di Marcello Gaballo
L’amico Giovanni Boraccesi, tra i maggiori esperti di argenti del Meridione, non inusuale nelle scoperte d’archivio, ancora una volta sorprende per una interessante notizia pubblicata in un saggio apparso su “Archivio Storico Pugliese”, a. LXII, 2009: L’entrata di Gianbattista Spinola a Galatina in una placchetta d’argento di Matthias Melin.
Si è agli inizi del Seicento e il duca Giambattista Spinola, della nobile stirpe genovese, e la consorte Maria Spinola, entrano trionfalmente nel proprio possedimento di San Pietro in Galatina, in cui avrebbero dominato dal 1616 al 3 dicembre 1625, quando muore il predetto duca.
Signori anche di Soleto, Noha, Borgagne e Pasulo, Pisanello, Padulano e San Salvatore, l’aristocratica coppia dovette risiedere per un certo periodo, dal momento che almeno uno dei loro figli, Giovan Pietro, risulta esservi stato battezzato il 5 luglio 1616.
Il corposo articolo, corredato da utile e completa bibliografia, descrive una placchetta istoriata di altissima qualità (la cui foto Franco Boggero invia a Boraccesi, come si legge nella nota 1), che assieme ad altre quattro, ora conservate al Rijksmuseum di Amsterdam, impreziosivano uno smembrato cofanetto delle dimensioni press’a poco di cm 65 x 25 x 40, appartenuto alla predetta nobile famiglia genovese.
Giovan Filippo Spinola commissionò il lavoro all’argentiere fiammingo Matthias Melin (Anversa 1589-1653), a quel tempo attivo nel capoluogo ligure, che la realizzò nel 1636, in occasione delle sue nozze con Veronica Spinola, futura principessa di Molfetta.
Le scene ritratte sui lati della preziosa cassetta –come annota con estremo dettaglio l’Autore- “esaltano pubblicamente alcune imprese memorabili della potente famiglia genovese, a quel tempo sotto la tutela della Spagna: l’Assedio di Gulik, la Consegna delle chiavidi Breda ad Ambrogio Spinola, il Matrimonio di Giovan Filippo Spinola e Veronica Spinola, l’Ambrogio Spinola durante l’assedio di Casale, La presa di possesso del feudo di Borgo San Pietro in Galatina”.
La scena presenta sulla destra la carrozza a padiglione, con i duchi, che si dirige verso San Pietro in Galatina. “Un popolo di soldati a piedi, a servizio del duca, si assiepa lungo la strada e intorno alla carrozza; tra questi, alcuni, come si può desumere dal loro abbigliamento, sono soldati romani, come quello in primo piano, che ha infilato nel braccio sinistro lo scudo ovale decorato nel mezzo dallo stemma degli Spinola. Sul fondo del corteo, in prossimità della massiccia cinta bastionata come pure nel margine destro, sono presenti altri uomini armati, dei Turchi, riconoscibilissimi soprattutto per il loro turbante: minuziosa è la raffigurazione dell’ufficiale a destra, colto nell’atto di ringuainare la spada… A sovrastare la scena –continua Boraccesi- appena descritta, la seguente iscrizione a lettere cubitali: OPPIDUM SANCTI PETRI INGRESSURUS DUX / IO(ANNES) BAT(IS)TA SU(M)MO CUM CIVIUM APPLAUSU / ET IUBILATIONE EXCIPITUR.
Dal punto di vista iconografico, però, quello che della placchetta interessa maggiormente è la probabile raffigurazione della città di Galatina: un tratto della cinta muraria – con merli, torricelle e un imponente torrione circolare – che racchiude l’antico borgo, ove pure riusciamo a distinguere il profilo della supposta chiesa di San Pietro che nel 1633, dunque poco prima della realizzazione della lastra in esame, si decise di riedificare a spese dell’Università e che in parte fu terminata nel 1640”.
Ancora, scrive lo stesso: “L’ipotesi che questo documento figurativo sia effettivamente la veduta di Galatina è avvalorata dal confronto con quella nota riprodotta su una tela seicentesca (post 1657-ante 1675) conservata nel palazzo vescovile di Otranto, ma direi soprattutto con l’incisione tratta dalle Memorie (1792) di Baldassar Papadia…”.