di Francesco Lacarbonara
Dopo aver descritto le caratteristiche botaniche e raccontato i principali miti che lo vedono protagonista in virtù della sua interessante simbologia, concludiamo il nostro breve viaggio alla scoperta del mirto con un accenno a quelle che sono le sue proprietà fitoterapiche, al suo uso in cucina, nella cosmesi, e in altri campi.
Per il suo contenuto in olio essenziale (mirtolo, contenente mirtenolo e geraniolo e altri principi attivi minori), tannini e resine, il mirto è un’interessante pianta dalle proprietà aromatiche e officinali. Ai frutti e alle foglie del mirto sono state attribuite nel tempo molte proprietà: con le foglie, aromatiche e un po’ amarognole raccolte preferibilmente in giugno-luglio, si prepara un infuso stimolante la digestione, disinfettante, balsamico, curativo delle bronchiti, delle diarree infantili, delle cistiti e della leucorrea; per uso esterno viene utilizzato per irrigazioni vaginali, per le stomatiti e le piaghe cutanee. L’infuso, il decotto e il vino medicato dei frutti aromatici raccolti in autunno, hanno proprietà rinfrescanti, balsamiche, astringenti ed emostatiche; mentre per uso topico il decotto viene utilizzato per irrigazioni antisettiche e antileucorreiche. Dalla pianta si ricava per distillazione un preparato denominato Acqua d’oro utilizzato per le gengiviti, pelli screpolate e per le contusioni; mentre l’olio essenziale di mirto, che come abbiamo visto contiene mirtolo, è indicato nelle febbri malariche come efficace succedaneo della chinina.
Ippocrate (460ca-375/351 a.C.) medico greco e padre della medicina scientifica, prescrive alle donne affette da afte ed ulcere ai genitali, irrigazioni con acqua di mirto o con vino in cui sia stato cotto del mirto. Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) ci raccomanda invece l’olio di Mirto con cenere di lepre per arrestare la caduta dei capelli, o con cenere di zoccolo di mulo per chiudere le chiazze alopeciche, e ancora: radice di mirto carbonizzata con sangue mestruale per procurare l’aborto, vino di mirto con cenere di lumache africane per la dissenteria e tordi con bacche di mirto per i disturbi urinari. Dioscorìde Pedànio (I sec. d.C.), citato dal senese Mattioli nel XVI secolo, raccomanda l’olio di mirto come utile per le ulcere del capo, le scottature le fra cassature delle membra,…le posteme (accessi, pustole) del sedere; mentre il vino di mirto giova al budello del sedere, e à i flussi delle donne… e proibisce il cascar de i capelli. Antichi testi di medicina assicurano che lo sciroppo mirtino di Mesuè, medico siriano vissuto nell’undicesimo secolo giova alla diarrea ostinata e che l’Unguento della Contessa, con bacche ed olio di mirto, e molti altri ingredienti ritiene il feto; proibisce l’Aborto; rimedia alle Hemorroidi; vale nella Gonorrea. Avicenna (980-1037 d.C.) medico, filosofo e scienziato persiano, tra i più grandi pensatori del mondo arabo, prescriveva lo sciroppo di mirto contro la tosse e la dissenteria, le punture di ragni e scorpioni, esaltando le qualità antisettiche e balsamiche che anche la moderna industria farmaceutica sfrutta, estraendo dalle foglie del mirto un olio essenziale dai più svariati impieghi.
Ma spostiamoci ora in cucina per scoprire come il mirto veniva, e viene tuttora impiegato, nella preparazione di gustose pietanze o per aromatizzare vini e liquori.
