“Briganti e pellirosse” di Gaetano Marabello
Recensione di Rocco Biondi
Nel libro viene tentato, per la prima volta in modo organico, un raffronto tra i pellirosse americani e i briganti dell’Italia meridionale. La storia di questi due popoli si svolgeva, con modalità molto simili, a tantissime miglia di distanza una dall’altra, senza alcun contatto fra loro. «In entrambi i casi, – scrive Marabello – quel che maggiormente impressiona è il tentativo quasi scientifico d’annichilire l’atavico modus vivendi delle popolazioni locali, praticato dai nuovi arrivati. Operazione che, lungi dall’essere attuata attraverso l’integrazione e il rispetto, sfociò invece in sistematiche azioni di genocidio fisico e culturale».
I territori dei due popoli furono occupati manu militari, camuffando l’intervento con buoni propositi e alti ideali. In realtà il vero obiettivo era e fu quello di impossessarsi delle ricchezze presenti in quei territori. In entrambi i casi si operò per conto di sovrani stranieri, senza dichiarazione di guerra.
Il settantennio che decorre dal 1799 al1870 havisto svolgersi a danno dei due popoli avvenimenti similari funzionali al loro annientamento. Gli invasori, in nome di uno pseudo progresso, distrussero tutto e tutti quelli che si rifiutavano di omologarsi al loro mondo.
Marabello è consapevole che il suo è un primo approccio alla complessa tematica e si propone ulteriori studi e approfondimenti. Ma l’indagine già fatta offre tantissimi spunti di riflessione e conoscenza.
Il libro si pone come un ricco dizionario di fatti e personaggi appartenenti ai due mondi, dei briganti e dei pellirosse, parallelamente confrontati. A cominciare dai segnali di sventura che profetizzarono la fine del Regno di Napoli e degli indiani. Per il primo i moti del ’21, del ’48, le spedizioni dei fratelli Bandiera e di Pisacane, la nota riservata della Polizia secondo la quale il famigerato Garibaldi stava cercando di mettere insieme “sei mila e più briganti per tentare un colpo di mano nel Regno delle due Sicilie”; per i secondi la comparsa di un’ape gregaria portata dall’uomo bianco. In entrambi i casi obiettivo comune era la conquista dei territori per sottrarli al vitale bisogno dei contadini meridionali e al pacifico storico possesso degli indiani.
Contro i contadini si schierarono i “galantuomini” italiani e contro gli indiani i “galantuomini” statunitensi. Fra i galantuomini italiani Marabello elenca: Camillo Benso conte di Cavour, Girolamo (Nino) Bixio, Enrico Cialdini, Enrico Morozzo della Rocca, Manfredi Fanti, Luigi Carlo Farini, Pietro Fumel, Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Govone, Alfonso Ferrero della Marmora, Gaetano Negri, Emilio Pallavicini conte di Priola, Ferdinando Pinelli, Alessandro Bianco di Saint-Joroz, Luigi Settembrini, Silvio Spaventa, Pasquale Villari. Di ognuno vengono tratteggiate significative note di demerito per i loro comportamenti e loro affermazioni contro il Sud.
Fra i galantuomini statunitensi che si sono distinti contro gli indiani vengono annoverati: George Washington, Andrew Jackson, Martin Van Buren, Abram Lincoln, John R. Baylor, James Henry Carleton, Kit Carson, George Crook, George Armstrong Custer, Thomas Sidney Jesup, Nelson Appleton Miles, Philip Henry Sheridan, William Tecumseh Sherman.
Questi galantuomini purtroppo hanno vinto. La storia ufficiale, scritta dagli agiografi dei vincitori, li esalta e li annovera fra i padri delle patrie. Ma vi è un’altra storia, quella dei vinti, che pian piano viene fuori e li valuta per quello che realmente sono stati: spesso criminali, massacratori e tagliatori di teste.
Fra i vinti meridionali e indiani, Marabello annovera sei protagonisti dalle vite parallele. La prima coppia è formata da José Borges e Chef Joseph. Ambedue accomunati da una disperata marcia effettuata. Il primo, generale spagnolo legittimista, percorre tutto il Sud d’Italia nel tentativo, poi fallito, di mettere insieme tutti i combattenti contro i Savoia per riportare i Borbone sul trono di Napoli; dopo vari successi militari, abbandonato anche da Crocco, fu tradito, catturato e fucilato presso i confini con lo Stato Pontificio. Il secondo, capo della tribù dei Nasi Forati, dopo che il suo popolo era stato condannato ad essere rinchiuso in una “riserva”, trascinandosi dietro donne vecchi e bambini, disponendo solo di 200 guerrieri, percorre oltre3000 chilometrinel tentativo di rifugiarsi in Canada; dopo aver battuto grandi generali statunitensi, ad un soffio dall’agognata salvezza, bloccato da un’abbondante nevicata, costretto ad arrendersi, fu mandato a morire in una lontana riserva.
Singolari coincidenze accomunano anche Carmine Crocco e Geronimo. Entrambi da giovani hanno subito torti in famiglia. Entrambi, prima della loro capitolazione, per anni impegnano con le armi soverchianti forze nemiche, vincendo moltissime battaglie. Entrambi passano decenni in carcere, dove muoiono. Entrambi, all’inizio del XX secolo, dettano in carcere le loro memorie.
Vite parallele vivono anche il brigante sergente Pasquale Romano e Victorio, capo degli apache Wram Springs. Entrambi furono indotti alla latitanza da una serie di torti subiti. Entrambi condussero azioni di guerriglia, cercando di limitarne gli eccessi. Entrambi morirono combattendo a viso aperto contro un nemico soverchiante.
Tantissimi altri e su varie tematiche sono i raffronti fatti da Marabello fra pellirosse e briganti. Ne citiamo alcuni. Molte donne, nei due campi, divennero guerrigliere e seppero usare le armi con la stessa maestria degli uomini. Molte di esse rimasero uccise in combattimento. Fra le brigantesse, tra le altre, vengono ricordate Michelina De Cesare, Maria Oliviero, Serafina Cimminelli, Maria Rosa Marinelli. Fra le guerriere pellirosse viene ricordata su tutte Lozen, che riuscì a conquistarsi un ruolo importante; era sorella minore di Victorio.
Tra i mezzi di conquista e propaganda, usati dagli invasori piemontesi e statunitensi, va ricordata l’allora nascente fotografia. Venne utilizzata su larga scala durante la stagione del Brigantaggio, divenendo un vero e proprio genere. Spesso vennero organizzate delle vere messe in scena dopo la cattura dei briganti o peggio dopo la loro uccisione. Fra i pellirosse, la notorietà conquistata in tanti anni di guerriglia fece di Geronimo uno dei soggetti più ricercati dai fotografi.
Altra tragica comunanza fra briganti e pellirosse sono i tantissimi eccidi di popolazioni inermi eseguiti dai conquistatori. Nel Sud d’Italia ricordiamo la distruzione dei paesi di Casalduni e Pontelandolfo, incendiati insieme agli abitanti, effettuata il 14 agosto1861. InAmerica il 29 settembre 1864 viene distrutto il pacifico campo Cheyenne di Sand Creek, massacrando barbaramente vecchi donne e bambini. Quegli indiani venivano considerati come “pidocchi da schiacciare”.
Gaetano Marabello, Briganti e pellirosse, introduzione di Valentino Romano, Capone Editore, Cavallino di Lecce 2011, pp. 144, € 12,00