di Armando Polito
Non mi importa minimamente se con questo mio scritto mi inimicherò qualche lettore amante dell’arte venatoria ridimensionando, magari, anche il suo giudizio positivo su qualche mio post precedente e pregiudicando inesorabilmente quello su tutti i futuri. Anzi, invito tutti i cacciatori a non cedere alla tentazione di leggermi, anche perché la prima parte potrebbe risultare indigesta anche a quello che eventualmente fosse curioso di saperne di più dal punto di vista storico.
Arte venatoria, dicevo. Su arte mi limito a dire che è dal latino arte(m), connesso con la radice ar-, la stessa di arto e di articolo, che ha in sé l’idea dominante di attaccare (sulla derivante idea di protesi tornerò dopo). Il discorso risulta più complesso per venatoria: essa è dal latino venatòria(m), dal verbo venàri=andare a caccia, da una radice vi– con la dominante idea di assalire, sopravvissuta nelle zone più disparate del mondo (riporto a mo’ di esempio, tra le infinite voci, l’antico slavo voina=guerra, voi=guerriero, vojnŭ=soldato, l’antico scandinavo veidhi=caccia) e presente anche nel latino vis=violenza.
Non mi meraviglio del successo senza tempo della radice che, purtroppo, è alla base della vita animale, anche se in quest’ambito sarebbe doveroso da parte degli umani tener presente il diverso esercizio della forza praticato, rispetto a noi, dalle cosiddette bestie.
La nostra intelligenza ci ha portato allo splendido risultato di fare della violenza uno strumento di spettacolo in cui la morte, naturalmente altrui, è addirittura fonte di entusiastico piacere. Il pensiero corre subito alla corrida, ma la storia è antica e lunghissima; perciò, sempre per brevità, dirò che forse non tutti sanno che tra gli spettacoli del circo nell’antica Roma un successo pari alle lotte tra gladiatori riscuotevano le venatiònes (alla lettera cacce), cioè il combattimento tra gladiatori e fiere o (e i Cristiani dell’epoca lo sperimentarono sulla loro pelle) la lotta (?) tra persone inermi e fiere (magari tenute preventivamente a digiuno).
Non posso, per onestà intellettuale, accomunare a queste manifestazioni il cosiddetto cannibalismo rituale o i sacrifici umani che, antichissimi (ma l’eco permane pure in certe leggende romane in cui è esaltata la figura del capo che si sacrifica perché l’esito della battaglia sia favorevole), avevano almeno uno scopo propiziatorio: questo tipo di violenza è definito “culturale”.
Ma la cultura non è qualcosa di statico o un alibi per giustificare il perpetuarsi della violenza. Se la caccia per l’uomo primitivo (e non solo) ha rappresentato per millenni l’unica forma di sostentamento, la cultura ci ha poi consentito di sostituirle, con le stesse finalità, l’allevamento. Qualcuno mi obietterà: la caccia è sostanzialmente uno sport. Ribatto che perfino alcuni illuminati scienziati sostengono che oggi la vivisezione è una pratica, oltre che crudele, anche inutile. Si ha ancora il coraggio di affermare che la caccia è uno sport quando con le armi ultramoderne dotate anche (proprio come le fotocamere e le videocamere) di stabilizzatori e puntatori laser (questo modello di fucile non è uscito? uscirà, uscirà…) pure io, che non ho mai imbracciato un’arma, sarei in breve capace di centrare un’aquila a tre km. di distanza? Si tratta di protesi veramente miracolose, altro che quelle esaltate in rete come soluzione finale del problema dell’impotenza..senza dire che l’abilità nel tiro può essere coltivata con metodi incruenti (i poligoni non sono solo figure geometriche) e non a spese, ormai, di qualche volatile d’allevamento cui l’uomo, generosissimo, ha concesso qualche attimo di libertà (i famosi “lanci”).
E il contatto con la natura, lo spirito d’avventura (!) dove lo mettiamo? Mi pare abbastanza evidente dove se li è messi il cacciatore odierno, che farebbe meglio a fare le sue escursioni munito solo di fotocamera.
