Intra allu boscu cu nna pauta te fiche!
(Nel bosco con una tasca dei pantaloni piena di fichi secchi del Salento leccese)
di Antonio Bruno*
Ricordo l’estate nella masseria Pendinello a Nardò del Salento leccese quando noi ragazzi la mattina andavamo a fare colazione con un paniere in mano nella campagna vicina invasa da alberi di fico che maturavano da giugno sino a fine settembre quando la mia famiglia rientrava perchè ad ottobre, per noi ragazzi, iniziava la scuola. In questa nota alcune riflessioni di un Dottore Agronomo sulla opportunità di riprenderne la coltivazione.
Nel recipiente di argilla (capasa) i fichi secchi (le fiche seccate) con al centro l’immancabile mandorla, davanti al camino, la rossa brace che di tiene compagnia, d’inverno. Immagine meravigliosa di noi, donne e uomini del Salento leccese, custodi e conservatori delle tradizioni antichissime di tutto il Mediterraneo. Noi del Salento leccese che sulle coste del grande lago salato abbiamo mangiato, mangiamo e mangeremo il fico che dà i suoi frutti che si conservavano dopo essere stati messi a seccare al sole del sud.
Mio padre mi raccontava che aveva tanta fame durante la seconda guerra mondiale, lui era ferroviere già a 16 anni e, siccome non c’era pane, si alimentava con i fichi secchi che gli metteva in tasca la nonna:“Nna pauta te fiche!” ovvero una tasca dei pantaloni piena di fichi secchi.
Già! Mio padre come Seneca? Che accostamento temerario! Davvero non so se sono temerario per mio padre, o per Seneca che scrive nei primi anni dopo Cristo: “ Il pranzo è ridotto al minimo indispensabile; è pronto in un’ora, non mancano mai i fichi secchi, mai le tavolette per scrivere; i fichi, se ho pane, fanno da companatico, se non ce l’ho, da pane.”
Ma quanti fichi produceva un fico del Salento leccese? Il prof. Guglielmi nel 1906 ha scritto che raggiunta l’età di vent’anni un albero in media produceva 80 chili di fichi. Nel 1942 a Novoli il prof. Giacinto Donno annotò la produzione dei fichi di età da 25 a 50 anni distinta per varietà ma comunque superiore al quintale di fichi per albero.
C’è da dire che l’albero del Fico aumenta la sua produzione sino a 20 anni per poi stabilizzarsi sino a 50 anni d’età per poi decrescere.
Il prof. Ferdinando Vallese nel 1909 ha descritto 30 varietà di fico del Salento leccese e ne ha indicate in tutto 94.
La Regione Puglia presto discuterà della proposta di legge finalizzata alla tutela e alla ricostituzione del patrimonio genetico d’interesse agrario a rischio di estinzione. La legge prevede programmi di intervento e l’istituzione del registro volontario regionale delle risorse genetiche autoctone e dell’Atlante regionale della biodiversità. La Puglia ha già una Banca Genetica, unica in Italia e tra le prime dieci del mondo, che può sicuramente svolgere la funzione di salvaguardia delle specie autoctone e che, per questo motivo, si deve attivare al più presto per il patrimonio di varietà di fico del Salento leccese.
L’alimento “fico fresco”, è stato così importante per il Salento leccese, che le varietà sono caratterizzate da una produzione in periodi differenti (scolarità di produzione) tanto da avere la produzione dei fioroni dalla metà di giugno sino al 20 luglio e quella dei fichi dai primi di agosto sino a novembre in cui maturano le cosiddette varietà nataline.
L’albero del fico dopo averlo messo a dimora non necessita che di poche cure. L’unica cura che i nostri antenati facevano con scrupolo era la caprificazione ovvero l’antica tecnica per ottenere fichi più grossi e saporiti mediante impollinazione della pianta con polline di caprifico. Come cos’è? L’ha descritta Teofrasto (371 a.C.-287 a.C.) filosofo e botanico greco, discepolo di Aristotele nel suo trattato “Causae plantarum”:“Si effettua la caprificazione in questo modo: i moscerini nati dai fichi selvatici schiudono i frutti. Infatti nascono da loro. Ma, cercando un cibo simile, prendono il volo e si dirigono verso i frutti del fico (coltivato)… Quando hanno socchiuso il cuore del frutto, assorbono l’eccesso di umidità e fanno entrare l’aria esterna… Privi di cibo [perché i frutti del caprifico marciscono prima di arrivare a maturazione], nel cercare quello che è loro proprio, sono attratti da ciò che gli assomiglia. Questo accade anche quando non si ricorre alla caprificazione, se in prossimità dei fichi coltivati si trovano dei caprifichi. Perciò accanto ai fichi coltivati, nella parte più alta delle piantagioni, si piantano dei caprifichi, varietà precoci accanto a quelle precoci, varietà tardive accanto a quelle tardive, varietà intermedie accanto a quelle intermedie, affinché la caprificazione si verifichi per ogni varietà nel momento adatto.” Tutto chiaro?
Come si raccoglievano i fichi? Con un uncino si avvicinava il ramo flessibile del fico che dopo essere stato staccato si deponeva nel paniere. La raccolta si ripeteva ogni 2 – 3 giorni.
