di Carla Martini
Ho pensato che in Puglia ci siano tanti ulivi quanti sono i pugliesi.
Ognuno ha il suo ulivo nel quale ha imprigionato una vibrazione del suo spirito. Ognuno ha ricevuto direttamente da Dio il compito di far vivere una creatura arborea dalle foglie d’argento, dal frutto indispensabile, dal tronco libero di darsi forma, statura, vetustà.
Ho pensato che gli ulivi siano uomini stessi che un giorno hanno scelto di fermarsi, di porsi in silenzio ad ascoltare, con i piedi affondati nella terra rossa ed aspra, con la mente rivolta a Dio per una lode eterna.
Sono dunque gli ulivi una emanazione spirituale di questo popolo? Essendo lo spirito eterno, il tempo è immortale, questa terra è per sempre. Così gli ulivi così gli uomini.
I piedi si fanno radici, le braccia si alzano al cielo, la terra è fisicità, il cielo è spiritualità.
Il silenzio è perfetto, il movimento è nello stesso punto, i colori sono nitidi nella simbiosi dell’ulivo con la natura circostante.
Se dico terra di Puglia, cielo, ulivi e mare, intendo il loro essere unico. Insieme si fondono nel silenzio, nel silenzio di uomini che hanno espresso lavoro, arte, gioia e dolore.
L’ulivo assurge a simbolo di tutto questo, mentre l’olio delle sue olive ha rischiarato secoli di storia dagli eventi spesso tragici, ma anche la pazienza di tutti coloro che umilmente hanno accettato il divenire dei tempi bui in quelli luminosi.
Ed è tutto nell’albero che dona speranza in quella lode verso Dio, perché quale uomo “trasformato” conosce. Infatti non è uomo pietrificato dal dolore, ma immerso in quella staticità che è propria della contemplazione mistica.
Ogni ulivo è diverso, quale scultore geniale scalpella il suo corpo. Non è tormentosa l’opera, ma discorso complesso da filosofo, che invecchiando diviene sempre più “capace” di dire.
Interpretare tali sculture sarebbe comunque svelare segreti o meglio misteri, forse il mistero del tempo in cui tutto nasce, muore e rinasce in quella emblematica resurrezione che solo il Cristo poteva offrirci.
La terra di Puglia avrà sempre i suoi ulivi… Così voglio citare Marco Aurelio… L’ulivo attraversa il tempo conformandosi alla natura; l’oliva, giunta a maturità, cade benedicendo la terra, rendendo grazie all’albero che l’ha prodotta. Ed il mare respira e tutto diviene di grande sapore ed il cielo mostra un sole cocente o gentile, per necessaria disponibilità ad una natura che dispone altro ancora, come il grano e la vite. Tutto per un banchetto di sontuosa povertà.
Sant’Agostino sostiene che la misura del tempo è dentro l’uomo, nel suo spirito; quindi il tempo posto nell’infinito racchiude la memoria di un popolo adatto ad ogni sacrificio, con la volontà di feste propiziatorie dove l’ulivo inghirlanda vincendo una tenzone con l’alloro.
Il legno pregiato dell’ulivo si fa porta o finestra o trave o croce, quando per forza maggiore deve essere sradicato. Anche un fuoco di sterpi d’ulivo profuma il cielo ed intorno. Sul fuoco il bel pesce si fa cibo, il mare patteggia il suo importante ruolo con la misericordia. La grande conchiglia è simbolo di accoglienza, il cielo si fa più azzurro con la generosità degli uomini.
L’ulivo mantiene il suo misticismo nella razionalità delle cose.
Ho pensato anche alle dissacrazioni che l’uomo ha compiuto nel corso della storia. Tutti i popoli le hanno esercitate, anche i begli ulivi le hanno contemplate, grandi ferite si sono aperte nei tronchi, il cielo ha ingaggiato tempeste così il mare così la terra. L’ulivo e l’uomo hanno riparato i danni e le lacrime si sono sparse. Si è fortificato lo spirito ed ancora c’è chi sceglie di costringersi in un eremitaggio sublime quale il fermarsi a dare lode a Dio, come l’albero di ulivo che si permette di piangere quando piove.
per sottoscrivere la petizione:
Rimango meravigliata e ammirata dalla fantasia delicata di Carla, quella creatività poetica che trasforma un albero in un uomo, un uomo in un albero ed entrambi in Dio, il Dio che si rivela in ogni sua creatura, propizio alla magnificenza dell’ulivo così come ai sentimenti umani. Chi vive, sia attraverso lo scorrere del sangue che della linfa, dovrebbe porsi in contemplazione e in armonia naturale con il Tutto, stemperare il proprio tempo con l’eterno e allargare il proprio spazio all’infinito. L’albero di ulivo, nobile e sudato emblema di una regione, di una storia e di un popolo, incarna alla perfezione il mistico appartenere al Creato e diventa augurio, da parte dell’autrice, a seguirne l’esempio, ad amare e a provare per esso quel rispetto che si deve al bello, alla vita e al suo divino.