Ma il massimo dell’ingenuità la raggiungo quando non mi rendo conto che proibire la caccia equivarrebbe a mettere in ginocchio le fabbriche di armi col conseguente lìcenziamento di schiere di operai (forse già malpagati) e di dirigenti (forse da tempo ultrapagati…).
È il solito ricatto economico che in questa dannata società obnubila le coscienze fino a stabilire, per esempio, accampando squallide e vergognose motivazioni di ricerca scientifica (!), che la caccia alle balene può continuare.
Unico conforto per un ingenuo e stupido come me la notizia che il tale cacciatore ha impallinato il suo collega o, letta di recente, che il cane ha sparato al proprio padrone (nella nostra presunta superiore intelligenza siamo veramente sicuri che quel cane abbia premuto accidentalmente il grilletto?).
L’anno scorso (vivo ai Masserei in quella che fino a qualche decennio fa si poteva definire campagna e che oggi si può tranquillamente considerare centro abitato con grandi spazi) ebbi un diverbio con un cacciatore che aveva sparato (non so a chi o a che cosa, dal momento che non sono rimaste nemmeno le mosche) alcuni colpi di fucile a poca distanza (meno di 50 m.) dalla mia abitazione. Sosteneva di essere a distanza regolamentare, solo che la dstanza improvvisamente si accorciò quando minacciai di telefonare ai Carabinieri; si allontanò borbottando con la coda, pardon, il fucile tra le gambe e Dio solo può dire quanto desiderai (pure io, all’occorrenza, so essere cattivo) che gli partisse un colpo…
Legge 11 febbraio 1992 n. 157 articolo 21: È vietato a chiunque: (lettera e): l’esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro… ; (lettera f): sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro…
Come non essere d’accordo con Armando, a meno che non si sia devoti seguaci della bella e italica Diana, signora delle selve, protettrice degli animali selvatici, custode delle fonti e dei torrenti, protettrice delle donne (cui assicurava parti non dolorosi) e solo in un secondo momento assimilata alla dea greca Artemide assumendone il carattere di dea della caccia. Considerato il costante decremento del numero di cacciatori in Italia (dal 1980 al 2007 il calo è stato del 55,8 %, dati Istat) tra non molto per vederne uno dovremmo recarci in una qualche oasi protetta o riserva naturale, gestita magari dalla LIPU o dal WWf, destino beffardo e crudele (per i cacciatori…le quaglie, e non solo loro, ringraziano).
ho letto con grande interesse l’articolo e, malgrado l’autore ritiene poco interessanti i commenti di chi non la pensa come lui, mi permetto di dire la mia opinione… ritengo questo articolo divertente da leggere nel quale più che la filosofia del cacciatore si legge a chiare lettere la filosofia dell’anticaccia integralista… ho le mie opinioni sulla caccia, rispetto chi la pensa in maniera diversa, respingo però al mittente la cattiveria di chi spera che parta accidentalmente un colpo di fucile a un cacciatore che, a detta di chi scrive e senza aver sentito la controparte, era troppo vicino a una casa di campagna. mi chiedo quanto influisca sugli equilibri naturali di quel territorio il passaggio fugace di un cacciatore e quanto influiscano sugli equilibri dello stesso territorio quelle case, o meglio ville, villette e quant’altro, spesso costruite e abitate dagli “amanti della natura”, che vita natural durante impediranno non solo a qualsiasi animale di vivere in un perimetro di centinaia di metri, ma anche a tutta la flora naturale “erbacce” di crescere e creare quell’ambiente che una volta regnava incontaminato e che oggi purtroppo non c’è più malgrado i dati istat dicano che oggi i cacciatori siano diminuiti di oltre il 50%…
Non è che quel cacciatore sensibile solo alla parola “Carabinieri” era proprio lei?