Ma quanti fichi secchi si producevano nel Salento leccese? I dati raccolti dal prof. Giacinto Donno negli anni che vanno dal 1939 al 1942 si attestano a circa 100 mila quintali per la provincia di Lecce che, insieme ai 200mila quintali della provincia di Brindisi, e ai 100mila della provincia di Taranto, rappresentavano nel 1942 il 52% della produzione nazionale di fichi secchi!
Oggi una confezione di 300 grammi di fichi secchi con la mandorla viene venduta a 6,80 Euro che significa a circa 22 euro al chilo. Voglio porgere all’attenzione dei mie fedeli lettori che mi chiedono di sapere cosa si può produrre in alternativa all’olivo e alla vite questi pochi numeri, la densità d’impianto di un bosco di alberi di fico non deve superare le 700 piante ad ettaro, con i dati delle osservazioni del Prof. Giacinto Donno effettuate nel 1942 in agro di Novoli del Salento leccese sappiamo che la produzione media di un albero di fico al ventesimo anno è di 100 chili per pianta inoltre, per un essiccamento ottimale, la perdita d’acqua deve raggiungere il 30-35% del peso.
Anche volendo fermarsi ad una produzione unitaria massima di fichi freschi non superiore a 19 tonnellate ad ettaro di coltura specializzata, così come imposto dal Disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta “Fico bianco del Cilento”, avremmo una produzione lorda vendibile di 380mila euro ad ettaro.
Varrebbe la pena che, attraverso l’opera della legge finalizzata alla tutela e alla ricostituzione del patrimonio genetico di interesse agrario a rischio di estinzione della Regione Puglia, si diffondessero i boschi di fico nel Salento leccese che meriterebbe uno studio finalizzato al miglioramento della tecnica di coltivazione e al miglioramento della tecnica per l’utilizzazione del prodotto.
Invio questo appello agli scienziati dottori agronomi della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari e la mia stessa richiesta, ricordo a me stesso, che fu fatta da Salentini leccesi che furono uomini illustri del nostro passato glorioso. Naturalmente io non posso paragonarmi a uomini come il prof. Vallese che scrisse di questo nel 1909 oppure al prof. De Rosa che anche lui scrisse di ciò nel 1911 e, men che mai, al prof. Donno che fece la stessa mia richiesta nel 1942. Io, sommessamente, unisco la mia penna, anzi visto i tempi, la mia tastiera, a un coro di persone che per un secolo hanno chiesto attenzione nei riguardi di un albero che ha accompagnato la vita dei nostri avi negli ultimi 8mila anni.
Mi chiedo e vi chiedo se l’aver dato di nuovo voce ai Vallese, De Rosa e Donno sia stata la chiave di volta per ottenere un progetto di ricerca sulla tutela e ricostituzione del patrimonio genetico delle varietà di interesse agrario del Fico, Ficus carica L. del Salento leccese, a rischio di estinzione.
Bibliografia
Teofrasto, Causae plantarum
Lucius Annaeus Seneca, Epistolae morales ad Lucilium, LXXXVII, 1-3
Giacinto Donno, Il Fico nel Salento, L’Agricoltura Meridionale – Napoli A.1 N. 12 – 1948
Antonio Piga – Salvatore D’ Aquino – Mario Agabbio – Claudio Papoff, INFLUENZA DEL CONFEZIONAMENTO CON FILM PLASTICI SULLA CONSERVAZIONE DEL FICO
FICHI SECCHI MANDORLATI SALENTO 300 gr. http://cgi.ebay.it/FICHI-SECCHI-MANDORLATI-SALENTO-300-gr-/190475723230
Fichi secchi con mandorla- Produttore: lu sciarabbà, http://www.lusciarabba.it/prodotto.asp?id=750
Disciplinare di produzione della Denominazione di Origine Protetta “Fico bianco del Cilento” http://www.sito.regione.campania.it/agricoltura/tipici/pdf/disciplinare-fico-cilento.pdf
ah! se fossimo più attenti, caro Antonio! eppure sono alberi che non richiedono tanta applicazione. In compenso forniscono la materia prima per infinite applicazioni. Altro che alberi di palma di cui abbiam voluto “ornare”(?) le nostre campagne!
Molto interessante e ottimo spunto per un progetto imprenditoriale per uno come me che tra un paio di giorni sara nuovamente senza lavoro ….
SALVE VORREI AVERE UN CONTATTO CON LEI PERCHE HO IN CANTIERE UN PROGETTO CHE RIGUARDA UN IMPIANTO A FICHETO E MI INTERESSEREBBE CONOSCERE IL PIU POSSIBILE INFORMAZIONI ATTINENTI. LE LASCIO LA MIA E MAIL alex.cc@libero.it spero in un suo contatto le lascio anche il mio cell. … se puo contattarmi grazie ancora
Io,attraverso una piccola Azienda locale,mi sto prodigando di far riscoprire questo meraviglioso NOSTRO prodotto in tutta Italia,perché anni fa ho scoperto che il mercato Nazionale era stato conquistato dai fichi turchi….ma vi rendete conto?W i prodotti tipici PUGLIESI.
Qual’e’ il nome della varieta’ tinta di rosso?
Che significato e traduzione date alla caratteristica dei fichi “scritti”= vorrà dire forse ” maturi”?