di Angelo Micello
Commissionato da una nobile famiglia ortellese, come per tutte queste architetture religiose aperte ed esterne, il calvario di Ortelle si pone in posizione fortemente scenica rispetto al contesto urbano formando la perfetta la quinta finale di corso Vittorio Emanuele II in direzione sud.
Nato negli ultimi decenni dell’ottocento come buona parte dei calvari dell’area Jonico-salentina, è caratterizzato da una struttura a portico in pietra leccese (ad eccezione del prospetto posteriore) che dispone di un proprio spazio urbano formato da una grande villetta appositamente dedicata. Se in altri ambiti la struttura devozionale è ubicata su piccoli larghi o appoggiata ad altri fabbricati civili, qui ad Ortelle alla struttura è dedicato un proprio spazio e concorre alla definizione delle visuali prospettiche urbane nell’ambito di maggiore prestigio del paese.
Per un approfondimento sui calvari pugliesi segnalo uno studio organico di Bruno Perretti e alcune considerazioni su queste architetture minori di Francesca Talò.
Fu affrescato da Giuseppe Bottazzi (1821-1890) probabilmente negli ultimi anni della sua attività, un vero e proprio manierista delle rappresentazioni religiose e dei calvari in particolare. I tagli, le pose e i colori delle figurazioni del Bottazzi sono replicate per esempio nel calvario di Montesano Salentino (commissionato nel 1873). Formatosi presso il concittadino Francesco Saverio Russo, dopo una pausa di studio e di prime esperienze a Napoli, nel 1849 fece ritorno a Diso ed ebbe tra i suoi disceppoli Paolo Emilio Stasi di Spongano, Giuseppe Mangionello e Nino Palma di Maglie, Vincenzo Valente di Specchia, Roberto Palamà di Sogliano, Alessandro Bortone di Diso, Emilio Iannuzzi ed altri.
Per la sua capacità tecnica nei dipinti murali ben presto gli vennero commissionati molte opere all’aperto, soprattutto calvari; tra quelli finora certi: Ortelle, Specchia Preti, Montesano Salentino e Morciano di Leuca tutti eseguiti con la tecnica del mezzo fresco che gli permetteva di ridurre di molto i tempi di esecuzione delle opere.
A Ortelle, come negli altri calvari, illustrò le immagini della Passione di Gesù Cristo, raffigurandovi i cinque Misteri Dolorosi del Rosario secondo lo schema delle Litanie Lauretane. Tre delle cinque scene sono collocate sull’abside centrale. Al centro la Crocifissione con la Vergine, San Giovanni e la Maddalena.
Alla sinistra la Flagellazione
Alla destra una stazione dell’Andata al Calvario, con la Maddalena
Nei due bracci laterali altre due stazioni della Passione, come la Coronazione di spine
e l’ultimo quadro la Preghiera nell’orto degli ulivi:
L’edificio, pregevolissimo negli equilibrati prospetti in pietra leccese, è arricchito da cancelli in ferro e ghisa e da ringhiere di pietra di pianta quadrata.
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Stupefacente scoprire i tanti piccoli scrigni d’arte disseminati nei nostri paesi e sulle loro strade. Il sentimento religioso richiedeva l’ausilio delle immagini a monito e per devozione. Così nacque la preziosa iconografia che ha reso unica l’italia nel mondo e nell’arte. Anche Ortelle ha il suo piccolo tesoro, e grazie ad Angelo Micello oggi ne abbiamo scoperto un pezzo: il Calvario, la rappresentazione pittorica dei momenti della passione di Gesù Cristo, le fasi che dettero prova e valore massimo al messaggio cristiano. Colori vivaci e significativi giochi di chiaro-scuri pensati per allearsi sapientemente alla luce del giorno e della notte, liberi sulla pubblica via come liberi nell’intimo sentire dei passanti.
Committenti? I Rizzelli?