Armando! lei è davvero simpatico… purtroppo appartengo a quella specie che rispetta in maniera esagerata le regole e ti dico pure che sono (forse addirittura più di lei) decisamente contrario a tutti quei cacciatori che sono superficiali e approssimativi sia nel rispetto della legge che nel rispetto delle regole del buon senso… io sono grande amico dei carabinieri molti dei quali sono cacciatori e spesso (io vado solo la domenica quando non sono al lavoro) andiamo a caccia insieme…
Le credo sulla parola, ma colgo l’occasione per ricordare che tutte le opinioni sono rispettabili in modo direttamente proporzionale alla capacità di convincimento della loro motivazione. In particolare, poi, mi sorprende l’affermazione che l’antropizzazione, sia pur controllata, impedirebbe la sopravvivenza stanziale o meno di specie selvatiche. Ho salvato non so quanti uccellini dalle grinfie del mio gatto e da quelle di altri randagi e non ho certo approntato tagliole o mi apposto col fucile per evitare che le volpi, come è già successo qualche mese fa in pieno giorno, mi portassero via qualche gallina che avevo imprudentemente lasciato razzolare in libertà.
Condivido, invece, la sua osservazione relativa all’incongruenza tra testo e titolo, ma in questo non ho colpa e mi accingo a dimostrarlo. Mi permetto la presunzione di affermare che il mio modo di esprimermi, anche nella scrittura, concede ben poco a fronzoli ed orpelli, sicché anche una sola virgola ha una funzione fondamentale e la sua omissione può creare danni irreparabili. Figurarsi quando viene soppressa un’immagine che integra lo scritto, ancor più quando si tratta di una vignetta! È proprio quello che è successo in questo caso: la vignetta omessa per fortuna è ancora visibile, non so per quanto (perciò se ha interesse e voglia di controllare la invito a farlo al più presto), all’indirizzo
http://spigolaturesalentine.wordpress.com/?p=8358&preview=true
dove il mio scritto è uscito la prima volta. A questo punto pregherei la redazione della Fondazione di evitare inconvenienti del genere, almeno per quel che riguarda i miei contributi, perché non si ripeta quanto già successo prma ancora con un altro lavoro di ben altro e più ampio respiro…
Che, poi, la vignetta fosse felice o infelice, anche questo bisognerebbe dimostrarlo, e, per finire, non sono a priori indisponibile, come da lei sostenuto, a rispettare e ancor più ad accogliere le opinioni altrui, purché, ribadisco, sufficientemente motivate.
Caro Armando
non abbiamo mai censurato foto e vignette, tantomeno le tue! purtroppo nello spostamento di buona parte degli articoli dal blog al sito, operazione questa in buona parte automatica, del materiale iconografico, non so dirti perchè, si perde. Così per esempio è successo con tutti gli articoli dell’amico e socio Massimo Negro, ampiamente corredati di foto, che probabilmente dovremo rieditare chiedendo il suo permesso di prelevarli ancora una volta dal suo blog personale.
Se si noteranno dunque delle mancanze vi preghiamo di segnalarcele. Se possibile le recuperiamo dal vechio blog, altrimenti eliminiamo l’articolo in questione.
Ci stiamo impegnando molto per la perfezione, ma notiamo che è difficile raggiungerla
Caro Armando… la parola “caro” non è, mi creda, di circostanza… sono convinto che, come ho avuto modo di sperimentare in altre esperienze, quando si comincia a comunicare in maniera chiara e rispettosa con le persone, non con tutte, ma con qualcuno di sicuro, anche con coloro che si crede siano i più acerrimi nemici, probabilmente si scopre di avere molte opinioni in comune e spesso, almeno a me è successo che dal confronto ho avuto sicuramente modo di arricchire le mie conoscenze e di allargare il punto di vista delle opinioni… cercherò di esprimere in maniera chiara le mie opinioni, nel senso di argomenti dei quali sono fortemente convinto… detto questo cerco di chiarire il mio pensiero sull’antropizzazione del territorio… le faccio un esempio… io provengo da una famiglia di contadini di Cutrofiano, i miei genitori sono nati e cresciuti amando e lavorando la terra, mio padre era un cacciatore, forse un po’ sognatore, mi portava a caccia in tanti posti di straordinaria bellezza, dalla serra ai bacini di Ugento, dai boschi bellissimi di Specchia ai boschi di Sant’Elia e Fraciola di Maglie, posti in cui c’erano siepi naturali fittissime, terreni incolti, paludi vicino a Cutrofiano di un incredibile fascino (micidiali zanzare a parte!)