di Giovanna Falco
Nell’articolo Antonio Bortone da Ruffano (1844-1938), il mago salentino dello scalpello, pubblicato il 30 dicembre 2010 su Spigolature Salentine da Paolo Vincenti, si è parlato a lungo del monumento a Fanfulla da Lodi di Antonio Bortone, scultura che, sin dalle sue origini, ha vissuto una storia travagliata.
L’opera, così come si riscontra osservandola, è ispirata a Niccolò de’ Lapi ovvero i Palleschi e i Piagnoni (1841), il romanzo di Massimo D’Azeglio ispirato all’assedio di Firenze del 1530: Fanfulla da Lodi, divenuto frate domenicano, lascia il saio per riprendere le armi[1].
La statua in gesso fu modellata a Firenze nel 1877, anno in cui fu esposta anche a Napoli. L’anno successivo fu inviata all’Esposizione Universale di Parigi insieme a un busto in gesso. Durante il trasporto subì vari danni, nonostante ciò vinse la medaglia della terza classe insieme alla Chioma di Berenice del milanese Ambrogio Borghi (1848-1887)[2].
Le traversie di quest’opera non finiscono qui: sono state raccontate da Teodoro Pellegrino in La vera storia del Fanfulla[3]. Durante la lunga permanenza a Firenze, il gesso rischiò di essere distrutto, lo salvò Brizio De Sanctis, preside dell’Istituto Tecnico leccese, che si prodigò affinché fosse trasferito a Lecce[4]. Qui, grazie all’intervento di Giuseppe Pellegrino[5], grande estimatore di Bortone, nel 1916 la scultura fu donata al Museo Civico di Lecce (all’epoca alloggiato nel Sedile)[6].
Rimandata a Firenze per essere fusa in bronzo, nel 1921 fu inaugurata e sul basamento fu apposta la targa commemorativa scritta da Brizio De Sanctis (trascritta nell’articolo di Paolo Vincenti).
La statua, destinata originariamente all’atrio dell’Istituto Tecnico, fu collocata nello slargo delle ‘Quattro Spezierie’, di fronte a palazzo Carafa[7], poi fu trasferita nel «ridente giardinetto della P. Raimondello Orsini»[8], da dove fu rimossa per essere sistemata lungo il viale principale della Villa Comunale di Lecce[9].
In occasione dell’inaugurazione del Museo del Teatro romano, avvenuta l’11 settembre 1999, l’Amministrazione Comunale dell’epoca ha deciso di sistemare nuovamente il monumento in piazzetta Raimondello Orsini, collocandolo al centro di un’aiuola.
Se la storia di questo monumento, pur se travagliata, ha avuto un esito positivo, non si può dire altrettanto di altre opere di Antonio Bortone.
Nel 1913 fu inaugurato in piazza Sant’Oronzo il monumento a Quinto Ennio, che sorgeva di fianco all’inferriata che cingeva la porzione dell’Anfiteatro romano riportata alla luce in quegli anni. Era formato da «un basamento sul quale si eleva una colonna prismatica ed un’aquila romana poggia sopra fasci littorii»[10], l’aquila in bronzo si ergeva su una pergamena recante uno scritto del grande poeta romano[11].
In occasione dell’ultimo conflitto mondiale l’aquila fu fusa per costruire armi, hanno subito lo stesso trattamento altre sculture in bronzo, tra cui il busto a Gioacchino Toma di De Matteis (1898), in piazzetta Falconieri, per il quale Bortone era intervenuto nella progettazione del basamento in marmo di Castro.
Nei pressi dell’accesso all’Anfiteatro si può ammirare ancora la base del monumento a Quinto Ennio in pietra di Trani, ornata da una fascia bronzea finemente scolpita. Stessa sorte dell’aquila di Quinto Ennio, ma per motivi diversi, hanno subito i quattro cavalli alati della fontana che sorgeva in piazza Duomo. La vasca in cemento e i cavalli disegnati da Bortone, furono realizzati dalla ditta dei fratelli Peluso. La fontana fu inaugurata il 15 aprile 1925, in occasione del Congresso Eucaristico, negli anni ’50 del Novecento il sindaco Oronzo Massari[12] la fece rimuovere.
