucinavano e questo sempre sotto il controllo delle suore che non le lasciavano un attimo sole.”
Si sofferma, mi guarda con aria furbesca – ” Però, a volte accadeva anche che riuscivano a scappare”.
” E come facevano a scappare se erano guardate a vista dalle suore?” chiedo.
” Eh!… Scappavano di notte, saltando il muro di cinta di fronte alla nostra casa”. Noi a volte ci accorgevamo, ma facevamo finta di nulla: succedeva allora un parapiglia generale all’interno quando il fatto veniva scoperto. Tutto l’istituto veniva messo in subbuglio e rovistato da cima a fondo, dopo le suore diventavano ancora più severe”.
” Ma le suore erano le stesse che si occupavano anche delle orfanelle?”
“Si si, erano le stesse. Solo che nella parte anteriore c’erano i laboratori dove le suore insegnavano alle ragazze a ricamare, a cucire, a fare il filet, lavorare all’uncinetto, a fare la maglia e tutte erano occupate in questi lavori. Facevano dei lavori bellissimi che poi vendevano all’esterno”.
” Ci sei stata tante volte all’interno dell’istituto nonnina? ” –
domando vedendo che è più disposta a parlarmi delle orfanelle.
Si. Ci andavamo spesso. Ho anche conosciuto una ragazza che è cresciuta là dentro e che si è sposata ed ora ha una bella famiglia. . Aspetta……, ora ti faccio vedere una cosa.”
Così dicendo si alza e si dirige verso una cassapanca, ne toglie i vari portafoto che sono poggiati sul ripiano, piega perfettamente la tovaglietta di pizzo e apre stando attenta a fissarne l’apertura con un bastoncino di legno posto sul lato del baule.
Con movimenti lesti e sicuri cerca tra la biancheria e infine tira fuori un lenzuolo, lo spiega e m’invita ad ammirare: “guarda com’è bello ? Questa è la mia prima “portata ” . Mia madre l’ha comprata dalle suore, proprio dalle suore delle pentite. Vedi quanti punti differenti di ricamo ci sono? Questi, invece li ho ricamati io.” – mi dice compiaciuta indicandomi degli asciugamani di lino.
” Belli, sono veramente straordinari, – affermo sincera, – ed anche questi che hai fatto tu sono bellissimi”.
Osservo con meraviglia In effetti, sono lavorati proprio con maestria, sono veramente cose d’altri tempi! Sul lenzuolo ricamato in rilievo si legge ” Sempre Uniti “.
Lei vedendomi affascinata e stupita continua: ” eh! prima tutte le ragazze sapevano ricamare, io anche il filet so fare e continuo a farlo“. Così dicendo apre un sacchetto bianco appeso alla spalliera della sedia e mi fa vedere il lavoro di filet che sta portando a termine.
Prendo in mano con somma delicatezza la reticella che si srotola improvvisa tra le mie dita: “ dio, cosa ti ho combinato! ” esclamo dispiaciuta d’averle ingarbugliato il lavoro.
” Non ti preoccupare, non è accaduto nulla, – mi rassicura tranquilla, poi lo riprende e rimettendolo a posto mi fa, quasi per scusarsi: ” sai, per non tenere le mani in mano(3
), mentre guardo la televisione lavoro un po’ ogni pomeriggio. EH! Purtroppo non posso lavorare molto, la vista non mi accompagna più tanto bene!”
La guardo con affetto mentre lei s’affretta a ripiegare e riporre le lenzuola e gli asciugamani. E’ veramente tenera la mia nonnina!
Ah! Dimenticavo di dirvi che ella ha 94 anni, vive da sola, e ogni tanto giusto per farsi una passeggiata va a comprare il pane in Piazza Sant’Oronzo: ” sapessi com’è buono il pane di quella panetteria! – mi dice, sorridendo soddisfatta.
Delicatissimo scritto in cui, col pretesto di documentare fatti del passato, l’autrice finisce per tratteggiare un personaggio nella sua piena vitalità.
Bella la ritrosia dell’anziana Signora, altro che la morbosità volgare della cronaca attuale, bello il suo volgere l’attenzione ad attività d’elezione, bellissima l’apertura della cassapanca, metafora di un’intera vita.
