di Elio Ria
Biagino ha bottega in via Marconi a Tuglie, nei pressi della Barbieria di Tommaso Ingrosso. Succede che al buongiorno del maestro Tommaso egli risponde come d’abitudine con una parolaccia. Le parole allora non si contano e la commedia ha inizio.
È un animale selvatico, non potrà mai essere addomesticato, ogni tanto concede una smorfia di sorriso che nell’istante stesso in cui lo pronuncia esplode sarcasmo e bestemmie.
Tomamso Ingrosso lo apostrofa con “squaiatu te cervello” che a volere dare una traduzione letterale sarebbe come dire matto, senza cervello. Un epitaffio perfetto, qualora decidesse di andarsene per sempre, per onorare la sua grande figura.
Nel suo camminare a testa bassa sussurra oppure urla imprecazioni contro un passante oppure inveisce contro Moris Panareo o Antonio Cannone.
Amico dei potenti della politica, è intoccabile, può qualsiasi cosa, nulla gli è negato. Compare di presidenti e onorevoli, mastica e digerisce prelibatezze della terra del Salento, con il suo vino e il suo olio fa affari d’oro.
Squaiatu te cervello, non teme nessuno, è spregiudicato e insolente.
Biagino è così! Non frequenta salotti, ma è un bergolo. Nel pettegolezzo è accorto e non sciocco.
Che gran bella cosa il dialetto che con il favore della lingua esplica e delinea virtù e difetti degli uomini. Tommaso detto Sipana è un cultore del dialetto e definizioni ne ha per tutti. Egli è la memoria storica dei fatti e fatterelli di un paese che nei paradossi e negli scherzi ironizza su cose e fatti e ne amplifica la notorietà e il divertimento.
Netta, Telina trenta capelli (perché trenta non si sa), Rocco Cristo, Ntunucciu, alcuni dei più famosi, rivivono grazie ai suoi racconti piccanti e folcloristici. Storie minime ma ugualmente belle e divertenti.
Ed è bello questo “squaiatu te cervellu” che nella sonorità delle parole individua il folle e non vi è la necessità di aggiunte e specificazioni.
E questa pagina sia un omaggio non allo “squaiatu te cervellu” ma alla tradizione popolare che attraverso l’oralità tramanda e non fa cadere nell’oblio i fatti di una quotidianità semplice di una comunità.
Lingua viva che fa breccia nel conformismo dialettico del parlare comune, quello stereotipato e anonimo dei luoghi comuni, degli slang anglosassoni e dei termini cibernetici.
Niente di fronte a uno “Squaiatu te cervellu” qualsiasi, quell’idioma dialettale che con tratto intelligente e divertente Elio Ria qui ci offre sottoforma di riflessione personale e interazione con noi pubblico-lettore.
Biagino e Tommaso, due personalità forti e due personaggi pittoreschi di un folclore che ancora è colorato, vivo, imprevedibile, passionale.
Bestemmie e parolacce a parte, mi auguro che nessun paese perda mai la sua anima.
Beh, quarche ssantu ogni ttantu tocca llu scoddhi cu tte ddefrischi ‘nu pocu armenu cu lle palore!