Quei due denti ritrovati a Portoselvaggio (Nardò) sono i resti di uomo moderno più antichi d’Europa

Stefano Benazzi

di Biagio Valerio

E’ un giovane ricercatore italiano del dipartimento di Antropologia all’università di Vienna, il 34enne Stefano Benazzi, a riscrivere la storia dell’uomo moderno. Che avrebbe mosso i suoi primi passi nel Salento e, precisamente, nell’area di Portoselvaggio. Lì, oltre 40mila anni fa, i primi uomini della specie Sapiens sapiens, quella che avrebbe conquistato il mondo affermandosi su tutti gli altri mammiferi, cacciavano nelle praterie di quella che sarebbe diventata, millenni dopo, la baia di Uluzzo.

La particolarità di questa scoperta, legata all’indagine di due molari da latte ritrovati durante le campagne di scavo degli anni Sessanta nella Grotta del cavallo, è che l’Homo sapiens avrebbe convissuto, nello stesso spazio fisico, con gli esemplari della specie dell’uomo di Neanderthal che, secondo gli studiosi, si è estinta misteriosamente forse proprio per la concorrenza del suo “collega” più evoluto.

L’uomo moderno è nato molto prima di quanto si pensasse, dunque, oltre 40mila anni fa. Lo testimoniano i fossili umani ritrovati in Italia, nella Grotta del Cavallo, resti che sono stati analizzati da un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui alcuni italiani, e i dati pubblicati sull’ultimo numero di Nature. Benazzi ha utilizzato raffinate tecniche di datazione facendo fermare l’orologio del tempo a 44mila anni fa: quei due denti ritrovati a Portoselvaggio sono i resti di uomo moderno più antichi d’Europa.

Intorno a quei denti, però, gravita un mistero. Ne delinea i confini Vittorio Marras che fa parte dello storico Gruppo speleologico neritino, che affiancò Arturo Palma di Cesnola e Edoardo Borzatti von Lowenstern dell’Università di Firenze quando, sin dall’inizio degli anni Sessanta, nella grotta si sono susseguite le campagne di scavo.

“Si sapeva della scoperta di tre denti decidui appartenuti a individui ma di tipo neandertaliano – dice Marras – e cioè un secondo molare deciduo inferiore sinistro; un primo molare deciduo superiore sinistro; infine un secondo molare deciduo superiore destro. Gli ultimi due, associati a industrie uluzziane, rappresentano l’unica prova in Italia della sopravvivenza degli ultimi neandertaliani con industrie post-musteriane. Quando chiedevo agli archeologi dell’università di Siena che fine avessero fatto mi veniva risposto che di quei denti si erano perse le tracce. Eccoli riapparire oggi – conclude Marras – e sono messaggeri di una scoperta, che se confermata, sarebbe straordinaria”.

Non più culla del Neanderthal, dunque, ma della nostra stessa specie, la Sapiens Sapiens: Uluzzo sarebbe davvero, in questo modo, la prima “casa” dell’attuale civiltà a livello europeo. Ciò obbliga a proporre molti interrogativi: le specie Neanderthal e Sapiens hanno convissuto, a Uluzzo e aree limitrofe, per migliaia d’anni? Non solo nella stessa zona geografica ma anche nella stessa grotta? Sin possono ipotizzare momenti in cui schiavitù, sfruttamento, cannibalismo o, persino, “amicizia” e fratellanza abbiano fatto convivere due specie diverse?

La scienza continuerà ad indagare ma, da adesso, partendo da Portoselvaggio.

(pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 3/11/2011)

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13 Commenti a Quei due denti ritrovati a Portoselvaggio (Nardò) sono i resti di uomo moderno più antichi d’Europa

  1. Precisazione al commento di Angelo Micello e al link postato. Il Prof Stefano Benazzi ha analizzato, con altri studiosi, solo due molari decidui trovati dal prof Palma Di Cesnola, dell’Univ. di Siena nel ’64, depositati presso la stessa università e da lui attribuiti a H. neanderthalensis. La conclusione a cui si è giunti con nuove metodiche di indagine è che essi apparterrebbero a H. sapiens (non H. sapiens sapiens a cui apparteniamo noi). La seconda immagine del link mostra un frammento di una mascella con tre denti rinvenuta alla fine dell’ 800 in una caverna a Kent (Devon) in Inghilterra. E’ quella analizzata dagli studiosi T. Higham e C. Stringer. Con il metodo baiesiano è stata datata 41-44000 anni fa ed attribuita a H. sapiens studiando soprattutto i resti di animali trovati nella grotta. Non credo che il Museo di Maglie possa avere un suo calco.

  2. Non comprendo la riproposizione del link che già conoscevo. Se qualcosa non va nel mio commento desidererei conoscerla.

  3. Ebbene, Luigi, ti debbo smentire, poiché il Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia possiede i calchi dei tre denti decidui di Grotta del Cavallo, dismessi dall’esposizione attuale da Elettra Ingravallo (che curava la sezione paleolitica del nuovo allestimento, per motivi di spazio e per assenza nel Museo di materiali uluzziani), ma esposti fino al 1999 nella vecchia sede, quando ormai da tempo dei reperti originali si era persa ogni traccia.
    D’altro canto dire “Homo sapiens” non escluderebbe il neandertal che appunto è Homo sapiens neandertalensis, anche se oggi si preferisce parlare di Homo neandertalensis e nei più accreditati studi recenti il termine “sapiens” viene usato solo per indicare la linea dei sapiens sapiens, cioè della nostra specie, così come fa anche il ricercatore viennese, laddove non si può entrare nel merito di forme arcaiche o meno.
    Del pacco di deposito uluzziano di Grotta del Cavallo (quasi 1 metro di spessore) si ha da tempo una sola datazione a 31.000 anni da oggi e si riferisce all’orizzonte medio del deposito: uluzziano evoluto) mentre non sappiamo nulla sulla reale giacitura dei reperti dentari rispetto ai tre livelli uluzziani individuati: uluzziano arcaico, evoluto e finale.
    Certo è che Palma de Cesnola (1966, “Il Paleolitico superiore arcaico (facies uluzziana) della grotta del Cavallo (Lecce)”, in Riv. Scienze Preistoriche, XX, 1, e XXI,1) già negli anni sessanta definiva questi orizzonti appartenenti alla fase più antica del Paleolitico Superiore pugliese, parallelizzabile al protoaurignaziano francese (precedente a 41.000 anni), ravvisandone già i caratteri tipologici originali rispetto al deposito sottostante appartenente al musteriano denticolato di cui era autore il Neandertal.
    L’attribuzione al Sapiens sapiens dei due denti non smuove, tuttavia, di un millimetro la tesi che l’industria uluzziana possa essere frutto di un’acculturazione dovuta a rapporti tra le due specie (il neandertal ormai in via di estinzione il sapiens appena sbarcato in Europa).
    Si tratterebbe, infatti, del più antico reperto osteologico del sapiens finora ritrovato in Europa (quelli finora posseduti non superavano i 33.000 anni), non della prima testimonianza della sua presenza, di cui le prove tra i 43-41.000 anni sono ormai ben datate (Grotta del Bacho Kiro, Bulgaria).
    In pratica e sintetizzando lo sappiamo da tempo che il Sapiens Sapiens è giunto in Europa tra i 45- 40.000 anni e che l’industria uluzziana si riferisce a questi suoi primissimi momenti.

  4. Cara Assunta, sono felice che il Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia di Maglie sia in possesso dei calchi dei denti in oggetto. Anche se calchi sono testimonianze importantissime del nostro patrimonio protostorico. Peccato che per mancanza di spazio non possano essere esposti.
    Su tutto ciò che hai aggiunto sono d’accordo. Sono conoscenze di cui faranno tesoro coloro che leggeranno il tuo commento.
    I miei dubbi erano supportati dal fatto che il Prof Palma Di Cesnola depositò il materiale raccolto presso l’Univ. di Siena e lì era rimasto.
    Ti ringrazio!

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