Itinerari d’arte nel Salento: la Basilica di S. Caterina di Alessandria a Galatina

di Rocco Boccadamo

Ogni tanto, la domenica mattina, vado ad ascoltar la Messa in una chiesa francescana che, a mio avviso, merita a buon titolo di essere definita senza uguali in Puglia: quella, dedicata a S. Caterina di Alessandria, che si erge, con composta maestosità e in una veste di singolare bellezza, nel centro storico di Galatina.

A proposito di tale monumento, devo sottolineare una cosa: sebbene mi sia capitato di accedervi e di ammirarlo oramai diverse volte, in ogni singola occasione avviene come se vivessi l’afflato emotivo del magico godimento che avvertii al primo contatto, tanto è il senso di gioia e di estasi che mi pervade nel soffermarmi al cospetto delle meraviglie artistiche, soprattutto affreschi, che vi si trovano racchiuse.
L’opera fu fatta realizzare, alla fine del quattordicesimo secolo, dalla famiglia Orsini del Balzo: di qui la denominazione, anche, di Basilica Orsiniana. Con essa, si intendeva perseguire una finalità molto significativa e di grande spessore, cioè dare un forte segnale per l’insediamento, nell’ area salentina, del rito cattolico romano, posto che, fino a quei tempi, nella zona era invece dominante il rito bizantino.
Sicché, i nobili committenti del cantiere, evidentemente in sintonia con i vertici della Chiesa di Roma, vi profusero mezzi ingenti: così si spiega la inconsueta grandezza del luogo di culto che, sin dall’inaugurazione, nell’anno 1391, venne affidato ai frati francescani (a ragione, è quindi dato di affermare che S. Caterina in Galatina ha costituito un rilevante avamposto della grande messe di cristianità – a partire dai suoi primi albori – che trasse ispirazione dal Poverello di Assisi) .
Brevi note sul perché della specifica dedicazione della basilica: S. Caterina, vergine di Alessandria, visse nel 10° secolo e, per non aver inteso abiurare la fede cristiana, fu torturata e decapitata. Ben presto, il culto verso la sua figura si diffuse anche in aree lontane, fra cui diversi paesi europei; fu proclamata patrona dell’Università di Parigi e protettrice degli studenti e delle ragazze da marito. Anche Raimondello Orsini del Balzo e la sua illustre consorte Maria d’Enghien si sentirono presi da profonda devozione verso la giovane vergine egiziana e, malgrado i disagi della lunga trasferta, si determinarono a compiere un pellegrinaggio all’omonimo monastero, eretto sul Monte Sinai, dove riposano le spoglie della santa.

La chiesa si presenta con una sobria, ed insieme elegante, facciata, tipica del tardo romanico pugliese; l’interno consta di cinque navate, di cui quella centrale davvero magnifica, con pareti e volte rivestite di affreschi risalenti alla prima metà del ‘400, di ispirazione giottesca (taluni sembrano quasi identici a quelli esistenti nella famosa Cappella degli Scrovegni di Padova) e opera di artisti provenienti, forse, dalle Marche e dall’Emilia e, in parte, sicuramente della Scuola, appunto, di Giotto. Complessivamente, si susseguono ben 150 scene, raffiguranti episodi della Genesi e dell’Apocalisse, del martirio di S. Caterina e di S. Agata (a Galatina sono custodite preziose reliquie di entrambe).
La basilica comprende anche un presbiterio, nonché una cappella ottagonale aggiuntasi in epoca successiva alla originaria costruzione dell’edificio; annessi, trovansi infine il «tesoro» con reliquari d’argento, un mosaico mobile ed una Madonna bizantina in legno e, sul lato sinistro, il chiostro, anch’esso arricchito da affreschi.

eccidio di S. Caterina (ph M. Gaballo)

 

Dunque, un’opera d’arte così bella ed interessante, eppure non adeguatamente nota. Ancora più paradossale è la circostanza che i visitatori della basilica sono rappresentati prevalentemente da genti che arrivano da lontano, specie dall’estero, mentre scarseggiano le correnti di interesse, malgrado la vicinanza e anzi la contiguità, da parte della popolazione pugliese e in particolare del Salento: molte persone non ne conoscono neppure l’esistenza.

Secondo me, ciò è da ascriversi anche al fatto che la città di Galatina, che pur si colloca fra i più importanti centri della provincia di Lecce, trovasi situata in una posizione leggermente defilata rispetto ai classici e modaioli circuiti turistici e delle vacanze e, di conseguenza, i visitatori che vi si portano appositamente finiscono col risultare di numero limitato. Si pensi che Galatina sembra essere più ricordata per la tradizione delle «tarantolate» e della Cappella di S. Paolo, santo che, secondo la credenza popolare, guarisce dal morso del ragno, oppure per la sua base aerea o per la cementeria.
Qualunque motivazione o giustificazione si voglia o si possa addurre, rimane comunque una grossa lacuna, cui bisognerebbe, in un modo o nell’altro, porre rimedio ancorché gradualmente.

Tanto per cominciare, si faccia ricorso al veicolo del “passaparola” fra amici, parenti e conoscenti, svolgendo una spontanea opera di sollecitazione e di sprone per la visita a questo insigne monumento. In pari tempo, un importante lavoro al medesimo fine dovrebbe essere svolto costantemente da parte delle istituzioni civili, militari e anche religiose: fra esse, la Scuola in primo luogo, in quanto non va dimenticato che la visita a S. Caterina di Alessandria in Galatina costituisce, in fondo, un vero e proprio percorso educativo.

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