di Pier Paolo Tarsi
Non so se qualcuno di voi è vegetariano o frequenta assiduamente vegetariani, so in compenso che certamente anche qui essere vegetariani significa far parte di una sparuta e numericamente insignificante minoranza (ammesso sempre che il sottoscritto non sia l’unico e solo!). Ebbene per farvi capire come si vive da questa parte del cosmo, vorrei farvi un elenco ragionato delle miserie e dei fastidi cui è sottoposto costantemente un vegetariano (specialmente in Italia), sperando che questo mio sfogo possa servire anche a chi vegetariano non è, suggerendogli cosa evitare per non angustiare il prossimo vegetariano che avrà tra i piedi (devo dire subito che esiste tuttavia anche una razza di vegetariani specializzata ad angustiare gli onnivori). Tra le prime fatiche che un vegetariano affronta quotidianamente vi è proprio quella sensazione di far parte di una comunità microscopica, di essere una mosca bianca e in qualche modo un diverso. Ora, a questo senso di particolarità ognuno reagisce a modo suo, andando per generalizzazione i due atteggiamenti discordanti di fondo più riscontrabili sono da un lato quello di chi fa del proprio vegetarianesimo una bandiera da sventolare sempre e ovunque alla minima occasione (anche per abbordare, perché fa figo talvolta) come se fosse un segno di eroismo e levatura morale (atteggiamento questo che nasconde una scelta non matura e convinta di essere vegetariano), dall’altro lato c’è invece l’atteggiamento di chi discretamente se lo tiene per se pensando giustamente che i suoi modi di alimentarsi non debbano per forza interessare milioni di individui.
Diciamo subito che i guai veri esistono per quest’ultima specie di vegetariano, il personaggio discreto che non vorrebbe convincere nessuno a diventare come lui, non si sente affatto migliore degli altri per come mangia né vorrebbe tanto meno essere ad ogni occasione sollecitato a “diventare normale” da fortuiti ed occasionali filantropi pseudo-scientifici interessati ad offrirgli consigli non richiesti su come nutrirsi correttamente. In questi incontri occasionali (cene, serate in compagnia, cerimonie e festività, conoscenze con nuove persone in gruppo…) il povero vegetariano è costretto a subire un elenco sterminato di piccole ma fastidiose scocciature. Mi limiterò a esporre le più frequenti. Non manca mai per esempio durante una di queste serate l’amico dell’amico che, appena si rende conto di avere per le mani un vegetariano non vede l’ora di adoperarsi immediatamente a ravvivare gli umori del malcapitato illustrandogli con fare didattico e pedante l’assoluta necessità delle fantomatiche proteine nobili contenute nella carne. Questa diffusa razza di chiacchieroni inguaribili tende in genere a guardare con una certa commiserazione il suo interlocutore, commiserazione che si trasformerà necessariamente in scherno non appena arrivano in tavola le portate di carne: qui l’atteggiamento del chiacchierone diviene meno didattico e, sorridendo mentre addenta compiaciuto il suo pezzo di carne, gli regalerà “simpatiche” battutine che dovrebbero zittirlo completamente, del tipo “e poi come si fa a dire di no a questo profumino?!” oppure “e poi chi te la fa fare?”. Per il vegetariano non c’è verso di far comprendere al chiacchierone che per lui la carne costituisce solo un disgustoso pezzo di cadavere, l’unico effetto che questa reazione sortirebbe sarebbe infatti solo l’ennesima interminabile lezione sull’alimentazione equilibrata ecc. Il secondo tipo di scocciatori che il vegetariano deve sorbire è lo scettico. Costui – che in realtà non vedeva l’ora di intervenire già dall’antipasto – in genere inizia ad affacciarsi alla discussione quando in tavola compaiono pietanze a base di uova o formaggi, alla presenza delle quali lestamente sbotterà: “allora non sei un vegetariano! Mangi le uova e i latticini azz! Sei un mostro come noi dunque”. Per il vegetariano non c’è verso di fargli notare che quelli che non mangiano neanche uova e latticini sono i vegani (e non i vegetariani), lo scocciatore in questione non è infatti disposto ad apprendere certe distinzioni e preferisce continuare a sbirciare il malcapitato con uno sguardo che sembra dire: “caro mio, a me non mi fai mica fesso!”