di Paolo Vincenti
Saverio Lillo nasce a Ruffano nel 1734. Inizia giovanissimo a dipingere, spinto soprattutto dalla necessità, a causa delle ristrettezze economiche in cui versava la sua famiglia. Sposatosi a 21 anni con Margherita Stefanelli, che gli diede ben sette figli, accettava ogni tipo di committenza per sbarcare il lunario. Ben presto venne a contatto con la nobiltà salentina, per la quale il Lillo iniziò a produrre le sue inconfondibili Madonne, dal tenero incarnato e dal volto dolce e malinconico.
Nel 1765, quando ormai aveva abbracciato in pieno l’arte come sua ragione di vita, iniziò la sua opera più importante: le tele della nuova chiesa parrocchiale Beata Maria Vergine di Ruffano, su committenza della Confraternita del Rosario, per un prezzo di 160 ducati, un prezzo certo molto modesto ma che il Lillo accettò volentieri poiché voleva lasciare l’impronta della sua arte nella chiesa madre del suo paese.
La prima opera è la tela centrale, raffigurante “Eliodoro che ruba i tesori del tempio”, datata 1765. L’episodio è tratto dal II Libro dei Maccabei e il soggetto ricalca l’affresco del 1725 di Francesco Solimena nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli e la tela del leccese Serafino Elmo nella parrocchiale di Muro Leccese. Poi, la tela del “Trasporto dell’Arca”, episodio tratto dall’Esodo, che riprende l’omonima tela del leccese Oronzo Tiso nella chiesa di Sant’Irene a Lecce. Quindi, la tela della “Visita della Regina di Saba a Salomone”, la più bella del Lillo, episodio tratto dal III Libro dei Re, che ricalca la omonima tela di Oronzo Tiso nel Palazzo Baronale di Arnesano.
Il Lillo poi si occupò della tela ottagonale del transetto, raffigurante la “Natività di Maria Vergine” e, successivamente, delle tele degli estradossi, raffiguranti le virtù “Vigilantia, Fortitudo, Virginitas, Puritas, Una Fides, Iustitia, Constantia, Miseratio, Aelemosina, Spes, Charitas”.
Completa l’opera la tela “Gesù che caccia i profanatori del Tempio”, episodio tratto dal Vangelo di Matteo, che ripete le omonime tele di Liborio Riccio nella parrocchia di Muro Leccese e di Nicola Malinconico nella cattedrale di Sant’Agata a Gallipoli.
Nel 1776, dopo alcuni lutti in famiglia, come la prematura scomparsa di due sue figlie, si dedicò a dipingere la tela raffigurante “Il miracolo di Sant’Antonio e la conversione dell’eretico”.
Vissuto in un secolo in cui l’arte pittorica fioriva in Terra D’Otranto, circostanza che giovò alla sua formazione, non ebbe però la possibilità di frequentare le grandi scuole pittoriche del Settecento e questo influenzò la sua arte che non venne considerata, dai critici, degna dei grandi maestri dell’epoca.
Lillo morì a 62 anni e venne sepolto proprio nella chiesa parrocchiale che con tanto amore aveva decorato.
(Liberamente tratto da: “Saverio Lillo pittore ruffanese del Settecento”, di Aldo de Bernart, in “Ruffano una chiesa un centro storico”, Congedo Editore 1989).
Il Lillo, che non solo a Ruffano ha lasciato l’impronta della propria arte, morì nel 1765 e, da quel momento, scese su di lui un velo di silenzio, dispiegato, nel 1989, da una preziosa pubblicazione, la sopramenzionata “Ruffano una chiesa un centro storico”, ad opera di Aldo de Bernart e Mario Cazzato, che ha fatto riscoprire la figura di questo pittore del XVIII secolo, ingiustamente dimenticato.