di Armando Polito
Semanticamente assimilabile all’italiano rovistare, al suo confronto la voce protagonista del post di oggi ha, però, una superiore suggestione sonora, pur non essendo, almeno così sembra, una voce onomatopeica.
Il suo etimo è controverso perché in Bollettino dell’Atlante linguistico mediterraneo, 8-9, Olschki, Firenze, 1966, pag. 161 si sostiene che alcune voci hanno assunto un significato metaforico nell’uso popolare e tra queste dei nomi di pesci: il veneziano ganzariol=sgombro e birro neofita (Boerio), siciliano sbirru, napoletano scurtone, e probabilmente anche l’abruzzese scurchiarille, scucchiarelle=sgombro, un nome affettivo, riflesso dal latino tardo sculca (Rew 7753 a)=guardia, spia, da cui discendono voci dialettali come il salentino scurcugghiare=frugare, molfettese skekelà=indagare, bitontino sklekuèue=spiare.
Nel suo Vocabolario dei dialetti salentini, Congedo, Galatina, 1976, tomo II, pag. 636 Il Rohlfs così tratta il lemma: rovistare, frugare, spogliare; cfr. il calabrese scurcugghià=pelare, smungere, il catalano escorcollar=esaminare minutamente; da curculio=verme del grano?
Il lettore avrà notato che alla certezza assoluta del primo etimo proposto si contrappone il dubbio del maestro tedesco. Ora, ai tempi del Rohlfs la rete con la sua mole di informazioni era ancora di là da venire, sicché si può con ragionevole certezza ipotizzare che il punto interrogativo che chiude la sua proposta sia espressione di un dubbio che non suppone affatto la conoscenza e tantomeno il rigetto della prima etimologia che ho presentato, anteriore di dieci anni.
Comincerò da questa dicendo che sul piano semantico non c’è molto da obiettare, se non il fatto che il latino tardo sculca è attestato (Du Cange, tomo VII, pag. 375) come sinonimo di excubiae=posto di guardia. Appare, perciò, come una piccola forzatura spia aggiunto a guardia quasi ne fosse un sinonimo. In realtà la sentinella e la spia osservano, sostanzialmente la prima da ferma, la seconda in movimento, per assumere dati da utilizzare, prevalentemente, nel caso della sentinella in funzione difensiva, in quello della spia offensiva. La discendenza, poi, da sculca del salentino scurcugghiare e delle altre voci riportate non mi pare sufficientemente giustificata sul piano fonetico.
E passiamo al curculio (in italiano gorgoglione) del Rohlfs. Si tratta di un parassita altrimenti detto calandra o punteruolo del grano (Sitophilus granarius L.) della famiglia dei Curculionidi. Non a caso Curculio è il titolo, oltre che il nome di un personaggio che impersona la parte del parassita, di una commedia di Plauto (III-II secolo a. C.).
Per completezza d’informazione va detto che alla stessa famiglia del parassita del grano appartiene pure il famigerato punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus Olivier, 1790).
Sul piano semantico anche qui non tutto fila linearmente, nel senso che bisogna armarsi di una buona fantasia e paragonare le dita di chi fruga al parassita. Tutto, invece, filerebbe liscio sul piano fonetico perché da curculio sarebbe derivato *curculiàre che, poi, con la prostesi di ex (*excurculiàre) avrebbe dato vita a scurcugghiàre.
Aggiungo che curculio ha tutta l’aria di essere una voce dal tema (cur/cul) raddoppiato e se è così potrebbe essere parente di culex=zanzara (Culex pipiens L.).
Si sarà già capito, per quel che può valere, con chi sto: il Rohlfs. Ciò mi permette fra l’altro (ma la scelta non è strumentale, anche perché le spie non scherzano…) di concludere dicendo che una volta tanto le conseguenze dell’azione di un uomo ispirata al nome di un animale sono meno pericolose e distruttive dell’attività principale di quest’ultimo, che, però, ha la sua giustificazione: per vivere deve pur mangiare…
E il pensiero finale è doveroso che vada al vergognoso (non per chi compie l’atto ma per chi, me compreso, forse solo per fortuna ancora non è arrivato a tanto, nella cristiana consapevolezza che potrebbe fare la stessa fine) spettacolo di chi scurcùgghia, per sopravvivere, nei cassonetti della spazzatura.