Alezio e la sua Rosa del Golfo

di Pino de Luca

Lasciamo il Muro Tenente, avamposto fortificato dei Messapi e ripercorriamo il territorio che sotto il mitico Arthas ebbe fulgore. Ci addentriamo profondamente fino ad Alytia o, come oggi si denomina, Alezio. Una delle città da cui tutto ebbe inizio, centro della civiltà del popolo tra due mari, integratosi con càlabri e sallentini, che, per la sua civiltà, seppe stupire anche gli Ateniesi.

In questo feudo dimora la cantina di Lucia e Damiano Calò, anch’essa d’antica storia.

Una cantina che, avendo un paio di secoli, è nota al mondo intero come son noti i suoi vini. In particolare il Rosa del Golfo. Così importante che l’intera azienda ha assunto questo nome.

Ma come è nostro uso, non ci fermiamo alla fama di un vino per celebrarne i fasti. Cerchiamo fra le pieghe, a volte della tradizione e a volte dell’innovazione, da li proviamo a far emergere sinestesie enofoniche al servizio di piccoli piaceri del palato e dell’anima che possano condire le nostre vite, così spesso soggette a tristezze e travagli.

Questi percorsi sono spesso impervi e avventurosi, costringono a lunghe giravolte certamente faticose ma non prive di fascino. Come esploratori si segue fiuto ed esperienza, è facile allora comprendere perché ci immergiamo in Alytia. Il nome è replicato dai suoi fondatori, la leggenda li vuole provenienti dall’Acarnania di cui Alytia era la capitale.

L’Acarnania esiste per davvero, ora ha come città più importante Missolungi, città nella quale la meningite pose fine alla vita di Mad Jack, il più grande fra gli esploratori d’ogni cosa. E in Acarnania si insegna l’italiano, mah !!!!!

Da lì, forse, partirono per rifondare Alytia, poi divenuta Aletia, Aletium, Aletion e Baletium e, financo, Picciotti!!! Un poutpourrie di crescita e desolazione, di guerre e floridi commerci. Ma sempre, fin da quando Alcibiade rimase impressionato dalla capacità delle donne di sedere a tavola e discutere con gli uomini d’ogni argomento, l’area s’è contraddistinta come capace di grandi innovazioni, di morire e rinascere dalle proprie ceneri con rinnovata vigoria.

Ovvio che, in tutto il Salento, solo qui poteva nascere l’idea di uno spumante di negroamaro e chardonnay con metodo champenois. Rifermentazione in bottiglia e lunga permanenza sui lieviti (24-30 mesi) per ottenere una bollicina sottile e persistente, d’una delicatezza al naso e al palato da render lieto ogni convivio, da farsi apprezzare per freschezza e carattere da chi non ha pregiudizi, da chi sa render lieta una serata sapendo che donne e uomini son di pari diritto anche al piacere, da chi sa concedersi momenti di gioia condivisa indugiando e promuovendo allegria e convivio.

E si prova a librar la voce tra commensali sorridenti e partecipi, invitando tutti, ma proprio tutti, ad un liberatorio “Libiam ne’ lieti calici …”, ponendo ascolto attento alle parole di Violetta: “tutto è follia follia nel mondo/ ciò che non è piacer.”

E i calici sian colmi di Brut Rosé di Rosa del Golfo, fresco il giusto, su crostacei crudi insaporiti da una vinaigrette d’olio extra vergine di oliva di prima molitura e succo di melagrana salentina …

Un soffio di vitalità e d’allegria, utilissimo quando si è circondati dalla tetraggine e il cupo manto dell’ignoranza sembra aver sopravvento sopra ogni lume di ragione.

Mi ascolto la Traviata, gusto un calice e brindo a Brizidia, principessa di Alytia ai tempi della Lega  Messapica e della Dodecapoli narrata da Lucio Strabone.

Brizidia, forse reale o forse inventata, è, per me, l’essenza stessa di Alezio, mito e sostanza di tante persone che, in questa piccola, antica città, mi onorano della loro, a volte davvero fraterna, amicizia.

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