di Biagio Valerio
Due denti potrebbero riscrivere la storia dell’uomo così come la conosciamo e testimoniare che la zona ionico-salentina sia stata davvero la culla dell’Homo sapiens sapiens. A Nardò e dintorni, insomma, sarebbe nato l’uomo moderno e ciò è successo molto prima di quanto si pensasse: oltre 40mila anni fa. Lo dicono i fossili umani ritrovati in Italia, a Portoselvaggio.
I resti sono stati analizzati da un gruppo internazionale di ricercatori, tra cui alcuni italiani, e i dati pubblicati sull’ultimo numero di Nature. Si tratta di due molari ritrovati della Grotta del cavallo e, inizialmente, classificati come appartenenti ad un uomo di Neanderthal.
E’ stato Stefano Benazzi, ricercatore all’Università di Vienna, ad utilizzare nuove e raffinate tecniche e datarli a circa 44mila anni fa: sono questi i resti di uomo moderno più antichi d’Europa.
Le datazioni rivelano che la diffusione dei primi uomini moderni sia avvenuta prima di quanto ipotizzato finora e che i nostri progenitori hanno coesistito con i Neanderthal, sicuramente nel meridione d’Italia, per molte migliaia di anni.
I denti da latte ritrovati nella Grotta del Cavallo sono stati sempre associati alla cultura detta Uluzziana – toponimo coniato dal professore Arturo Palma di Cesnola, dell’università di Siena, negli anni Sessanta – della quale si conservano molti manufatti come punte, grattatoi e raschiatoi, lavorazioni d’osso e conchiglie marine forate. Palma di Cesnola può essere considerato il “padre” delle grandi scoperte avvenute proprio grazie a questo inesauribile giacimento salentino che si trova nel Salento.
I denti vennero ritrovati in seguito alla campagna di scavo iniziata nel 1961 e riferibili, sul momento, alla specie neandertalensis. Ma gli stessi ricercatori, all’epoca dei ritrovamenti, ammonivano i propri allievi di non trarre mai conclusioni azzardate e affidarsi alle nuove tecnologie che avrebbero restituito risultati sempre più precisi. Ricorda la circostanza Vittorio Marras, del prestigioso e storico Gruppo speleologico neritino, che affiancò successivamente i collaboratori di Palma di Cesnola e Edoardo Borzatti von Lowenstern dell’Università di Firenze.
“Si sapeva della scoperta di tre denti decidui appartenuti a individui di tipo neandertaliano – dice Marras – e cioè un secondo molare deciduo inferiore sinistro, associato a industria musteriana; un primo molare deciduo superiore sinistro; infine un secondo molare deciduo superiore destro. Gli ultimi due, associati a industrie uluzziane, rappresentano l’unica prova in Italia della sopravvivenza degli ultimi neandertaliani con industrie post-musteriane”.
Ora, invece, ecco la scoperta che conferma una ipotesi ormai consolidata ma non in questi termini: che le due specie, Neanderthal e Sapiens, hanno convissuto molto più a lungo di quanto pensavano gli studiosi e, nel Salento, addirittura nello stesso luogo fisico. “Le campagne di scavo dell’università di Siena – conclude Marras – hanno proiettato gli insediamenti neritini, ben diciassette, in un contesto europeo ma, ora, la portata di questa scoperta è tutta da valutare a livello mondiale”.
(pubblocato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 3/11/2011)
Ci scrive Luigi Tommasi:
Nell’articolo Marras parla di un mistero a proposito della scomparsa e ricomparsa dei denti scoperti dal prof Palma Di Cesnola e depositati presso l’Università di Siena dove lui insegnava. Succede che quando si trovano dei fossili vengono raccolti e consegnati ad un’istituzione la quale li deposita in magazzino e lì vengono poi dimenticati. Negli anni ’60 non vi erano ancora le sofisticate attrezzature odierne per cui furono attribuiti all’Homo neanderthalensis e la storia si chiuse cadendo nel dimenticatoio.
Nell’équipe di studiosi che hanno compiuto gli studi e attribuito i denti all’Homo sapiens vi è Annamaria Ronchitelli che fa parte del Dip. Scienze Ambientali, UR Ecologia Preistorica dell’Università di Siena che deve averli ritrovati ed essersi incuriosita. Da qui è nata la proposta di rivedere il tutto e giungere così a conclusioni diverse dalle precedenti.
è proprio così, le cose cadono nel dimenticatoio nell’attesa di essere riscoperte e a volte sconvolgere o proporre nuove strade di conoscenza come il dentino della G.tta del Cavallo.
La G.tta del Cavallo si trova sulla costa di Nardò, mentre G.tta Romanelli è ubicata nei pressi di Castro
Buonasera, nella baia di Uluzzu si trova la Grotta del Cavallo.
La rivista Focus Extra la indica come Grotta Romanelli lunga 36 metri risalente al Paleolitico medio si tratta della stessa grotta ?
grotta, vorremmo sapere se è visitabile dal pubblico.
I migliori saluti
Ersilio Teifreto+