. Qualora poi si riuscisse a fargli faticosamente digerire la suddetta distinzione lo scettico terminerà il proprio intervento con una mossa che dovrebbe definitivamente dimostrare a te stesso e agli altri l’autoillusione di cui eri vittima: “E le piante cosa sono? Non sono esseri viventi? Lo vedi che sei un mostro come noi?!” oppure, peggio ancora “azz fumi? Ma allora non sei affatto tutta sta perfezione!”. Insomma, lo scettico è interessato a convincere il vegetariano del fatto che non è un santo, peccato però che sia stato sempre e solo lui a pensarlo. Andando oltre, alla schiera della terza specie di scocciatori appartengono per lo più individui di sesso femminile. Sollecitate forse dal proprio senso materno (per cui le dirò le maternaliste), questo genere di scocciatrici è convinto per qualche strana ragione di doverti soccorrere e proteggere dalle insidie del mondo esterno. In genere queste si introducono nel discorso per dimostrare al vegetariano che non è solo e incompreso e che gode di tutta la loro considerazione nel portare avanti le sue convinzioni. Così, nonostante i loro migliori propositi, queste fanciulle (quasi sempre di sinistra) finiscono per martoriare il vegetariano trattandolo come un patetico essere indifeso e incoraggiandolo con frasi del tipo ”Io ti capisco…sai, anche io odio mangiare il pesce” oppure “anche io vorrei diventare come te…ma a casa è mia madre che cucina”. Il vegetariano farebbe una gran fatica a scrollarsi i pregiudizi di queste ma non ci pensa minimamente perché ciò quasi mai gli conviene. Per le maternaliste un vegetariano è infatti spesso uno spiritualista, un adorabile poeta, un sensibile o, a seconda dei gusti, un amabile pacifista, una specie di hippy-fricchettone, un idealista o addirittura -se la maternalista in questione è intrisa di pratiche e dottrine modaiole new-age- il malcapitato può diventare un esempio di saggio sulla via della liberazione. Insomma, queste tendono a proiettare alcune caratteristiche del proprio stereotipo di uomo ideale sul vegetariano che, per non deluderle, mentre parla con una di loro non può comportarsi come vorrebbe veramente, ossia bevendo ettolitri di birra e concentrando le sue attenzioni sulle curve della sua interlocutrice. Per farla breve, con una maternalista a tavola il vegetariano rischia quasi sempre di doversi alzare da tavola sobrio, con un affettato sorriso da ebete in faccia e, come se non bastasse, pienamente informato dei soprusi che subiscono le donne angolane o dello sfruttamento delle miniere africane da parte delle multinazionali occidentali.
Io aggiungerei i parenti apprensivi, anche qui per la maggior parte donne, che però più che essere preoccupate della ‘sopravvivenza sociale’ del vegetariano, si fanno aumentare la pressione perchè credono che il malcapitato stia per morire di malnutrizione, o quanto meno che non abbia abbastanza forza fisica per affrontare la giornata (in barba ai fior fiori di atleti vegani).
Comunque quelli che preferisco sono quelli che ”e se non mangi la carne cosa mangi?!?!”.
Pier Paolo sei un grande!!!!!!!!!!!!!!!!!! Non sono salentina, ma sono vegetariana. Hai descritto esattamente il tipo di cena in cui mi ripeto “stai calma, stai calma, stai calma…” per tutto il tempo. Altra frase che mi tocca sopportare troppo spesso: “Ma anche gli animali si mangiano tra di loro! I leoni non mangiano erba!” Inutile spiegare che non sono un leone e che il cibo lo compro al supermercato, non ho bisogno di cacciarlo nella savana. Comunque se i vegetariani vengono considerati pacifisti-hippy-idealisti-spirituali in parte è colpa dei film americani, in cui i (pochi) personaggi vegetariani sono proprio così… E ne ho conosciuti alcuni così anche nella realtà. Complimenti!