[1] Fanfulla da Lodi era stato uno dei personaggi principali del precedente romanzo di Massimo D’Azeglio Ettore Fieramosca, o la disfida di Barletta (1833), dove lo presentò come un uomo astuto, dandogli il merito di aver ucciso le cavalcature dei giostratori francesi durante la Disfida di Barletta, la contesa fra tredici cavalieri italiani e altrettanti francesi, combattuta nelle campagne pugliesi nel 1503. In realtà, Fanfulla, al secolo Giovanni Bartolomeo Tito Alon, soldato di ventura, poi cavaliere e infine capitano di bandiera, presumibilmente morì durante la battaglia di Pavia del 1525.
[2]Cfr. M. GARDONIO, Scultori italiani alle Esposizioni Universali di Parigi (1855-1889): aspettative, successi e delusioni, Tesi di dottorato di ricerca, Università degli Studi di Trieste, a.a. 2007-2008, p. 73.
[3] T. PELLEGRINO, La vera storia del Fanfulla, in «La Carrozza», 1978.
[4] Nel 1929 l’Istituto Tecnico (attuale Istituto Tecnico Commerciale O. G. Costa) ospitava due opere di Antonio Bortone: una targa a Giosuè Carducci, inaugurata il 25 maggio 1907 (dispersa) e il busto in bronzo di Giuseppe Ceschi, inaugurato il 6 giugno 1905 (Cfr. A. FOSCARINI, Guida storico-artistica di Lecce, Lecce 1929, p. 188).
[5] L’avvocato Giuseppe Pellegrino fu sindaco di Lecce da 1895 al 1899 e pro-sindaco dal 1908 al 1911. Durante il suo mandato furono realizzate importanti opere pubbliche, basti pensare all’istituzione della tranvia Lecce – San Cataldo e al nuovo Acquedotto Cittadino. Riguardo Antonio Bortone, sostenne per tutto il primo sindacato la realizzazione del monumento a Sigismondo Castromediano (inaugurato nel 1905), riuscendo ad ottenere numerosi contributi per la sua realizzazione.
[6] Cfr. A. CASSIANO, Le arti figurative: dall’Unità alla Prima Guerra Mondiale, in M. M. RIZZO (a cura di), Storia di Lecce dall’Unità al secondo dopoguerra, Bari 1992, pp. 679 -710.
[7] Lo slargo delle ‘Quattro Spezierie’ si apriva all’incrocio tra le vie Vittorio Emanuele II, Francesco Rubichi e Imperatore Adriano, di fronte all’ala di palazzo Carafa che si affaccia su piazza Sant’Oronzo.
[8] A. FOSCARINI, Op. cit., p. 44.
[9] Nella ristampa della Guida storico-artistica di Lecce di Amilcare Foscarini, pubblicata a Lecce nel 2002 a cura di Antonio Eduardo Foscarini, alle pagine 69, 70 e 71 sono pubblicate le fotografie dell’epoca in cui compare il monumento nelle tre antiche ubicazioni.
[10] A. FOSCARINI, Guida storico-artistica di Lecce cit., p. 91.
[11] La fotografia del monumento a Quinto Ennio è stata pubblicata nella ristampa di Antonio Eduardo Foscarini a p. 113, quella del busto a Gioacchino Toma a p. 87.
[12] Cfr. A. FOSCARINI, Guida storico-artistica di Lecce cit., p. 61; M. FAGIOLO – V. CAZZATO, Le città nella storia d’Italia. Lecce, Lecce-Bari 1984, p. 178. La fotografia della fontana è pubblicata nella pagina successiva dell’opera di Fagiolo e Cazzato.
bell’articolo, Giovanna. molto ben documentato. da ruffanese a da estimatore del grande Bortone, ti ringrazio molto.
Paolo Vincenti
[…] https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/10/11/fanfulla-da-lodi-ed-altre-opere-leccesi-di-antonio-… […]
Non so se qualcuno leggerà questo mio commento, fatto dopo 7 anni dall’articolo. Mi sono occupato delle vicende delle opere in bronzo che vennero fuse per esigenze belliche nel corso della seconda guerra mondiale, documentando tutti gli avvenimenti. Tra i bronzi fusi figurava anche un’altra opere di Antonio Bortone, il busto di Cosimo De Giorgi, collocato davanti alla prima sede del Liceo scienticico a lui intitolato il 1° dicembre 1929, nel settimo anniversario della morte di De Giorgi. Per chi volesse documentarsi, tutta la vicenda è contenuta nel mio volume FATTI, VICENDE E PERSONAGGI DEL “COSIMO DE GIORGI”, PRIMO LICEO SCIENTIFICO DI PUGLIA, che si può trovare esclusivamente presso l’omonimo Liceo, a Lecce.
Letto il commento solo oggi. Interessante! Spero di aver modo di consultarlo