Sempre Plinio, fonte inesauribile di notizie e curiosità con la sua enciclopedica Naturalis Historia, indica la salsa di bacche di mirto come perfetta per accompagnare il
maiale arrosto. Rametti di mirto posti sulla brace del barbecue conferiscono alla grigliata un piacevole aroma mentre i frutti possono essere utilizzati come sostituti del pepe e con i fiori di mirto taluni ornano le macedonie di frutta. Insieme con il finocchio selvatico e l’alloro serve a profumare la salamoia delle olive nere “all’acqua”, con il metodo nostrano. In Corsica e in Sardegna dal mirto si prepara un noto liquore dalle virtù digestive, facendone fermentare le bacche in acqua e zucchero. Un’altra ricetta inebriante è quella dell’infusione di bacche di mirto in alcool, con un procedimento simile alla preparazione del gin, che si ottiene invece dalle bacche di ginepro. Il vino di mirto era molto apprezzato già in epoca romana ed è citato da Plinio, Dioscorìde e da Columella (4-70 d.C.). Quest’ultimo, autore del De re rustica, visse anche a Taranto nel I secolo e lo descrive come un macerato di bacche di mirto in un buon mosto d’uva, con aggiunta di miele. Questa miscela aromatica e dolcissima si usava a volte per migliorare uve poco zuccherine e ottenere vini più alcolici. Ma è Catone (234-149 a.C.) a fornirci la precisa ricetta: mezzo moggio (poco più di quattro chili) di bacche di mirto in una urna (tredici litri circa) di mosto, dicendolo adatto alla durezza di stomaco, al mal di reni ed alle coliche. Agli inizi del Rinascimento si chiama mortadella una salsiccia di carne di vitello, molto diversa da quella che oggi si prepara con il maiale, aromatizzata con il mirto; ma già i romani apprezzavano il myrtatum, un insaccato speziato con mirto. Infine ricordiamo che pesce di murta era detto il pesce che in Sardegna, in epoche antiche, si usava cuocere in un brodo di mirto, per meglio conservarlo e poterlo trasportare facendone commercio.
Oltre che in cucina il mirto viene impiegato in cosmesi o per altri usi, vediamone alcuni. Nella Mesopotamia del II millennio a.C. era uso ungersi con olio profumato al mirto, in quanto considerato una fonte di salute e benessere; il profumo diventava così un segno d’amore ed un rito purificatorio. A tal proposito sappiamo che, prima di essere presentata al re persiano Assuero, l’ebrea Edissa (la Ester della Bibbia) dovette sottoporsi a due riti di purificazione consistenti in sei mesi di bagni di vapore profumati e di applicazioni, sul corpo, dell’olio di mirto e, successivamente per altri sei mesi, di fumigazioni di storace, zafferano, narciso e cinnamomo. Dal canto suo Plinio annota l’utilizzo dell’olio di mirto, con cenere di corno di capra, contro l’eccessiva sudorazione. Gli speziali del medioevo ricavavano dalle cortecce, dalle foglie e dai fiori del mirto un distillato, detto Acqua angelica: lozione cosmetica, detergente e tonica utilizzata nella preparazione di saponette o per aromatizzare tè, vini e liquori. Un decotto ottenuto dalle sue bacche sembra sia ottimo per ridonare ai capelli neri la loro naturale lucentezza.
Tra le curiosità legate all’uso del mirto ricordiamo quanto riporta il cronista che commentò per i posteri il pranzo nuziale di Costanzo Sforza, signore di Pesaro, con Camilla d’Aragona, nella seconda metà del quattrocento: al levar delle mense i servitori spazzarono il pavimento con scope di mirto profilate d’oro! Rami di mirto posti nella biancheria donavano a questa un fresco profumo, mentre dalla macerazione dei fiori in olio e vino bianco pare si possa ottenere un ottimo rimedio per le zecche dei cani. Il legno del mirto, duro, compatto e di grana fine, è apprezzato per lavori di torneria ed intaglio, e per ottenere manici di attrezzi o di ombrelli; buon combustibile, fornisce un ottimo carbone. Per finire, dalla spremitura dei frutti (che come abbiamo già visto sono ricchissimi di semi) in appositi frantoi, si otteneva in passato un combustibile adatto a rifornire lumi ad olio di mirto.
Al mirto tarantino (non più rinvenibile allo stato naturale ma ampiamente diffuso come pianta ornamentale) affidiamo il compito di salutarci con un’ultima, poetica, immagine che traiamo dal profeta Isaia:
al posto dei roveti crescerà il cipresso, al posto delle ortiche il Mirto; ciò sarà a gloria del Signore un segno eterno che non scomparirà (Isaia 55,13).
Le informazioni qui riportate sulla preparazione dei prodotti e sull’uso del mirto in fitoterapia hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili né a prescrizioni né a consigli medici. Nell’uso delle piante medicinali ci si attenga sempre alle indicazioni fornite dall’erborista o dal fitoterapeuta e non si usino prodotti o piante o parti di essa della cui identità e delle cui proprietà non si é assolutamente certi.
Per la citazione delle fonti, la bibliografia e ulteriori approfondimenti sul mirto tarantino: cf F. LACARBONARA, Il Mirto tarantino. Storia e mito di una delle piante più tipiche della macchia mediterranea, in “Spicilegia Sallentina”, n.4 – dicembre 2008, 89-96.
Referenze fotografiche:
Fiori di mirto: Giancarlo Dessì (file licenziato in base ai termini della GNU Free Documentation License, Versione 1.2 o successive pubblicata dalla Free Software Foundation);
per tutte le altre illustrazioni: pubblico dominio.