Grazie Elisa, mi hai fatto morire dal ridere, difficile sopravvivere in questa savana, ma anche il nostro amico Simone Sapone non se la passa meglio vedo! Avete tutta la mia comprensione di vegetariano! ;)
E mi regali un sorriso, caro Paolo. In un mondo materialista come questo, l’uomo è ciò che mangia. Figurati cosa si penserebbe di un asceta! E di un musulmano che non mangia carne di maiale o di un cinese che mastica rane al cioccolato? La libertà di scelta, anche nell’alimentazione, è spesso motivo di sospetto e curiosità. Se anche tu non esternassi i tuoi gusti a tavola e poi il tuo piatto venisse monitorato da occhi affamati di chiacchiere e pulpiti, bèh, anche il silenzio imbarazzante del tuo vicino di forchetta ti farebbe andare di traverso quel ciuffo di cicorie appena addentato.
Quando saremo a pranzo insieme, ti dimostrerò la mia totale democrazia in fatto di scelte alimentari, sempre che tu non abbia origini cinesi.
Un consiglio spassionato: non accettare mai un invito a tavola da parte di mio padre!
E’ originale l’approccio ironico al tema,di tipologie di aggressioni psicologiche subite da chi è vegetariano se ne potrebbero elencare anche molte altre,purtroppo.Vorrei solo sottolineare il fatto che essere vegetariani (o ancora meglio vegani) non è una scelta,ma un dovere morale,perchè l’alimentazione onnivora implica la prigionia,la tortura e l’assassinio di milioni di animali,pertanto credo che,senza superbia,un vegetariano abbia tutti i motivi e i diritti di ritenersi moralmente più elevato di chi non lo è.
la frase che più mi innervosisce è “non sai cosa ti perdi”
ma io dico ma secondo te non ho mai assaggiato un pezzo di carne in vita mia?
lo so benissimo cosa mi perdo e ne sono fiera oioi de!
Simpaticissimo! Io non sono vegetariana ma adesso so cosa non debbo fare quando ne incontro uno! Ironia e simpatia sono armi vincenti.
Bravo e complimenti.
Il mio slogan terraterra è “Mangia e lascia mangiare” . Fortunatamente per me, non mi riconosco in nessuna delle tipologie descritte. Amo mangiare tutto ciò che la natura e le arti culinarie mettono a disposizione. Non condivido assolutamente l’uso della parola “morale” quando si parla di cibo perchè ho sempre profondo rispetto per i miei antenati onnivori come me.
Il vegetariano è un povero egocentrico che, per attirare l’attenzione su di sé si è inventato ‘l’ideologia vegana’. Non è affatto un mite e un pacifico: la sua è una violenza interiore ed ha lo scopo di mettere in imbarazzo le persone ‘normali’ delle quali è invidioso, poiché il vegetariano è un complessato con un grande complesso di inferiorità. L’unico modo per fardsi notare è rendersi odioso. E ci riesce perfettamente. Fa più paura un vegetariano di un ‘no-global’. Ed è proprio ciò che vogliono. Claudia
Gentile Claudia, se lei avesse almeno letto quanto sopra avrebbe certo compreso che il vegetariano e il vegano non sono affatto la stessa cosa: è questo, come scrivo, uno degli equivoci da evitare per non tediare un vegeteriano. Quanto alla pericolosità che attribuisce a quelli come me non posso che essere profondamente d’accordo, Sotto la finta mitezza si nasconde in genere nel vegetariano un mostro assetato, pensi, che ogni tanto, quando mangio da solo per lo più, contravvenendo al mio vegetarianesimo adoro cucinare soprattutto bambini. Proprio ora ad esempio sto facendo colazione con un marmocchio! Dal momento che non ci sono più i comunisti e i no-global non sono abbastanza spietati la mia specie non ha nemmeno con chi spartirseli, ce li mangiamo tutti noi! Gnam gnam!
Saluti
Si, ma dopo tanto leggere, qualcuno mi sa dire, in terra d’otranto, dove mangiare ed esser compresi da vegetariani? attendo vostre. verdi saluti. max