di Stefano Cortese
Il complesso dei Francescani Neri a Specchia Preti, fondato secondo la tradizione da san Francesco reduce dall’oriente[1], presenta ancora oggi -oltre ai locali del convento e un frantoio ipogeo con i suoi torchi alla calabrese- una chiesa conventuale che custodisce pregevoli altari e frammenti decorativi bassomedievali.
In prossimità del lato destro dell’ingresso nel 1532 Antonio Mariglia fa costruire una cappella a pianta quadrata e coperta da una volta a crociera, espediente che ricorre -sia per la posizione che per la tecnica costruttiva- nella cappella dei Tolomei nel convento di santa Maria la Nova a Racale, collocabile qualche decennio prima[2]. Un altro confronto per l’ubicazione della cappella e datazione può essere effettuato con la cappella dell’Annunciazione nel santuario della Madonna della Strada a Taurisano[3], dove anche le tematiche affrescate sembrano essere di gusto francescano.
Il ciclo decorativo della cappella di Specchia risulta essere complesso: lo sguardo viene catalizzato dall’episodio frontale, ovvero Gesù con la croce che incontra Maria e le donne, scena corredata in basso da una zoccolatura con una croce e altri simboli della passione (arma Christi), tipici del repertorio dei seguaci di san Francesco, così come i festoni che separano le diverse scene. A sinistra le campiture risultano molto lacunose, ma si può intravedere una Madonna con due presunte sante ai lati; a destra, tra i due santi Medici, compare una Madonna con Bambino in trono, mentre ai suoi piedi è presente una chiesa sorretta da teste d’angelo: è chiaro il richiamo alla Madonna di Loreto, cosi come si evince in alcune iconografie dello stesso secolo presenti nel santuario della Grottella a Copertino o nella chiesa di san Niceta a Melendugno.
Il ciclo cateriniano (la cappella è intitolata alla santa di Alessandria) è affrescato sulla parte arcuata della cappella e scandito in 14 scene con relative didascalie, principianti con la formula anaforica “como”. Sulla vela della volta sono campiti personaggi biblici, alcuni ben identificati in un saggio di mons. Palese[4] e i cui confronti, a personale avviso, vanno ravvisati ancora una volta nella cappella Tolomei a Racale, mentre le sibille poste sull’arco d’ingresso trovano riscontri con le stesse affrescate nella navata sinistra del coevo convento di Casole a Copertino. Alcune figure, in verità, sono identiche a quelle dipinte presso la cripta del Gonfalone a S. Eufemia di Tricase, ma la presenza di ritocchi a secco nell’invaso non consentono di asserire sesiamo di fronte alla stessa mano tra Specchia e Santa Eufemia o all’utilizzo degli stessi cartoni.
Sotto le sibille, a sinistra c’è un san Leonardo; a destra un santo del tutto desueto, riconoscibile dall’iscrizione esegetica: san Marone. E’ qui raffigurato come soldato nel momento in cui sovrasta il demonio, a richiamare l’episodio più comune del santo, ovvero la liberazione dell’ossessa o dell’ossesso. In verità, le fonti sono discordanti tanto che si parla della presenza di addirittura due san Marone in Italia.
Nel nostro caso sembrerebbe essere il santo martire vissuto secondo alcune fonti alla fine del I secolo, secondo altre nell’epoca di Diocleziano (fine III-inizi IV secolo), il cui culto in realtà sembra essere circoscritto nell’area Marche-Abruzzo-Umbria, luoghi dove è vissuto il santo.
Come spiegarsi la presenza di questo culto allora nel Salento? Non sarebbe da escludere una venuta di frati francescani dall’Italia centrale cha abbiano introdotto il culto di san Marone, così come quello di santa Maria del Gonfalone, ma potrebbe essersi creato un equivoco. I Francescani, proprio negli anni della costruzione della cappella, rendevano omaggio alla chiesa maronita, un baluardo della chiesa latina in un contesto orientale dominato dal culto greco-ortodosso. Sin dal XIII secolo infatti, i Francescani hanno avuto un rapporto privilegiato con quest’ordine fondato da un altro san Marone, e nel 1516, dopo la conquista ottomana (in Siria e Libano) a scapito dei Mamelucchi, l’ordine monastico rinsaldò l’obbedienza al papa di Roma. Ma qui sorge l’equivoco: perchè san Marone, monaco siriaco del V secolo, non viene raffigurato con tali sembianze?
Forse a Specchia si è voluto omaggiare la chiesa maronita ma raffigurando il martire, tanto che alcune pubblicazioni del XVIII secolo trattano circa la confusione di questi santi omonimi, in analogia al ben più noto caso san Nicola di Myra confuso con san Nicola di Sion.
Stefano Cortese
Tratto da “Il paese nuovo” 23/05/2012
Nel testo si allegano 3 confronti tra le campiture di Specchia e di Santa Eufemia, tenendo presente che nella cripta di santa Eufemia le rifiniture sono a secco, mentre a Specchia troviamo solo affresco. Tanti altri confronti possono essere effettuati:
-il volto del Cristo nella cappella di Specchia sovrapponibile ad un apostolo della Dormitio Virginis di Santa Eufemia
-il volto di santa Caterina a Specchia sembra sovrapponibile a quello della Vergine nella Crocefissione di santa Eufemia
-il motivo pavimentato della scacchiera nel ciclo cateriniano simile a quello della Dormitio di Santa Eufemia
-i motivi decorativi delle vesti di san Marone a Specchia con la santa Maddalena a Santa Eufemia
-le cornici fitomorfe, classiche del repertorio francescano anche in altre chiese
[1] Tasselli, Antichità di Leuca; Lecce, 1693, p.182; pp. 391-392
[2] Serio, La cappella Tolomei nella chiesa di S. Maria della Nova in Racale, inLa Piazza n° 11 maggio 2008 pp.16-17
[3] S. A. Rocca, Le cappelle di san Nicola di Bari e la presenza dei Francescani, in Taurisano, Edizioni Odegitria, 2011
[4] S. Palese, Monumenti e devozioni medievali nel basso Salento, in A servizio del regno, Mezzina, Molfetta, 1983 pp.225-254