Maria Grazia è curiosa, Wilma è interprete di poesia. Entrambe, l’una nel racconto, l’altra nel commento, hanno rappresentato ed enfatizzato il sentimento di cui è intrisa questa bella memoria. Educazione al pudore profumata d’altri tempi a forte contrasto con la restrizione, la chiusura, a volte la violenza che in quella si celavano e che in questi righi s’incarna nella triste e misera figura delle ‘Pentite’, le reiette della società, le ‘Maddalena’ evangeliche messe a lapidazione senza appello, emarginate,…condannate e dannate. Ecco come la società di un tempo marchiava a fuoco fanciulle sfortunate, magari incomprese, forse soltanto innamorate. Il bianco e il nero, il Paradiso e l’Inferno, la virtù e il peccato senza via di mezzo, senza quasi possibilità di redenzione. Lo si avverte a chiare lettere nell’imbarazzo ad affrontare l’argomento da parte della nonnina, donna che, pur nella purezza d’animo che ce la rende amabile, si trascina ancora addosso il terribile peso dell’educazione degli estremi, della cultura dell’inevitabile. Peccato e castigo. Penso con infinita pietà alla sorte di quelle ragazzine, vittime infelici di una società bigotta, per certi versi tribale e ipocrita, penso con infinita tenerezza alla nonnina di Maria Grazia, convinta e fortunata abitante del Mondo dei Giusti. Questa splendida testimonianza ci renda grati a Maria Grazia Presicce per averci donato una delle più interessanti e sconosciute facce del nostro passato, e ci sia d’insegnamento nel giudizio verso il nostro prossimo, immagine desiderata o indesiderata di noi stessi.
la ringrazio per il bel commento. volevo solo dirle che mi piacerebbe che l’odierna società avesse almeno un poco di pudore. purtroppo mi accorgo ogni giorno di più che questa virtù sta completamente scomparendo. anticamente si esagerava in questo senso, sono d’accordo con lei, ma adesso si esagera nell’altro!
Ciao,
sono Enrico e vivo a Milano. 2 giorni fa parlavo con mia nonna e per la prima volta mi ha parlato di questo istituto.
Lei viveva le condizioni delle “pentite” anche se da quello che racconta non sono sicuro che venisse all’epoca etichettata come tale. Era troppo piccola ed aveva solo problemi familiari. Ti scrivo perchè vorrei chiederti se mi puoi aiutare: lei aveva un’amica all’istituto, con cui una volta era riuscita anche a scappare. Per caso sai se c’è un archivio con dei nominativi. Vorrei farle rincontrare. Mia nonna è del ’40 e la sua amica del ’38/’37credo, ma si ricorda solo il nome. Tutto si complica perchè vivo a Milano. Sapresti darmi dei consigli su come muovermi per questa mia ricerca.
Grazie mille per avere scritto.
Enrico
Gentilissimo Enrico,
So che sono passati otto anni dal suo commento, ma spero riceva una notifica del mio messaggio. Sono una ricercatrice e mi sto occupando di una ricostruire la storia di questi Istituti e delle “corrigende” o “pentite”; sarebbe di estremo interesse per me poter parlare con lei o con sua nonna della sua esperienza.
Spero tanto che riesca a mettersi in contatto con me.
A presto, Aurora
mi spiace non poterle essere d’aiuto.tra l’altro, la mia nonnina, è morta alcuni anni fa.So che conosceva una signora che aveva vissuto nell’istituto e che una volta maggiorenne era entrata a servizio da una signora e poi si era sposata ed era andata a vivere in un paesino. comunque nell’istituto le suore si occupavano in prevalenza delle bambine che avevano problemi in famiglia. alcune erano piccole orfanelle.
non so proprio come aiutarla. le foto le ho rintracciate su internet e non mi sembrava vero aver ritrovato le foto dell’epoca! si trovano nell’archivio dell’Istituto Luce.
cari saluti! mariagrazia
Grazie ancora Maria Grazia. Proveró a chiamare la scuola. Magari loro hanno qualche info.
Ciao.
Enrico
SAREI CONTENTA DI SAPERE SE LE SUE RICERCHE AVRANNO BUON ESITO!CARI SALUTI MARIAGRAZIA
[…] https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/11/13/le-pentite-nellistituto-buon-pastore-a-lecce/ […]
Io sono cresciuta nell istituto villa rosa virginia a gallipoli era delle pentite ma anche buon pastore
Ciao Annarita anche io sono cresciuta lì con suor Angela dal 71 al 77-78 con me c’era una che si chiamava come te