SALLENTUM
di Paolo Vincenti
Questa è terra di tradizioni, vecchie di millenni, / dove piangevano le prefiche a pagamento / e sui balconi si stendono ad asciugare i panni – questa è terra di santi e di icone bizantine, / da secoli interrate sotto le cesure, / è terra di santi, di ladri e di rapine – vedi la mottura che scende la sera, / è come un segnale, quasi venisse a dirci / ch’è ora di tornare, nell’ora in cui si spera –
questa è terra di erbe magiche e superstizione, / dove si beve anche acqua andata a male, / se tirata da un pozzo, dove tradizione vuole – vedi quell’ombra che arriva a sera, col fresco: / sono i nostri rimpianti, fatti cosa concreta, / ma qui lo chiamano il Basilisco – ed è meglio non guardalo, se passa, / porta con se tutte le peggiori intenzioni / e passerà, come i brividi sulla tua pelle scossa – nel nostro antico Salento, porta d’Oriente, / qui, dove la frigia Magna Mater si incontra / con il bizantino Cristo benedicente – correndo per i boschi, fra verdi frattaglie, / si fanno strani incontri, nel mattino che viene, / quando l’ora sublustre tinge di bianco la valle – e il contadino non capisce da dove provenga / a volte,quello strano suono, guardandosi intorno / ed è Fauno, il dio dei boschi, che modula la sua siringa –
e col suo seguito di satiri e ninfe, inizia una strana danza, / mentre gli alberi e i fiori sembra partecipino insieme / e i suoi accoliti eseguono i passi che l’esarca indirizza – e nel mezzogiorno assolato della campagna, fra falso e vero, / quando esseri caprini si muovono al suono della zampogna, / si può conoscere, se ci si rivolge a lui, il proprio futuro – perché Fauno è Dio vaticinatore e lo sanno i suoi servi, / mentre la natura asseconda quello strano frastuono, / gli allegri esseri che gli girano intorno, veloci e furbi – intanto esce dalla conchiglia, Venere delle spume, / e porta l’amore ai satiri e alle sirene / che, in lieto raduno, sono intenti a ballare – ma subito, a quel richiamo irresistibile di Eros, / nelle notti bagnate dal negramaro, / risponde, con un sibilo inquietante, Thanatos – e forse è quel sibilo lungo di millenaria memoria / di cui parlano i veggenti scrittori, / quando la vita di questa terra si fa storia –
questa è terra in cui, fra paralleli e meridiani, / si incontrano e si sposano gli opposti, / terra di briganti, di gendarmi e disertori – e nella interscambiabilità fra energia e materia, / tra un serpente che incanta e un ragno che danza, / scorre il flusso ininterrotto della nostra storia –
questa è terra di caporali, di fame e di contadini / e nelle feste sull’aia, le pastorelle ballano la moresca, / che ricorda la lotta secolare fra mori e cristiani – e quando la sera tinge di azzurro la valle, / mentre Afrodite sembra benedire, / strani folletti si aggirano nelle stalle – e sono i moniceddhi che sparpagliano la biada, / gnomi dispettosi, che qui chiamano Sciacuddhi, / che si divertono ad intrecciare ai cavalli la coda – vedi quella malumbra che si aggira di sera, col fresco: / //sono i nostri rimorsi, fatti sostanza, / /ma qui lo chiamano il Basilisco – vedi quell’ombra che ritorna dal sentiero: / è il prezzo che ognuno paga alla vita, / ma qui lo chiamano l’Uomo Nero – sono eredità di colpe, sbagli di generazioni, / che si cantano in lamenti funebri e sfiancanti litanie / e si offrono ai santi come anatemi – questa è terra di canzoni, balli e patimento, / di falsi invalidi, “fotti fotti” e “chi s’è visto s’è visto”, / questa terra mangia e beve a tradimento – questa è terra di favole, ninnananne e pentimento, / di chiese, castelli e palazzi nobiliari: / in una parola, questo è il Salento –
Una parola lunga quella che avvolge il Salento in questa raffinata e intensa presentazione fatta da Paolo Vincenti. E’ un confetto che si scioglie e raggiunge l’Italia tutta, portando con impeto la sua marea di duro e succoso fin dentro al cuore delle denunce e del merito. Ci sono intrecci di storia, mito, tradizioni, poesia, squarci pittorici e pitture a squarcio.
Non è poesia e non è prosa.
Forse è una danza di versi senza metrica fissa, versi che ballano classico e poi ritmano la pizzica, occhi che guardano le ombre dei rimorsi, voci che masticano l’amaro del vero e il dolce del buono senza fermarsi mai, quasi fino a perdere il fiato.
Paolo balla, dipinge e canta parole per la sua terra con la sua nobiltà.
Non è poesia, non è prosa, è solo amore.
quella che descrivo, in questa prosetta lirica, è la mia visione del Salento, una visione non del tutto pacificata, diciamo. non è certamente il Salento da cartolina, di una certa campagna di comunicazione (quella, meritoria, del marketing territoriale),che deve “vendere” il prodotto Salento ai tanti visitatori che ogni anno ci vengono a trovare; ma non è nemmeno il Salento oleografico di certo bozzettismo o quello disperato e nero di una certa proposta poetica che pure in passato ha avuto molto successo. il mio Salento si colloca a metà strada, “duale”, appunto, è un Salento fra luci ed ombre; perché il mio amore per la mia terra (un amore forte, viscerale) non fa difetto alla mia lucidità di giudizio, cioè non mi impedisce di vedere le storture, i guasti che ancora rimangono evidenti in tutta la loro gravità, in questa nostra benedetta-maledetta terra. Ho scritto degli altri pezzi in cui c’è una visione più estatica del Salento ed altri in cui invece prevalgono le tinte fosche, che magari manderò a Marcello nei prossimo giorni. Raffaella ha colto perfettamente il messaggio che ho cercato di condensare in queste poche righe e lo ha anche commentato meglio, molto meglio, di come ho cercato di fare adesso io (confermando che l’autore non è sempre il migliore esegeta di se stesso), con la sua splendida chiosa. per questo la ringrazio infinitamente, ..
grazie, Raffaella..
Il merito è solo tuo, caro Paolo, io sono una semplice ammiratrice delle tue virtù e un’umile interprete delle tue ricchezze. Alla prossima!
È una parola lunga, ma necessaria. É bello legarsi ai ricordi, anche da lontano. Allora capisci che non sei mai sola, ci sono altri che hanno gli stessi ricordi, la stessa lunga parola. Grazie all’autore.
La risacca di un ‘ora notturna mi ha portato questo articolo appassionato su questo angolo di terra che ci accomuna. Ne condivido il linguaggio, il “mood” ed ogni parola.
Leggere le parole di Paolo Vincenti significa far affiorare sentimenti e ricordi, rileggerle significa ritrovare altri sentimenti e ricordi sfuggiti alla prima lettura.