… ricordo quando con mio padre (io ancora bambino) andammo a caccia il giorno dell’apertura di una nuova stagione venatoria, giunti sul posto, non trovammo più le bellissime siepi nelle quali nidificavano numerosissime specie di uccelletti, nelle quali vivevano serpi, donnole, insetti in uno straordinario equilibrio naturale… mio padre mi disse… qui distruggeranno tutto… in quel posto c’erano le fondamenta di una casa al posto della siepe, non mi portò mai più in quel posto a S.M. di Leuca… ci sono tornato da grande, da solo, non c’era più una sola siepe, ma solo ville con piscina in mezzo a ciò che restava degli uliveti potati solo per ornamentare le numerosissime villette nate negli ultimi vent’anni… questo non è successo solo a Leuca, ma ovunque… è successo a Ugento dove ora hanno istituito un parco forse solo per proteggere villaggi turistici, case e il cemento intorno ai bacini dove prima invece c’erano solo cannette di palude… è successo a Gallipoli, intorno ai boschi dell’entroterra, è successo in quasi tutto il Salento (non tutti hanno avuto una Renata Fonte!)… Oggi sono diventate rarissime le capinere, i fanelli, e tante altre specie di piccoli uccelli privi di qualsiasi interesse venatorio, tutte specie che si riproducevano in quelle siepi, in quei boschi(oggi molti illuminati a giorno… sono diventati molto rari anche i serpenti ancora oggi l’uomo li prende a bastonate se li vede vicino la loro casa (molto interessante il tuo articolo in merito che ho anche all’epoca pubblicato sulla pag. fb del mio gruppo musicale “cardisanti”), sono rimasti in numero notevole solo i tordi, in autunno, che guarda caso sono l’unica specie che sul serio viene cacciata in maniera massiccia… Spero di essere riuscito a spiegare bene perchè sono convinto che l’antropizzazione ha fatto danni irreparabili al nostro territorio… io oggi vado a caccia forse per cercare di rivivere quelle emozioni e con la convinzione di non essere un distruttore del nostro ambiente, ma con la rabbia di chi a oggi non gli basta più la tutela del nostro territorio, ma vorrebbe fortemente un forte recupero ambientale per ripristinare una natura che ha permesso a tantissimi animali di vivere in armonia e a tanti cacciatori (e qualche bambino) di sognare…
Caro Marcello, l’omissione che, come apprendo, non ha coinvolto solo me non l’ho neppure lontanamente interpretata come forma di censura, parola non inclusa, anzi bandita dal vocabolario di Spigolature salentine e, ne sono certo, anche da quello della Fondazione; ho pensato che fosse dovuta all’esigenza, come già successo nel lavoro di cui ho parlato, di risparmiare spazio. Ora so che non è così e vuol dire che la redazione dovrà avere la bontà di assumersi l’onere di recuperare ed inserire manualmente il materiale non testuale. Dovrebbe funzionare un semplice copia-incolla, ma, se questo non dovesse funzionare, occorrerà richiedere agli autori le immagini. Quanto alla perfezione, non è di questo mondo e possiamo solo aspirare a tendere ad essa; e, sotto questo punto di vista, la Fondazione, per quel che può valere la mia opinione, è senz’altro sulla strada giusta. Buon lavoro!
gli Autori ci segnaleranno le mancanze e provvederemo, per quanto possibile a rimediare. Importante anche guardare se sono sfuggiti i “tag”, che sono notevolmente utili nella ricerca sul web.
Dispiace che non potremo trasferire tutti i vecchi articoli, avendo escluso quelli non pertinenti gli scopi della Fondazione. Ma è un cantiere aperto e benvengano tutti i suggerimenti che ci permetteranno di migliorare. Ricordiamoci di pensare anche e sempre ai tanti “terradontrini” sparsi nel mondo, ai quali in particolare si rivolge il nostro sito, tentando di non farli mai scordare le loro radici.
p.s. dimenticavo… Caro Armando se qualche sciagurato si avvicina sparando in direzione della tua casa non esitare a chiamare, non i carabinieri, ma la polizia provinciale o il corpo forestale dello stato che sono gli organi preposti alla vigilanza… dovrebbero intervenire prima e con maggiore competenza…