di Elio Ria
Gallipoli oggi pomeriggio è davvero tranquilla: un’atmosfera surreale si spande dappertutto, anche negli angoli più remoti dei vicoli quasi ciechi della città antica. Interminabili silenzi sommessi di mare e di piazze snodano immagini di gente. Il duomo nelle sue altezze dalle linee sterili, e offuscate dalle ombre delle corti appare come il luogo della vera dimora di Dio. E seppure l’antichità del borgo è frastagliata e imbottita di negozi e pizzerie e ristoranti, vedo nei dettagli di antichità dei palazzi l’indicibile bellezza del tempo che sa resistere a se stesso.
Gallipoli oggi mi è di sollievo. Respiro aria nuova e i mie passi per le vie dimenticano pigrizia e angoscia. Non so se per le contrade aleggiano spiriti, ma la fantasia coinvolge finanche il cielo, che improvvisamente muove nubi con vento garbato verso l’antologia delle parole sacre per raccontare il travaglio della terra.
È un gustare vivace di ogni intorno e diligentemente ogni cosa contemplo. La città non vive l’assillo di agosto e il frastuono delle voci forestiere è lontano. C’è l’alchimia della quiete che nella luce che s’appresta al tramonto in estensioni di ombre acrobatiche concede letizia al pescatore nell’ora di riposo.
Nessun precetto impone il volo iperbolico di un gabbiano: le sue acrobazie disegnano infiniti finiti sul cielo a ridosso del porto e del castello, certamente vorrebbe segnalare qualcosa, stupido io ad avere guardato altrove.
Ho la sensazione di vivere alla giornata senza nessun fardello addosso; libero come il passero diffidente e furbo della città che non si lascia ingannare, che sa dove andare a beccare e non si lascia prendere, e poi spicca il volo appagato del suo vivere gioioso e facilitato dalla spensieratezza della città.
Senza avere aggiunto nulla di mio al paesaggio che mi è stato donato agli occhi, ho immobilizzato le immagini della città per avvalermi in seguito della facoltà del ricordo di un pomeriggio che nel garbo di un luogo ha disposto emozioni soddisfacenti e piacevoli.