di Wilma Vedruccio
Faceva il giro delle masserie con la sua carretta, tutte le mattine.
Una “motom” stracarica di tutto, tutto in una bisaccia a cavalcioni della moto. Buste di ogni tipo, sporte, panare, appese ai due bracci del manubrio. Una montagna di pacchi, lattine, involti, in una cassetta, sul sedile di dietro, ogni cosa separata a seconda della sua natura.
Arrivava con gran rumore di schioppettii del motore, piano piano, in un esercizio di equilibrio fra una pozzanghera e l’altra della vecchia strada e i cani gli andavano incontro festosi, a ricevere un pezzo di pane, un osso, un biscotto, a loro dedicato.
Spento il motore, faceva gli ultimi metri con i piedi, come in un atterraggio di fortuna, come fanno grossi volatili da cortile nel toccare terra.
Calmo, sorridente, un po’ infreddolito, consapevole di essere atteso, appoggiava la moto al muro, toglieva i guanti dito a dito, sollevava la visiera del berretto nel mentre rivolgeva il suo calimera in un bonario sorriso. Di poche parole, cercava nel suo universo di cose, la cosa attesa, ordinata il giorno prima, da consegnare al committente di campagna.
Una spoletta di cotone, dei bottoni, forcine per i capelli, un paio di calzini, un bigliettino d’auguri… come lo si era atteso, immaginato, pregustato… la letterina per Natale poi… con i luccichii dorati e gli angioletti in trasparenza…veniva consegnata con complicità, in gran segreto alla bambina che sperimentava così la programmazione…
I giornali della settimana, La Domenica del Corriere per il padre, con i fatti della settimana e i fumetti del Signor Bonaventura per la piccola bambina, il Grand Hotel per la madre con infinite storie d’amore in bianco e nero.
Il petrolio per il lume, da un sacco di juta puzzolente, il mastice per la bicicletta che è forata da due giorni, la carne per il sugo, le pastiglie per il maldidenti …ogni cosa veniva fuori a suo tempo e quasi sempre era quella giusta, oppure la cambiamo per domani.
Entrava in casa per una tazza di caffellatte caldo, da bere piano finquando fosse ormai freddo, fare il conto della mercanzia, appuntare l’ordine per il giorno dopo, e il suo giubbotto era uno scrigno di tesori con infinite tasche, ciascuna con il proprio compito di custodia, vivente di vita propria, e poi c’era sempre una caramella per la piccola di casa…
Tornava verso la moto, sistemava con cura le uova fresche da portare ai committenti del paese, avvolte nella carta da giornale, perché non si rompessero con gli urti del viaggio, in un paniere, la ricotta ancora calda e gocciolante in un altro, ogni cosa al suo posto.
Rimetteva i guanti e il berretto, a cui abbassava le tese sulle orecchie e riaccendeva il motore, una breve corsa e via… verso la prossima casa di campagna dove era atteso da altri cani, altri bimbi, altre massaie.
Che acquerello fantastico, Wilma! L’uomo che descrivi si potrebbe sfiorare con le mani e addirittura percepire con l’olfatto. Sai tratteggiare ogni particolare con cura e rendere all’intera figura i colori e i paesaggi naturali che tanto rievocano e invocano un mondo sereno, un mondo avvalorato dalle cose semplici e dai buoni sentimenti. La caramella per la più piccola di casa, gli ossi e i biscotti per i cani, richiamano la fantasiosa abbondanza di Mery Poppins e sebbene Luvigi non ne abbia le sembianze, niente potrebbe sminuire la sua magica bontà.
Grazie, Wilma, per averci regalato un tuffo all’indietro e tanti, tanti schizzi candidi di entusiasmo.
semplicemente…grazie.